Primarie di Genova, ecco perché ha vinto ancora un outsider

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Marco Doria
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Un'indagine del gruppo di ricerca CLS rivela come Marco Doria abbia sbancato le consultazioni del capoluogo ligure conquistando consensi trasversali (anche nel Pd) e mobilitando i delusi della politica

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di Raffaele Mastrolonardo

Il sostegno compatto delle ali estreme, il consenso della maggioranza moderata e l'entusiasmo di coloro che sembravano delusi dalla politica. Se non fosse professore di economia Marco Doria, candidato sindaco del centrosinistra a Genova, potrebbe essere definito l'alchimista. Sì perché la sua vittoria alle primarie del febbraio scorso, se analizzata in profondità, ha il sapore di una formula che ha saputo tenere insieme ingredienti apparentemente incompatibili. A suggerire una lettura di questo tipo è uno studio promosso dal gruppo di ricerca Candidate&Leader Selection che fotografa ad un livello di dettaglio inedito gli elettori delle primarie e le dinamiche che hanno portato alla vittoria del candidato indipendente sostenuto da Sel. Una ricerca sulle primarie del centrosinistra che forse può anche aiutare a comprendere quello che potrebbe accadere con il voto di maggio.

In casa e in trasferta
- Il primo elemento che emerge dallo studio - condotto da Fulvio Venturino dell'Università di Cagliari e basato su un campione di oltre 3.500 elettori - è infatti quanto il professore "rosso" sia riuscito a raccogliere i voti dei “suoi”, pescando nello stesso tempo nel campo avverso. L'indagine mostra infatti che Doria ha conquistato il 51 % dei votanti che si dichiarano di “sinistra”, ma anche il 37,5 % di coloro che si considerano di "centro-sinistra". E che l'outsider abbia fatto il pieno in casa e sia riuscito a imporsi anche in trasferta lo dimostra pure il dato relativo ai militanti dei partiti. Per lui si sono espressi il 93 % degli iscritti a Sel e ad altre formazioni post-comuniste, ma anche un iscritto al Pd su 5. Insomma, se i sostenitori della sinistra radicale si sono mossi compatti, non altrettanto di può dire di quelli più moderati che sono state in parte sedotto da Doria.
La capacità del candidato vincente di attirare consensi trasversali è poi confermata da un confronto con le politiche 2008: per Doria hanno votato l'89 % di coloro che alle ultime elezioni nazionali avevano messo la x sulla Sinistra Arcobaleno ma pure il 37 % di cittadini che avevano scelto il Pd (contro il 34 % della Vincenzi e il 26,6 % della Pinotti).  “Quel che emerge – spiega Venturino, che ha pure coordinato gli exit poll relativi alle primarie – è che se è vero che i meccanismi delle primarie favoriscono i candidati 'estremi', questi candidati non sono necessariamente deboli come sostengono alcuni: sono in grado di raccogliere consensi più ampi”.

Linea verde
- E nel caso del professore appoggiato anche dal prete di strada Don Gallo uno dei terreni di conquista è stato di certo quello dei giovani: Doria ha infatti ottenuto il 63 % delle preferenze dei votanti compresi tra i 16 e i 24 anni. I ragazzi, insieme ai delusi dalla politica, hanno ingrossato le fila dei suoi sostenitori in un sussulto di partecipazione che ha sorpreso i più. Per lui – rivela l'indagine - hanno infatti votato il 61,6 % delle “matricole”, vale a dire di coloro che avvicinavano ai seggi delle primarie per la prima volta e il 54,4 % di quelli che non avevano votato nel 2008. “Doria – spiega Venturino - è riuscito a mobilitare persone che altrimenti non avrebbe preso parte alla competizione. In questo modo ha allargato il bacino elettorale e non è detto che l'impresa non gli riesca anche alle Comunali”. 

Rinnovamento - A giocare a favore dell'uomo di Sel è stata, dopo tutto, la natura stessa delle primarie, un tipo di competizione in cui conta la persona più che il partito, il candidato più che l'ideologia. “La ricerca – afferma Venturino – dice che la gente va a votare alle primarie per esprimere un giudizio sull'individuo, perché vuole cambiare la politica, perché è d'accordo con il programma”. Non a caso, il 50 % di coloro che hanno votato per Doria lo hanno fatto in virtù delle sue caratteristiche personali, il 69 % perché ritenevano rappresentasse un rinnovamento della politica e il 47% perché rappresentava la loro identità. Motivazioni che mostrano una volta di più come il baricentro della politica italiana si stia spostando sempre più lontano dai partiti e dai riti consolidati alla ricerca di nuovi linguaggi. “Doria è stato bravo a sfruttare i meccanismi di questa competizione”, sottolinea Venturino. “Ha parlato la lingua della gente e non il politichese. Semmai è da chiedersi perché il Pd, che le primarie in Italia le ha 'inventate', non sappia interpretarle appieno e abbia scelto due candidate che i suoi elettori hanno giudicato inadeguate”.

Il dato nazionale – Dopo la vittoria di Ferrandelli a Palermo (per citare solo un caso recente che hanno fatto di nuovo discutere), sembra confermarsi quindi il trend che le primarie del centrosinistra vedano affermarsi soprattutto gli outsider. Ma a ben guardare i numeri dello studio, che ha analizzato l’appartenenza politica dei vincitori di 122 primarie di coalizione tenutesi tra il 2008 e il 2011, emerge anche il dato incontrovertibile che il PD è la formazione che si è imposta di più in assoluto. Il 79% delle primarie sono state infatti vinte da un esponente del partito di Pierluigi Bersani; seguono, a debita distanza, le liste civiche (6%),  Sel (4%), Partito Socialista (3%), Pdci e Verdi (2%).

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