Deputati, tagliati "gli aumenti": il netto non scende

Politica

I 1300 euro lordi in meno decisi dall’ufficio di presidenza della Camera corrispondono ai soldi in più che sarebbero scattati per il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. E sui giornali c'è chi parla di trucco, di un passo timido

Guarda anche:
Costi della politica: Napolitano rinuncia all'aumento
I 60 anni (con vitalizio) di Cicciolina

"Un passo timido aspettando tagli veri". "Un trucco dei deputati". "Tagli di aumenti, non tagli". All’indomani dell’annuncio da parte dell'ufficio di presidenza della Camera della riduzione di 1300 euro lordi (circa 700 euro netti) agli stipendi dei deputati, sui principali giornali è dedicato ampio spazio all’analisi e alla spiegazione di quella che in realtà è solo un’illusione ottica. Come Sky.it aveva infatti annunciato subito dopo la diffusione della notizia, si tratta di un taglio sulla carta che non incide sulla busta paga "netta" dei parlamentari.
La decisione arriva infatti contestualmente con quella, presa sempre dalla presidenza di Montecitorio, che prevede il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo dei deputati (per equiparare il criterio per l'assegnazione della pensione agli onorevoli a quello dei "comuni mortali"). Ma senza modifiche la nuova norma avrebbe l'effetto paradossale di aumentare il netto in busta paga agli eletti, dal momento che i vitalizi entravano nell'imponibile ed erano dunque tassati, mentre i contributi previdenziali no. Per correre ai ripari, l'ufficio di presidenza ha deciso così di tagliare 1.300 euro lordi alle indennità. Il risultato è che il netto dello stipendio in busta paga resterà lo stesso. I soldi risparmiati dallo Stato saranno accantonati in un fondo a disposizione della Camera per far fronte a spese straordinarie e ricorsi.

“Potrebbe sembrare una bella sforbiciata se non si trattasse di una partita di giro: quell’importo altro non sarebbe, a quanto pare, che l’aumento della retribuzione conseguente al passaggio al regime contributivo, che verrebbe sterilizzato girando il di più a un apposito fondo di spettanza degli stessi parlamentari” scrive Sergio Rizzo sul Corriere della Sera che sottolinea come la vera svolta per tagliare i costi della politica sarebbe regolarizzare gli assistenti, "spesso registrati come colf o badanti, e dargli una dignità sul modello europeo". Le misure annunciate non sembrano infatti risolvere il problema dei collaboratori, molti dei quali sono pagati in nero: resta la diaria di 3600 euro (di cui 1800 sempre a forfait, gli altri 1800 rimborsati per spese documentate).

Il Sole 24 Ore titola: I deputati “rinunciano” a 700 euro. E, in un commento in prima pagina “Tagli di aumenti, non tagli” spiega : “La Camera ha annunciato di voler ridurre l’indennità dei 630 deputati. Ma non si sa ancora di quanto. O meglio si sa che sarà tagliato l’aumento (circa 700 euro netti) che sarebbe derivato dal passaggio dal sistema vitalizio al contributivo”. Di tagli veri, insomma, non ce ne sono. E ancora sulle altre misure annunciate: “Il comunicato spiega che i rimborsi per il 50% d’ora in poi dovranno essere motivati da ricevute; che la diaria sarà ridotta di 500 euro e agganciata alla presenza effettiva; che le spese di collegio saranno tagliate di 500 euro. E’ un’operazione trasparenza non trasparente. E poi: perché gli importi tagliati alle indennità parlamentari dovranno confluire in un fondo a parte? Dov’è il risparmio?”.

Duro anche il Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, che parla di “trucco dei deputati”. “Si tolgono 1300 euro ma la paga resta uguale. Sulla stessa linea Libero che parla di "una finta".

Plaude invece ai tagli l'Avvenire. "Bene così" è il titolo dell'editoriale del direttore Marco Tarquinio. "Registriamo con grande interesse questa decisa ripresa d'iniziativa delle Camere secondo i tempi già annunciati. Certo ci sarà chi non si accontenterà delle nuove sforbiciate (...) ma il messaggio è serio, chiaro e forte".

Il Messaggero punta invece sull’altra novità annunciata: il tetto per le retribuzioni dei manager pubblici che non potrà superare i 310 mila euro lordi, l’equivalente dello stipendio del presidente della Cassazione. E sull'altro taglio: la riduzione del 10% dell'indennità delle figure più importanti di Montecitorio. Una scelta che si appresta a fare oggi anche il Senato.

Politica: I più letti

[an error occurred while processing this directive]