Tace l'ex premier nel giorno della morte di Oscar Luigi Scalfaro. Ma negli anni parole dure e frasi pesanti hanno scandito il rapporto tra i due. Il Cavaliere accusava di "golpe" il Presidente, che ribatteva: "Da me lui è stato sempre sconfitto"
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di Serenella Mattera
“Tutte le volte che mi sono trovato a duetto con Berlusconi non dico che sono uscito vincitore, ma dico che lui certamente è stato sconfitto”. Lo definiva un “duetto”, Oscar Luigi Scalfaro. Lui e Silvio Berlusconi contrapposti, per quasi vent’anni. Antagonisti, fino alla fine. Duellanti sulla scena politica dal ’93 in poi, senza mai un riavvicinamento. Lontani, senza dissimularlo. Tant’è che stupisce, ma non troppo, il silenzio del Cavaliere nel giorno della morte del presidente emerito. Perché nelle cronache della seconda Repubblica sono incisi uno ad uno gli scontri, le accuse, l'ostilità mai rimarginata.
I rapporti appaiono non buoni fin dall'inizio. Ancor prima della ‘discesa in campo’, nel dicembre del 1993, Berlusconi, allora presidente Fininvest, invita il presidente della Repubblica Scalfaro ad “astenersi da giudizi che sono, o possono sembrare, smaccatamente di parte”. Ma non è niente rispetto al braccio di ferro che i due intraprendono quando il Cavaliere arriva a Palazzo Chigi. Dal Quirinale risuona infatti un duro ‘no’ sul nome di Cesare Previti al Ministero della Giustizia (l’avvocato dovrà ‘accontentarsi’ della Difesa). E le relazioni si fanno subito tese. Fino alla rottura insanabile, pochi mesi dopo, quando il capo dello Stato tiene a battesimo il governo Dini.
“Nel 1994 ci fu un golpe. Scalfaro disse a Bossi che io ero nel burrone e che i giudici di Milano mi avrebbero condannato (per l’avviso di garanzia ricevuto al G8 di Napoli, ndr) e che quindi doveva rompere l’alleanza con me per non finirci dentro”. Così Silvio Berlusconi ha sempre raccontato il "ribaltone" che nel '94 porta la Lega a uscire dal suo governo e sostenere l'esecutivo tecnico di Lamberto Dini. Il Cavaliere non se ne fa una ragione. E dà la colpa a Scalfaro di essere artefice di “un imbroglio”, una “avvilente parodia della democrazia”, una “sopraffazione inaccettabile”, un “colpo di stato”. Accuse che lo fanno finire sotto inchiesta per vilipendio al presidente della Repubblica (insieme a Cesare Previti, Giuliano Ferrara e Gianfranco Fini, di idee simili alle sue). L’inchiesta viene presto archiviata. Ma Berlusconi non archivia le sue accuse. Tant’è che molti anni dopo mette in atto quella che i retroscenisti descrivono come la sua vendetta: il no all’elezione bipartisan di Scalfaro alla presidenza del Senato, nel 2006.
Ma il golpe è nient'altro che “una bugia, una fiaba inventata”, ribatte il presidente emerito della Repubblica. “Berlusconi salì al Quirinale – ha raccontato una volta Scalfaro – e mi disse: ‘ti faccio tre proposte: scioglimento delle Camere, elezioni anticipate e che sia il mio governo a portare il Paese al voto’. Io dissi: ti rispondo tre ‘no’. E lui, forse per consuetudine con gli affari, mi disse che se io avessi risposto sì, per sette anni sarei potuto stare tranquillo, sereno. A quel punto risposi: tu pensa a te, che io penso a me”.
Del resto, cosa pensasse di Berlusconi, Scalfaro ha avuto occasione di dirlo chiaro e tondo a più riprese, dopo la fine del suo settennato. “Io non credo che dia una grande garanzia di poter governare una persona che è afflitta da una pioggia di miliardi” (febbraio 2001). “Quando minaccia che cambierà la Costituzione perché sa di comunismo, la sua è, in termine tecnico, ignoranza pesante e colpevole” (maggio 2011). Berlusconi al Quirinale? “Non glielo auguro e non lo auguro al popolo italiano: bisogna dare speranza a chi ci ascolta” (intervista tv, settembre 2010).
Nel 2009 Scalfaro scende in piazza in difesa della Costituzione dagli attacchi di Berlusconi, e nel 2011 si collega in videoconferenza con chi dal Palasharp di Milano chiede le dimissioni dell'allora premier. Ma non solo. Nel 2006 guida il fronte del ‘no’ al referendum sulla riforma costituzionale del centrodestra e con soddisfazione rivendica di essere artefice di un’altra “sconfitta” del Cavaliere. Il quale, dalla sua prospettiva, accusa tra l'altro Scalfaro, nel 2004, di aver reso la Consulta, con i cinque giudici di sua nomina, un organo di parte.
Un lungo, lunghissimo elenco, insomma. Una sincera ostilità, senza esclusione di colpi. Tant’è che nel 2009 Scalfaro deve precisare che è “rispondente assolutamente a verità” il suo “augurio umano, semplice, profondo” di pronta guarigione rivolto a Berlusconi dopo l’aggressione subita in piazza Duomo. Lui, il Cavaliere, adesso che il presidente emerito è scomparso sceglie, almeno nelle prime ore, il silenzio. Consapevole forse che la sua è destinata ad essere l’ultima parola di un lungo, complicato, “duetto”.
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I rapporti appaiono non buoni fin dall'inizio. Ancor prima della ‘discesa in campo’, nel dicembre del 1993, Berlusconi, allora presidente Fininvest, invita il presidente della Repubblica Scalfaro ad “astenersi da giudizi che sono, o possono sembrare, smaccatamente di parte”. Ma non è niente rispetto al braccio di ferro che i due intraprendono quando il Cavaliere arriva a Palazzo Chigi. Dal Quirinale risuona infatti un duro ‘no’ sul nome di Cesare Previti al Ministero della Giustizia (l’avvocato dovrà ‘accontentarsi’ della Difesa). E le relazioni si fanno subito tese. Fino alla rottura insanabile, pochi mesi dopo, quando il capo dello Stato tiene a battesimo il governo Dini.
“Nel 1994 ci fu un golpe. Scalfaro disse a Bossi che io ero nel burrone e che i giudici di Milano mi avrebbero condannato (per l’avviso di garanzia ricevuto al G8 di Napoli, ndr) e che quindi doveva rompere l’alleanza con me per non finirci dentro”. Così Silvio Berlusconi ha sempre raccontato il "ribaltone" che nel '94 porta la Lega a uscire dal suo governo e sostenere l'esecutivo tecnico di Lamberto Dini. Il Cavaliere non se ne fa una ragione. E dà la colpa a Scalfaro di essere artefice di “un imbroglio”, una “avvilente parodia della democrazia”, una “sopraffazione inaccettabile”, un “colpo di stato”. Accuse che lo fanno finire sotto inchiesta per vilipendio al presidente della Repubblica (insieme a Cesare Previti, Giuliano Ferrara e Gianfranco Fini, di idee simili alle sue). L’inchiesta viene presto archiviata. Ma Berlusconi non archivia le sue accuse. Tant’è che molti anni dopo mette in atto quella che i retroscenisti descrivono come la sua vendetta: il no all’elezione bipartisan di Scalfaro alla presidenza del Senato, nel 2006.
Ma il golpe è nient'altro che “una bugia, una fiaba inventata”, ribatte il presidente emerito della Repubblica. “Berlusconi salì al Quirinale – ha raccontato una volta Scalfaro – e mi disse: ‘ti faccio tre proposte: scioglimento delle Camere, elezioni anticipate e che sia il mio governo a portare il Paese al voto’. Io dissi: ti rispondo tre ‘no’. E lui, forse per consuetudine con gli affari, mi disse che se io avessi risposto sì, per sette anni sarei potuto stare tranquillo, sereno. A quel punto risposi: tu pensa a te, che io penso a me”.
Del resto, cosa pensasse di Berlusconi, Scalfaro ha avuto occasione di dirlo chiaro e tondo a più riprese, dopo la fine del suo settennato. “Io non credo che dia una grande garanzia di poter governare una persona che è afflitta da una pioggia di miliardi” (febbraio 2001). “Quando minaccia che cambierà la Costituzione perché sa di comunismo, la sua è, in termine tecnico, ignoranza pesante e colpevole” (maggio 2011). Berlusconi al Quirinale? “Non glielo auguro e non lo auguro al popolo italiano: bisogna dare speranza a chi ci ascolta” (intervista tv, settembre 2010).
Nel 2009 Scalfaro scende in piazza in difesa della Costituzione dagli attacchi di Berlusconi, e nel 2011 si collega in videoconferenza con chi dal Palasharp di Milano chiede le dimissioni dell'allora premier. Ma non solo. Nel 2006 guida il fronte del ‘no’ al referendum sulla riforma costituzionale del centrodestra e con soddisfazione rivendica di essere artefice di un’altra “sconfitta” del Cavaliere. Il quale, dalla sua prospettiva, accusa tra l'altro Scalfaro, nel 2004, di aver reso la Consulta, con i cinque giudici di sua nomina, un organo di parte.
Un lungo, lunghissimo elenco, insomma. Una sincera ostilità, senza esclusione di colpi. Tant’è che nel 2009 Scalfaro deve precisare che è “rispondente assolutamente a verità” il suo “augurio umano, semplice, profondo” di pronta guarigione rivolto a Berlusconi dopo l’aggressione subita in piazza Duomo. Lui, il Cavaliere, adesso che il presidente emerito è scomparso sceglie, almeno nelle prime ore, il silenzio. Consapevole forse che la sua è destinata ad essere l’ultima parola di un lungo, complicato, “duetto”.