Su un blog alcuni ex alunni ricordano i tempi in cui il premier era professore alla Bocconi: oggetto di "culto della personalità" ma con "il carisma di un paracarro". Pubblicato sul web un video che ironizza sull'amicizia del premier con i "poteri forti"
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Il prof. Monti? “Lo chiamavamo ‘il boss’”. “Irraggiungibile”. “Elegante e serio”. “Noioso”, con “il carisma di un paracarro”. "Aveva una ottima reputazione" presso i dipartimenti universitari Usa. "Grazie alla sua lungimiranza oggi la Bocconi è un posto molto più internazionale di tanti anni fa e di tutte le altre università italiane". Ricordi di studenti. Di chi il nuovo presidente del Consiglio l’ha conosciuto nelle Aule della Bocconi. Lì dove impartiva le sue lezioni negli anni ’80, quando appena quarantenne era già oggetto di un vero e proprio “culto della personalità”. Oggi, quei ricordi si intrecciano alle attese per l’incarico da premier. E regalano un ritratto inedito niente affatto indulgente.
Tutto è iniziato con un post di Alberto Bisin, docente di Economia alla New York University e fondatore insieme ad altri del blog NoiseFromAmerika, che raccoglie le voci di economisti italiani che vivono e lavorano negli Stati Uniti. “Mario Monti è stato mio relatore di tesi in Bocconi (correva l’anno 1987) – ha scritto qualche giorno fa Bisin– Lo chiamavamo ‘il boss’. Non perché avesse toni o atteggiamenti mafiosi, tutt’altro, ma perché i suoi (e i nostri) comportamenti non davano adito a dubbi su chi stesse sopra e chi sotto nella gerarchia”.
“Monti era il boss – scrive Bisin – Ci riceveva nel suo ufficio, sedendo al tavolo lungo pieno di carte, sotto la sua foto con Jim Tobin (economista premio Nobel, ndr) a Yale. Ci trattava con gentilezza ed educazione estrema, molto formale (…). Giacca e cravatta erano un must (…). Ci si rivolgeva a lui come ‘professore’ se a parole, e come ‘chiarissimo professore’ se per iscritto. E non solo noi studenti. Non ho mai sentito nessuno dargli del tu. O meglio, una volta mentre ero nel suo ufficio fui interrotto da un economista celeberrimo in Italia, che entrò e lo chiamò ‘Marione’. Quando uscì, Monti disse tra sé: ‘Che mi chiami Marione proprio non lo sopporto’”.
Il ritratto prosegue con il meritorio impegno del professor Monti nell’indirizzare una classe di futuri economisti alla carriera accademica negli Stati Uniti (“si è sempre permesso portaborse, come altri baroni, ma ha avuto il buon cuore di aiutare anche altri che portaborse non sarebbero diventati”). Ma prosegue, nei commenti di altri ex alunni, con la conferma del profilo di un professore che godeva già nel 1983 di “un vero e proprio ‘culto della personalità’”. “Sembrava irraggiungibile – scrive ‘malpassotu’ – così in alto per noi studenti, che per sdrammatizzare il personaggio lo chiamavamo semplicemente ‘Mario’. L’amico con cui ho diviso casa al tempo dell’università rientrando esclamava come illuminato: ‘Caz…, ho visto Mario… Oggi era bellissimo!’”.
Nota dolente, però, le ore in classe: “Estrema eleganza e serietà, tuttavia ricordo le lezioni di Monti come tra le più pedanti e noiose. Non era un ottimo didatta”. “Aveva il carisma di un paracarro”, concorda Sergio Bariatti. “La sua attività accademica (nel senso della ricerca) non è degna di nota”, aggiunge Biasin. Nessuno sconto, dunque, a “SuperMario” (così lo avrebbero chiamato solo dopo, negli anni da commissario europeo). Ma facendo la tara dei ricordi, quella degli ex studenti non è affatto una bocciatura: “Non è stato un grande economista e nemmeno un grande didatta – scrive Bariatti – ma questo non vuol dire che non possa essere un grande primo ministro. Soprattutto a confronto – aggiunge – di chi lo ha preceduto”. "Dopo anni di sfilate televisive di politici asini e imbroglioni" - scrive ancora malpassotu - "guardando un tg ho per un attimo di nuovo confidato in una classe dirigente non corrotta e dignitosa." E ancora: "Ha la forza per non subire influenze esterne" - domanda Simone Giovanatto - "e quindi lavorare nell'interesse dei cittadini e non nell'interesse di qualcn'altro?" "Non lo conosco benissimo" risponde Fausto Panunzi "ma per quello che ho visto, la risposta è sì".
E mentre gli allievi contribuiscono a fare luce sul profilo del ‘professore’ che ha assunto la guida del Paese, gli amanti della dietrologia e i nemici del nuovo governo, alimentano l'immaginario sul Monti ‘amico dei poteri forti' e delle banche. Lui ha smentito in pubblico ogni connessione, sentendosi offeso dall’accusa: “l’Economist scrisse – ha detto il premier - che il mondo degli affari internazionali considerava Mario Monti il Saddam Hussein del business”. Ma gli attacchi proseguono (“Ci sono i poteri forti e li mostreremo uno per uno”, ha detto tra gli altri l’ex ministro Renato Brunetta).
E allora un falso documentario girato dalla ComboCut Film nello stile del programma Rai 'Voyager', si diverte a fare il verso a dietrologie e complotti componendo un racconto che va dalla numerologia al gruppo Bildenberg, passando per la pittura fiamminga. Chissà se il "serio" Monti sorriderà.
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di Serenella Mattera
Il prof. Monti? “Lo chiamavamo ‘il boss’”. “Irraggiungibile”. “Elegante e serio”. “Noioso”, con “il carisma di un paracarro”. "Aveva una ottima reputazione" presso i dipartimenti universitari Usa. "Grazie alla sua lungimiranza oggi la Bocconi è un posto molto più internazionale di tanti anni fa e di tutte le altre università italiane". Ricordi di studenti. Di chi il nuovo presidente del Consiglio l’ha conosciuto nelle Aule della Bocconi. Lì dove impartiva le sue lezioni negli anni ’80, quando appena quarantenne era già oggetto di un vero e proprio “culto della personalità”. Oggi, quei ricordi si intrecciano alle attese per l’incarico da premier. E regalano un ritratto inedito niente affatto indulgente.
Tutto è iniziato con un post di Alberto Bisin, docente di Economia alla New York University e fondatore insieme ad altri del blog NoiseFromAmerika, che raccoglie le voci di economisti italiani che vivono e lavorano negli Stati Uniti. “Mario Monti è stato mio relatore di tesi in Bocconi (correva l’anno 1987) – ha scritto qualche giorno fa Bisin– Lo chiamavamo ‘il boss’. Non perché avesse toni o atteggiamenti mafiosi, tutt’altro, ma perché i suoi (e i nostri) comportamenti non davano adito a dubbi su chi stesse sopra e chi sotto nella gerarchia”.
“Monti era il boss – scrive Bisin – Ci riceveva nel suo ufficio, sedendo al tavolo lungo pieno di carte, sotto la sua foto con Jim Tobin (economista premio Nobel, ndr) a Yale. Ci trattava con gentilezza ed educazione estrema, molto formale (…). Giacca e cravatta erano un must (…). Ci si rivolgeva a lui come ‘professore’ se a parole, e come ‘chiarissimo professore’ se per iscritto. E non solo noi studenti. Non ho mai sentito nessuno dargli del tu. O meglio, una volta mentre ero nel suo ufficio fui interrotto da un economista celeberrimo in Italia, che entrò e lo chiamò ‘Marione’. Quando uscì, Monti disse tra sé: ‘Che mi chiami Marione proprio non lo sopporto’”.
Il ritratto prosegue con il meritorio impegno del professor Monti nell’indirizzare una classe di futuri economisti alla carriera accademica negli Stati Uniti (“si è sempre permesso portaborse, come altri baroni, ma ha avuto il buon cuore di aiutare anche altri che portaborse non sarebbero diventati”). Ma prosegue, nei commenti di altri ex alunni, con la conferma del profilo di un professore che godeva già nel 1983 di “un vero e proprio ‘culto della personalità’”. “Sembrava irraggiungibile – scrive ‘malpassotu’ – così in alto per noi studenti, che per sdrammatizzare il personaggio lo chiamavamo semplicemente ‘Mario’. L’amico con cui ho diviso casa al tempo dell’università rientrando esclamava come illuminato: ‘Caz…, ho visto Mario… Oggi era bellissimo!’”.
Nota dolente, però, le ore in classe: “Estrema eleganza e serietà, tuttavia ricordo le lezioni di Monti come tra le più pedanti e noiose. Non era un ottimo didatta”. “Aveva il carisma di un paracarro”, concorda Sergio Bariatti. “La sua attività accademica (nel senso della ricerca) non è degna di nota”, aggiunge Biasin. Nessuno sconto, dunque, a “SuperMario” (così lo avrebbero chiamato solo dopo, negli anni da commissario europeo). Ma facendo la tara dei ricordi, quella degli ex studenti non è affatto una bocciatura: “Non è stato un grande economista e nemmeno un grande didatta – scrive Bariatti – ma questo non vuol dire che non possa essere un grande primo ministro. Soprattutto a confronto – aggiunge – di chi lo ha preceduto”. "Dopo anni di sfilate televisive di politici asini e imbroglioni" - scrive ancora malpassotu - "guardando un tg ho per un attimo di nuovo confidato in una classe dirigente non corrotta e dignitosa." E ancora: "Ha la forza per non subire influenze esterne" - domanda Simone Giovanatto - "e quindi lavorare nell'interesse dei cittadini e non nell'interesse di qualcn'altro?" "Non lo conosco benissimo" risponde Fausto Panunzi "ma per quello che ho visto, la risposta è sì".
E mentre gli allievi contribuiscono a fare luce sul profilo del ‘professore’ che ha assunto la guida del Paese, gli amanti della dietrologia e i nemici del nuovo governo, alimentano l'immaginario sul Monti ‘amico dei poteri forti' e delle banche. Lui ha smentito in pubblico ogni connessione, sentendosi offeso dall’accusa: “l’Economist scrisse – ha detto il premier - che il mondo degli affari internazionali considerava Mario Monti il Saddam Hussein del business”. Ma gli attacchi proseguono (“Ci sono i poteri forti e li mostreremo uno per uno”, ha detto tra gli altri l’ex ministro Renato Brunetta).
E allora un falso documentario girato dalla ComboCut Film nello stile del programma Rai 'Voyager', si diverte a fare il verso a dietrologie e complotti componendo un racconto che va dalla numerologia al gruppo Bildenberg, passando per la pittura fiamminga. Chissà se il "serio" Monti sorriderà.