Il voto è stato fissato dalla conferenza dei capigruppo per venerdì 29 luglio. Il ddl, considerato dall'opposizione una legge ad personam per il premier, permette alla difesa di allungare a dismisura i tempi del procedimento. Il Pd: inaccettabile
Pur di chiudere al Senato sul ddl processo lungo prima della pausa estiva, il governo ha posto la questione di fiducia sul provvedimento. La richiesta è stata fatta dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito. Lla Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama ha così stabilito che domattina alle 9 ci saranno le dichiarazioni di voto e dalle 10 la 'chiama' per il voto di fiducia.
Il "processo lungo" ha iniziato il suo iter in aula mercoledì al Senato ed è osteggiato dall'opposizione che lo considera una legge ad personam costruita intorno ai processi del premier Silvio Berlusconi. Il ddl, che in ogni caso dovrà passare al vaglio della Camera da settembre, prevede che la difesa possa allungare a dismisura i tempi del processo ampliando la lista dei testimoni "pertinenti" da ascoltare nel dibattimento e che non si possano utilizzare le sentenze definitive di condanna come prova dei fatti in esse accertati. Norme che cadrebbero a pennello per i processi a carico del premier. Mercoledì il presidente del Senato Renato Schifani ha detto che si attiverà per garantire che entro il 4 agosto Palazzo Madama voti il ddl.
Dura la reazione dell'opposizione. "Se il governo si assume la grave responsabilità di mettere la fiducia su un provvedimento di natura parlamentare come quello sul processo lungo, è
necessario che il neoministro della Giustizia Nitto Palma venga subito in Senato a spiegare il perché" dice la capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Angela Finocchiaro. "Una decisione del genere - continua - non si spiega se non con la necessità di salvare il presidente del Consiglio da uno dei suoi tanti processi. E' una cosa inaccettabile. E tutto questo avviene nel silenzio più totale e nel totale asservimento della Lega ai bisogni del presidente del Consiglio, Berlusconi".
"Se il buongiorno si vede dal mattino siamo proprio messi male, visto che nel suo primo giorno da ministro Nitto Palma si è reso complice di azioni a tutela della criminalità e non della giustizia" attacca anche Antonio Di Pietro, che aggiunge: "Di fronte a tale
scelleratezza - conclude - non resta che la mobilitazione di massa: costi quel che costi. E' ormai improcrastinabile salvaguardare la democrazia e lo Stato di diritto".
Il "processo lungo" ha iniziato il suo iter in aula mercoledì al Senato ed è osteggiato dall'opposizione che lo considera una legge ad personam costruita intorno ai processi del premier Silvio Berlusconi. Il ddl, che in ogni caso dovrà passare al vaglio della Camera da settembre, prevede che la difesa possa allungare a dismisura i tempi del processo ampliando la lista dei testimoni "pertinenti" da ascoltare nel dibattimento e che non si possano utilizzare le sentenze definitive di condanna come prova dei fatti in esse accertati. Norme che cadrebbero a pennello per i processi a carico del premier. Mercoledì il presidente del Senato Renato Schifani ha detto che si attiverà per garantire che entro il 4 agosto Palazzo Madama voti il ddl.
Dura la reazione dell'opposizione. "Se il governo si assume la grave responsabilità di mettere la fiducia su un provvedimento di natura parlamentare come quello sul processo lungo, è
necessario che il neoministro della Giustizia Nitto Palma venga subito in Senato a spiegare il perché" dice la capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Angela Finocchiaro. "Una decisione del genere - continua - non si spiega se non con la necessità di salvare il presidente del Consiglio da uno dei suoi tanti processi. E' una cosa inaccettabile. E tutto questo avviene nel silenzio più totale e nel totale asservimento della Lega ai bisogni del presidente del Consiglio, Berlusconi".
"Se il buongiorno si vede dal mattino siamo proprio messi male, visto che nel suo primo giorno da ministro Nitto Palma si è reso complice di azioni a tutela della criminalità e non della giustizia" attacca anche Antonio Di Pietro, che aggiunge: "Di fronte a tale
scelleratezza - conclude - non resta che la mobilitazione di massa: costi quel che costi. E' ormai improcrastinabile salvaguardare la democrazia e lo Stato di diritto".