Afghanistan: la Lega resta contro, ma vota la missione

Politica
Roberto Calderoli e Silvio Berlusconi
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Al Senato il Carroccio dirà 'sì' al rifinanziamento delle missioni militari italiane all'estero. Ma turandosi il naso. Tant'è che Castelli conferma il suo 'no' e Calderoli dice: "Provo tanta rabbia". E non è finita: alla Camera si rischiano nuovi attriti

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“In questo momento provo tanta rabbia verso una missione che non condivido e non comprendo”. Dà voce alla Lega, Roberto Calderoli. Nel giorno in cui dall’Afghanistan arriva la notizia del quarantunesimo morto italiano, il partito di Umberto Bossi non manca di ribadire attraverso il suo ministro, la posizione di contrarietà alle missioni militari all’estero. Una posizione che da mesi agita la maggioranza, per il pericolo di strappi che metterebbero in discussione non solo l’impegno internazionale del nostro Paese, ma la tenuta dello stesso governo. Niente di tutto ciò avverrà però domani, nell’Aula del Senato, dove si vota il decreto di rifinanziamento delle missioni tutte (inclusa quella afghana). Il Carroccio per ora adotta infatti la linea della “responsabilità”: sì al voto.

Mancherà probabilmente in Aula il viceministro (e senatore) Roberto Castelli. Il suo “no” al rifinanziamento è una riserva “personale”, per la quale Castelli ha già dato la disponibilità a dimettersi dall’incarico governativo, qualora (cosa improbabile) Bossi o Berlusconi glielo chiedessero. Per il resto, però, alla vigilia non si segnalano altri senatori padani recalcitranti. La Lega rivendica infatti di aver ottenuto dai colleghi di governo che già in questo decreto ci fosse un ridimensionamento del contingente e delle spese. Dunque ora voterà a favore, spiega Calderoli, “per senso di responsabilità”. Una responsabilità, del resto, invocata a più riprese anche dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Tutto risolto, dunque? Non proprio. Perché è lo stesso Calderoli ad avvertire: “Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, deve continuare ad operare per il completamento di una exit strategy che dovrà portare a una sostanziale riduzione del numero dei nostri soldati impegnati in missioni internazionali già dal prossimo anno, partendo proprio dall'Afghanistan”.

Ma non solo. Mentre la pattuglia leghista a Palazzo Madama è ridotta e piuttosto compatta, alla Camera più d'un deputato padano non esclude di assumere una posizione simile a quella di Castelli. E di votare 'no' al rifinanziamento quando il decreto arriverà al voto di Montecitorio, la prossima settimana. Del resto, ragionano, la linea della “responsabilità” non potrà durare in eterno, vista la convinzione radicata, ribadita a più riprese dallo stesso Bossi e dichiarata dal governatore del Veneto Luca Zaia, che “è arrivato il momento di portare a casa i nostri ragazzi”. Dall'Afghanistan, come dalla Libia. E non solo.

Per adesso, ad ogni modo, nel Pdl tirano un sospiro di sollievo. La settimana scorsa, intimoriti dalla posizione leghista sull'arresto di Alfonso Papa e da frizioni sempre più evidenti (e non del tutto sopite) con gli alleati, avevano deciso di rinviare il voto del Senato sulle missioni. Stasera, alla vigilia, ci si prepara invece a dormire sonni tranquilli. Solo l'Idv, infatti, ha annunciato il voto contrario al decreto di rifinanziamento (“è contro la Costituzione: in Libia e in Afghanistan si sta facendo la guerra”, ha detto Antonio Di Pietro). E i senatori dipietristi sembrano destinati a restare isolati. Almeno per ora. Perché di questi tempi ogni voto ha la sua storia. E quando il decreto sulle missioni la prossima settimana  arriverà alla Camera se ne scriverà un'altra. Dunque, anche se al momento è probabile che pure lì il Carroccio dica 'sì', le antenne del Pdl sono levate. Perché nulla è scontato.

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