La maggioranza presenterà un’unica mozione dopo che il Carroccio, in polemica con il premier, aveva annunciato un suo documento. Il testo prevede che sia stabilita con gli alleati una data per la fine della missione. Ma la Nato: durerà il necessario
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Umberto Bossi e Silvio Berlusconi trovano un'intesa sul testo della mozione sulla Libia, dopo le polemiche dei giorni scorsi, ma il leader della Lega - almeno per ora - continua a negare al presidente del Consiglio l'atteso incontro pacificatore. La maggioranza, insomma, trova una 'quadra' su un testo che prevede di "fissare, in accordo con le organizzazioni internazionali e i Paesi alleati, un termine temporale certo, da comunicare al Parlamento, entro cui concludere le azioni mirate" sul terreno. E poco importa se dalla Nato, prontamente, fanno sapere che mettere una 'deadline' è semplicemente "impossibile", visto che nessuno, almeno nella maggioranza, crede che ciò sia davvero possibile.
L'Italia "cercherà" di stabilire un termine con gli alleati, si limita a replicare il ministro degli Esteri Franco Frattini. Un modo forse per dire che a contare sarà il tentativo, non il risultato. E comunque, è convinzione nel Pdl, nessuno crede che la Lega di fronte a un 'niet' della Nato faccia saltare il banco. L'intero braccio di ferro, quindi, appare sempre più basato soprattutto sulla voglia della Lega di distinguersi in vista dalle imminenti elezioni amministrative, magari alzando la posta in vista del rimpastino di governo. La mozione, smussata nel vertice di maggioranza presieduto da Berlusconi a Palazzo Chigi, è stata limata, ma mantiene i principi fissati dal Carroccio. Precisa solamente il punto relativo alla data (da stabilirsi con gli alleati appunto) e, nel ribadire il divieto di missioni a terra, introduce la postilla sulla rimodulazione delle missini all'estero, come Afghanistan e Libano, per impedire alla missione libica di pesare sui conti di Giulio Tremonti, con conseguente aumento della pressione tributaria (anche se dalla Difesa ripetono che il costo dei raid non incide sul bilancio.
A dare l'annuncio dell'intesa è stato, ovviamente, il Carroccio: "Abbiamo trovato un accordo nella maggioranza", ha annunciato Marco Reguzzoni, capogruppo leghista alla Camera, sottolineando la soddisfazione di via Bellerio. "La maggioranza ha ritrovato una piena intesa anche sulla politica estera", gli fa eco un soddisfatto Fabrizio Cicchitto (Pdl). Il voto ci sarà mercoledì 4 maggio a Montecitorio, con diretta televisiva. E nella maggioranza tutti sono convinti che non ci saranno intoppi. Anche se ciò non significa che tutti i nodi fra Berlusconi e Bossi siano sciolti. Qualcuno sostiene che il Carroccio ha alzato il prezzo e che oltre a due sottosegretari, il Senatur sia intenzionato a chiedere la candidatura di Salvini a vicesindaco di Milano. Resta inoltre aperto il 'nodo Parmalat' con la Lega schierata a fianco di Giulio Tremonti nel criticare la decisione del premier di 'autorizzare' l'Opa dei francesi di Lactalis.
Il Cavaliere, durante il vertice, ha giocato di fioretto. Prima ha definito "gravissima" l'ipotesi che gli alleati abbiano volutamente ucciso il figlio di Gheddafi, poi ha giustificato i raid italiani con la necessità di rispettare gli impegni con gli alleati, pur sapendo che la maggioranza degli italiani (72%) è contrario all'intervento armato. Motivo in più, sottolineano i fedelissimi, per sospettare che dietro le mosse leghiste vi siano ragioni elettorali più che il risentimento verso il mancato preavviso del Cavaliere. Ragioni che il premier argomenta con alcune considerazioni personali: dal fatto che sono notti che non dorme per la vicenda libica, alle preoccupazioni per l'incolumità sua e della sua famiglia ("ho cinque figli e tanti nipoti...") visto che al rischio ritorsione del raìs si è aggiunto quello di al Qaeda.
Le opposizioni attaccano a testa bassa l'intesa nella maggioranza. "Il pasticcio è troppo, è umiliante", liquida la faccenda il leader del Pd Pier Luigi Bersani, mentre il Terzo Polo di Fini-Casini-Rutelli bolla la mozione unitaria come una "una pantomima umiliante". Quanto al voto di mercoledì, le opposizioni sono orientate a votare compattamente contro la mozione della maggioranza, con voto reciproco di Pd e terzo Polo sulle rispettive mozioni, e probabile astensione su quella dell'Italia dei Valori.
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L'Italia "cercherà" di stabilire un termine con gli alleati, si limita a replicare il ministro degli Esteri Franco Frattini. Un modo forse per dire che a contare sarà il tentativo, non il risultato. E comunque, è convinzione nel Pdl, nessuno crede che la Lega di fronte a un 'niet' della Nato faccia saltare il banco. L'intero braccio di ferro, quindi, appare sempre più basato soprattutto sulla voglia della Lega di distinguersi in vista dalle imminenti elezioni amministrative, magari alzando la posta in vista del rimpastino di governo. La mozione, smussata nel vertice di maggioranza presieduto da Berlusconi a Palazzo Chigi, è stata limata, ma mantiene i principi fissati dal Carroccio. Precisa solamente il punto relativo alla data (da stabilirsi con gli alleati appunto) e, nel ribadire il divieto di missioni a terra, introduce la postilla sulla rimodulazione delle missini all'estero, come Afghanistan e Libano, per impedire alla missione libica di pesare sui conti di Giulio Tremonti, con conseguente aumento della pressione tributaria (anche se dalla Difesa ripetono che il costo dei raid non incide sul bilancio.
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Il Cavaliere, durante il vertice, ha giocato di fioretto. Prima ha definito "gravissima" l'ipotesi che gli alleati abbiano volutamente ucciso il figlio di Gheddafi, poi ha giustificato i raid italiani con la necessità di rispettare gli impegni con gli alleati, pur sapendo che la maggioranza degli italiani (72%) è contrario all'intervento armato. Motivo in più, sottolineano i fedelissimi, per sospettare che dietro le mosse leghiste vi siano ragioni elettorali più che il risentimento verso il mancato preavviso del Cavaliere. Ragioni che il premier argomenta con alcune considerazioni personali: dal fatto che sono notti che non dorme per la vicenda libica, alle preoccupazioni per l'incolumità sua e della sua famiglia ("ho cinque figli e tanti nipoti...") visto che al rischio ritorsione del raìs si è aggiunto quello di al Qaeda.
Le opposizioni attaccano a testa bassa l'intesa nella maggioranza. "Il pasticcio è troppo, è umiliante", liquida la faccenda il leader del Pd Pier Luigi Bersani, mentre il Terzo Polo di Fini-Casini-Rutelli bolla la mozione unitaria come una "una pantomima umiliante". Quanto al voto di mercoledì, le opposizioni sono orientate a votare compattamente contro la mozione della maggioranza, con voto reciproco di Pd e terzo Polo sulle rispettive mozioni, e probabile astensione su quella dell'Italia dei Valori.