Referendum, dopo il nucleare, in dubbio anche l'acqua

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Paolo Romani propone una legge ad hoc per regolamentare la privatizzazione delle risorse idriche. Una mossa che potrebbe far saltare l'appuntamento con le urne. I promotori: "E' uno scippo"

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Dopo il nucleare potrebbe essere il turno dell'acqua. In un'intervista radiofonica il ministro per lo sviluppo economico Paolo Romani ha avanzato la proposta di una legge ad hoc che approfondisca la questione della privatizzazione delle risorse idriche. Andando però così a scardinare il quesito referendario previsto per il 12 e il 13 giugno. Una scelta simile a quella operata pochi giorni fa sul nucleare, quando, con un emendamento al decreto Omnibus il governo abrogava le norme necessarie per la realizzazione degli impianti nucleari, provocando la probabile cancellazione del quesito sull'energia nucleare da parte della Cassazione. Una scelta che aveva fatto insorgere le opposizioni, con l'Idv, che del referendum è promotore, che parlava di "truffa ai danni degli elettori". L'obiettivo, secondo i promotori, era evitare che, dopo il disastro di Fukushima, il governo andasse incontro a una sconfitta elettorale. Un tentativo che ora l'esecutivo potrebbe fare anche con l'altro quesito referendario.

"Giù le mani dai referendum sull'acqua" sostiene il Comitato referendario contro la privatizzazione, che sottolinea: "Mentre tentano lo scippo del referendum sul nucleare, il governo e i poteri forti vogliono provare a fare lo stesso con i due referendum sull'acqua, che hanno ottenuto le firme di un milione e quattrocentomila cittadini. Una straordinaria mobilitazione che chiede l'uscita dell'acqua dal mercato e che vuole la tutela condivisa di un bene comune essenziale e di un diritto universale".

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