Frattini e la Libia, ovvero "qui lo dico, qui lo nego"

Politica
Il ministro degli Esteri Franco Frattini
epa02659787 Foreign Minister of Italy Franco Frattini arrives at Lancaster House for the London Conference on Libya in London, Britain, 29 March 2011. Members of the international community are a meeting in London to discuss the next steps for Libya amid the UN-backed military action. The conference is bringing together all members of the coalition in the military operation, as well as the UN, Nato, the African Union and Arab League.  EPA/ANDY RAIN

Tempi duri per il ministro degli Esteri: dal rapporto con Gheddafi, alla guida della missione militare. Dalla videoconferenza tra leader senza l'Italia, alla gestione dei profughi a Lampedusa. Ecco il fiume di dichiarazioni (contrastanti) della Farnesina

Guarda anche:
SPECIALE: Dalle proteste di piazza alla guerra in Libia
Frattini: "Per Lampedusa non bastano i fondi europei"
Nord Africa: l'Italia divisa tra real politik e diritti
Libia: il governo diviso dalle polemiche. La fotogallery

di Giulia Floris

Sicuramente un momento critico per tutte le diplomazie europee, per il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, la crisi libica si sta rivelando una vera corsa a ostacoli, in cui non sono mancati scivoloni e contraddizioni.
Un Frattini estremamente prudente commentava, il 21 febbraio, le proteste nel Paese nordafricano: "L’Europa non deve dare l'impressione sbagliata di volere interferire, di volere esportare la nostra democrazia". Appena 6 giorni dopo sosteneva che Gheddafi fosse "a un punto di non ritorno", salvo poi aderire con convinzione alla missione Odissea all’Alba, a differenza ad esempio da quanto fatto dalla Germania, a braccetto con il ministro della Difesa Ignazio La Russa.

"Cavallo di battaglia" della diplomazia italiana, all’avvio dell’operazione militare, il rapporto privilegiato del nostro Paese con il mondo arabo. Peccato che, proprio mentre i ministri La Russa e Frattini sottolineavano l’importante coinvolgimento nella 'Coalizione dei volenterosi 'dei Paesi arabi, la Lega Araba esprimeva tutto il suo disappunto per i bombardamenti in Libia.

Anche sul fronte del comando dell'operazione, Frattini non ha giocato una partita semplice. Il ministro ha prima minacciato, il 21 marzo, l'istituzione di "un proprio comando nazionale separato" se la missione non avesse avuto un comando Nato, salvo poi affermare il 22 marzo ai microfoni di Radio anch’io: "Non possiamo immaginare che ci siano comandi separati da ciascuno dei quali dipendano alcune scelte".

Nel corso delle trattative diplomatiche, Frattini ha poi annunciato con soddisfazione, in un’intervista a Repubblica, un piano italo-tedesco sul dopo Gheddafi. Un'uscita che però sembra aver imbarazzato la Germania: "Conduciamo colloqui con tutti i partner  internazionali" hanno puntualizzato infatti il giorno dopo i portavoce del cancelliere al quotidiano diretto da Ezio Mauro. "Non parlerei di asse" ha allora precisato Frattini, chiarendo di aver avuto colloqui anche con la diplomazia francese, svedese e turca.

Un ultimo schiaffo alla Farnesina, seppur minimizzato dal ministro, è stata la video conferenza tra Francia, Germania, Usa e Gran Bretagna, alla vigilia della vertice di Londra sulla Libia. "Lì non si decide nulla", ha detto Frattini, ma il mancato invito è stata un'occasione per far dire all’opposizione che "l’Italia a livello internazionale non conta più nulla".
E che dire del vertice di Londra? L’Italia è rimasta profondamente delusa dall’assenza dell’Unione africana, su cui puntava per arrivare a una mediazione sull’esilio di Gheddafi e, mentre in pubblico ha parlato di "importante successo politico", a microfoni spenti, secondo un retroscena de La Stampa, il ministro ha definito il vertice "un fallimento". Anche se in una nota "La Farnesina smentisce fermamente che il ministro Franco Frattini abbia mai parlato di fallimento della Conferenza di Londra".

Non bastasse, anche sul fronte interno, con l’emergenza immigrazione seguita alla crisi in Nord Africa, Frattini si è ritrovato al centro delle polemiche. La sua proposta di dare 1.500 euro ai migranti che rimpatrino volontariamente si è valsa le critiche di maggioranza e opposizione, tanto che il ministro ha dovuto correggere il tiro: "Non si tratta – ha detto ospite di Otto e mezzo – di dare soldi in tasca ai migranti, ma al Paese di nazionalità, al fine di creare le condizioni affinché i migranti tornino in quel Paese".
E la corsa a ostacoli, con qualche dietrofront, continua...

Politica: I più letti

[an error occurred while processing this directive]