Bindi-Vendola: la "coppia di fatto" del centrosinistra

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Il leader di Sel indica nel vicepresidente della Camera la donna giusta per guidare "una coalizione di emergenza democratica". E’ l’ultima testimonianza di un rapporto politico affiatato che si fonda tra l'altro sulla tutela dei diritti e delle diversità

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di Filippo Maria Battaglia


La novità non sta tanto nella proposta (“una coalizione di emergenza democratica” per sconfiggere Berlusconi), ma nel nome. O meglio nella scelta di fare un nome per guidarla, quello di Rosy Bindi.
L’idea arriva da Nichi Vendola che in un’intervista a Repubblica descrive “una donna che rappresenta la reazione a uno dei punti più dolenti del regresso culturale”. E scommette tutto su di lei: potrebbe essere la guida ideale per “una rapida transizione verso la normalità”. "Un passo avanti positivo", replica la diretta interessata che ringrazia e aggiunge: "il confronto deve essere sulla politica e non sulle candidature".

La proposta, a prima vista, può dare nell’occhio. La coppia Vendola (gay, libertario, comunista) – Bindi (cattolica, ex popolare) sembra in realtà un ossimoro politico.
Ma è davvero così? Forse no.
Coincidenze e somiglianze tra i due si rintracciano infatti sin da quando i due erano bebè. Perché se è vero che tutti sanno che la formazione della Bindi gravita attorno all’Azione Cattolica (di cui è stata vicepresidente nazionale per cinque anni), pochi sanno che gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza Nichi li trascorre accanto al vescovo Antonio Bello e al mondo del cattolicesimo di sinistra legato alla Caritas.
Le convergenze non finiscono qui: Vendola viene eletto alla Camera nel ’92, Bindi due anni dopo. Quando arriva il primo governo Berlusconi – è il 1994 – sono entrambi all’opposizione; e quando cade entrambi appoggiano l’esecutivo Dini, nonostante il diktat di Rifondazione sia quello di contrastare l’attività dell’ex ministro del Cavaliere.

E le affinità continuano con i nodi e gli scontri. Per tutti e due, infatti, le grane arrivano sul terreno della sanità. Prettamente politiche, quelle di Bindi, che come ministro del primo governo Prodi vara una contestatissima riforma del servizio sanitario nazionale.
Politiche ma con riflessi giudiziari quelle che coinvolgono Vendola (o meglio la giunta pugliese che guida dal 2005): è il febbraio del 2009 quando la procura di Bari mette sotto accusa l'assessore Alberto Tedesco e il vicepresidente del Consiglio regionale Sandro Frisullo.  Entrambi vengono indagati, entrambi si dimettono. Vendola, che non è coinvolto, prima attacca l'indagine ("rischia di diventare lo strumento di una campagna politica e mediatica che mira a colpirmi"), poi azzera la giunta.

In mezzo, la caduta dei governi Prodi e Berlusconi. Ma soprattutto la vittoria delle primarie e delle elezioni che portano l'astro nascente di Sel alla guida in Puglia e la presentazione del disegno di legge sui Dico, poi naufragato nelle morte gore del parlamento italiano.
Non da parte di Nichi, ma di Rosy, che nel secondo esecutivo Prodi fa il ministro per la Famiglia, mentre appoggia “l’amico Vendola” schierandosi contro la linea del suo stesso partito, che candida invece Francesco Boccia.

E il legame continua anche quando entrambi devono fare i conti con gli strali (e i colpi bassi) del centrodestra. Capita a Rosy Bindi, con il premier che in diretta tv la apostrofa con un "più bella che intelligente"; e capita a Nichi Vendola, che si ritrova nudo in una vecchia foto in bianco nero sul quotidiano della famiglia Berlusconi, Il Giornale.
D’amore e d’accordo, insomma,  ma fino a un certo punto. L’incontro pubblico più recente è datato settembre 2010, alla festa nazionale del Pd a Torino.
“Avanti con le primarie”, dicono entrambi, ma Vendola stronca la grossa coalizione in chiave antiberlusconiana, proposta da Pier Luigi Bersani: per tornare a vincere - dice serve ''cambiare registro: in un passaggio d'epoca come questo non si può replicare un vecchio copione per vincere, non è di questo che ha bisogno l'Italia''.
Fino all’ultima, inattesa proposta: la grande coalizione va bene, apriamo a tutti e Bindi ci guidi.  Con un passaggio implicito, ma piuttosto evidente: la transizione deve essere "rapida". Poi si andrà ad elezioni e soprattutto alle primarie. Anche su questo Bindi e Vendola concordano. Almeno fino ad ora.

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