Pdl, Berlusconi caccia Fini

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Il partito sfiducia l'ex leader di An: "E' incompatibile". Il premier, che vuole le dimissioni da presidente della Camera: "Mi sono tolto un peso". LA RASSEGNA STAMPA DI SKY TG24

Fini, Berlusconi & Co.: l'album di famiglia del Pdl. Tutte le foto

E' rottura nel Pdl. Silvio Berlusconi caccia Gianfranco Fini. Il divorzio nel partito occupa le prime pagine di tutti i giornali. Il documento approvato dall'Ufficio di presidenza del partito è una dura censura nei confronti del cofondatore ex leader di An.

Sui quotidiani tutti i dettagli e i retroscena.

"Mi si stringe il cuore - avrebbe detto ieri il Cavaliere - io non avrei nemmeno voluto partecipare a questo incontro perché questa decisione io non la vivo a cuor leggero. Ma non possiamo andare avanti così". E avrebbe puntualizzato: "Mi sono tolto un peso". E anche meno in distonia da quelle pronunciate ieri sera, dopo aver letto l'offerta di tregua dal presidente della Camera, e ancora questa mattina, incontrando alcuni parlamentari a Montecitorio. "Io quello - era lo sfogo del Cavaliere - non lo voglio più vedere. E' un traditore. Trovate il modo per cacciarlo". Tanto determinato nel suo intento da reagire incredulo ai vertici del partito che gli spiegavano come fosse impossibile espellere Fini visto che non ha nemmeno la tessera del Pdl. E si capisce bene quale delle due facce del Cavaliere abbia prevalso, a leggere il documento finale votato dall'Ufficio di presidenza con il no dei tre finiani e dopo un tentativo (fallito) in extremis del ministro Giorgia Meloni di rinviare la chiusura della pratica almeno di 24 ore.

Alla fine Berlusconi ha preteso che il testo non lasciasse adito ad alcun dubbio (anche agli occhi egli elettori) che lui stava mettendo il cofondatore alla porta. Da qui l'accusa a Fini di essere "incompatibile" con i valori del partito, di fare 'intelligenza' con il nemico delle procure e con chi dà sostegno alla tesi di un patto criminale tra mafia e governo. Ma soprattutto quella conclusione sul venir del suo ruolo super partes di presidente della Camera. E poco cambia se l'ex colonnello di An, Ignazio la Russa, sia riuscito a far aggiungere quel "allo stato" che sembra lasciare uno spiraglio per il futuro.

Questa serie di ricostruzioni, però, non trova riscontri a palazzo Chigi. In una nota si legge: "Predomina stamane su molti quotidiani il festival delle ricostruzioni di pura, scatenata, libera fantasia. Neanche una dettagliata conferenza stampa a tarda ora è bastata a placare l'attribuzione di frasi virgolettate che il presidente Berlusconi nei confronti di tutti e di tutto non ha mai pronunciato".

In fin dei conti cambia poco. Perché quello che vuole ora Silvio Berlusconi lo aveva già detto la ormai famosa Direzione del 22 aprile: Fini deve togliere il disturbo e liberare lo scranno più alto di Montecitorio.

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