Due cittadini su tre non ricordano che nel 2011 ricorre l'anniversario, ma a grande maggioranza ritengono importante celebrarlo. Un sondaggio Civicom-Demoskopea rivela anche che il 95% delle persone oggi direbbe sì a un referendum sull'unificazione
di Serenella Mattera
L’Italia unita compie 150 anni? Due italiani su tre non lo sanno. Ma in compenso se fossero catapultati nel 1861 e potessero esprimere il loro voto in un referendum (o, come si usava allora, un plebiscito) per promuovere o bocciare l’unificazione, non avrebbero dubbi: il 95% direbbe sì a una sola Italia. Un sì corale, da Nord a Sud. Con buona pace della Lega, infatti, anche nelle terre padane solo una sparuta minoranza (il 7%) preferirebbe cambiare il corso della storia e dividere lo stivale.
Lo rivela un sondaggio realizzato da Demoskopea per Civicom e la Rivista italiana di comunicazione pubblica. Un’indagine compiuta su un campione di mille persone dai 14 anni in su, alla vigilia di una ricorrenza, il centocinquantenario dello Stato italiano nel 2011, che già ha generato dibattito e numerose polemiche. Ma che, a quanto pare, non ha fatto breccia nella mente e nel cuore del 68% degli intervistati, che interrogati sull'anniversario imminente, hanno fatto scena muta.
“L’Italia è fatta, ora dovremo fare gli italiani”, diceva Massimo D’Azeglio all’indomani della nascita dello Stato italiano. Perciò oggi Civicom si chiede: “Gli italiani sono fatti?”, qual è la percezione del processo di unificazione? Ebbene, come visto, la stragrande maggioranza delle persone non tornerebbe indietro. Solo il 5% sceglierebbe la via della divisione, per motivi diversi: “nostalgie neo monarchiche, malcontento per la gestione dello Stato centrale, orientamento alla divisione Nord-Sud”. Ma in generale, riassume Stefano Rolando, direttore della Rivista italiana di comunicazione pubblica, “gli italiani ci tengono a essere 'popolo italiano'”.
Non solo. A dispetto dell’ignoranza rispetto all’anniversario (i più informati sono i meno giovani e i più colti), una volta appreso della ricorrenza il 77% delle persone si dichiara convinto che debba essere celebrata “adeguatamente”. E che il modo migliore per farlo sarebbe attraverso iniziative didattiche nelle scuole (51%), con un investimento sulle nuove generazioni. In aggiunta, tante piccole feste da tenersi in diverse città (37%), sarebbero più gradite di una grande festa a Roma (27%). Mentre pochissimi considerano una buona idea un monumento (18%), un evento al Quirinale (15%) o una mostra itinerante (14%).
Dunque, il primo problema da risolvere perché il 150esimo anniversario dello Stato italiano non cada nel vuoto, è un problema di comunicazione. Se n’è parlato, è vero. Con un dibattito che ha raggiunto toni molto polemici, soprattutto da parte della Lega. Ma “evidentemente – dice Simona Beltrame, amministratore delegato di Demoskopea – si è tenuta una discussione un po’ troppo alta, che non è arrivata alla gente”. No alla retorica e sì a linguaggi rivisitati, chiedono i giovani. Ma più in generale, “mi pare che il Paese – dice Rolando, che è docente di Teorie e tecniche di comunicazione pubblica – non abbia un regia della comunicazione, che non può ridursi a uno spot e alla diffusione di una brochure, ma deve svilupparsi in un percorso di eventi e occasioni di approfondimento che abbiano alla base un progetto strategico”.
Alla presentazione della ricerca è intervenuto Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’unità. L’ex premier ha sottolineato che la domanda che più di tutte conta oggi è: “Riusciremmo a vivere senza l’Italia unita?”. La risposta è: no. “Tutti i problemi che l’Italia ha avuto, non possono essere utilizzati per mettere in discussione l’esserci dell’Italia. E non saremmo capaci - ha detto Amato - di immaginare un'identità alternativa a quella che ci offre lo Stato nazionale”.
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Lo rivela un sondaggio realizzato da Demoskopea per Civicom e la Rivista italiana di comunicazione pubblica. Un’indagine compiuta su un campione di mille persone dai 14 anni in su, alla vigilia di una ricorrenza, il centocinquantenario dello Stato italiano nel 2011, che già ha generato dibattito e numerose polemiche. Ma che, a quanto pare, non ha fatto breccia nella mente e nel cuore del 68% degli intervistati, che interrogati sull'anniversario imminente, hanno fatto scena muta.
“L’Italia è fatta, ora dovremo fare gli italiani”, diceva Massimo D’Azeglio all’indomani della nascita dello Stato italiano. Perciò oggi Civicom si chiede: “Gli italiani sono fatti?”, qual è la percezione del processo di unificazione? Ebbene, come visto, la stragrande maggioranza delle persone non tornerebbe indietro. Solo il 5% sceglierebbe la via della divisione, per motivi diversi: “nostalgie neo monarchiche, malcontento per la gestione dello Stato centrale, orientamento alla divisione Nord-Sud”. Ma in generale, riassume Stefano Rolando, direttore della Rivista italiana di comunicazione pubblica, “gli italiani ci tengono a essere 'popolo italiano'”.
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Dunque, il primo problema da risolvere perché il 150esimo anniversario dello Stato italiano non cada nel vuoto, è un problema di comunicazione. Se n’è parlato, è vero. Con un dibattito che ha raggiunto toni molto polemici, soprattutto da parte della Lega. Ma “evidentemente – dice Simona Beltrame, amministratore delegato di Demoskopea – si è tenuta una discussione un po’ troppo alta, che non è arrivata alla gente”. No alla retorica e sì a linguaggi rivisitati, chiedono i giovani. Ma più in generale, “mi pare che il Paese – dice Rolando, che è docente di Teorie e tecniche di comunicazione pubblica – non abbia un regia della comunicazione, che non può ridursi a uno spot e alla diffusione di una brochure, ma deve svilupparsi in un percorso di eventi e occasioni di approfondimento che abbiano alla base un progetto strategico”.
Alla presentazione della ricerca è intervenuto Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’unità. L’ex premier ha sottolineato che la domanda che più di tutte conta oggi è: “Riusciremmo a vivere senza l’Italia unita?”. La risposta è: no. “Tutti i problemi che l’Italia ha avuto, non possono essere utilizzati per mettere in discussione l’esserci dell’Italia. E non saremmo capaci - ha detto Amato - di immaginare un'identità alternativa a quella che ci offre lo Stato nazionale”.
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