Audizione del ministro per la Semplificazione alla commissione bicamerale sull'attuazione di quella che il Carroccio ritiene la madre delle riforme. La quale però "funzionerà solo se si fanno insieme il codice delle autonomie e le riforme costituzionali"
Il 27 aprile s'è tenuta l'audizione del ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli alla Commissione parlamentare per l'Attuazione del Federalismo Fiscale. Calderoli ha voluto in primo luogo sgombrare il campo da ogni possibile critica, rilevando come l'esame del testo del provvedimento "sia stato condiviso a tutti i livelli".
Il ministro s'è poi soffermato in particolare sul decreto attuativo, che riguarderà l'autonomia impositiva dei Comuni e che "ci consente di affrontare anche questioni legate al patto di stabilità". Al riguardo Calderoli ha ricordato che era già trapelata qualche indiscrezione sui giornali, ma ha contemporaneamente puntualizzato: "Lo ribadisco qui ufficialmente: nessuna ha intenzione di reintrodurre l'Ici. Il nostro obiettivo è non solo quello dell'autonomia impositiva, ma anche la semplificazione di quelle che sono le entrate tributarie e non degli enti locali". "La nostra idea - ha sottolineato il ministro - è quella di arrivare a un'unificazione in una cosiddetta service tax, legata a tutti quelli che sono i servizi che un ente locale gestisce e offre al cittadino. Stiamo facendo un lavoro di sfoltimento".
In ogni caso attuare unicamente il federalismo fiscale significherebbe non farlo decollare perché, come ha rilevato Calderoli, "da solo non basta; esso funziona, se si fanno insieme il codice delle autonomie e le riforme costituzionali". Circa quest'ultimo aspetto è stato osservato che esiste già una condivisione su temi come la fine del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero dei parlamentari. Il ministro s'è detto favorevole a un'ipotesi di "bicameralismo paritario e specializzato", nel senso però di "due rami del Parlamento, che svolgono compiti diversi". Sì, anche a una rivisitazione degli articoli 117 e 116 della Carta costituzionale, perché "la possibilità che alcune regioni possano avere ulteriori competenze rispetto ad altre è condivisibile; ma così come l'articolo è conformato oggi, no".
Toccato anche il tema dell'ipotesi governativa di cancellare le province, la quale però potrà essere attuata solo dopo aver fatto saltare gli oltre "34mila enti intermedi, che sfuggono al controllo non solo del voto ma anche contabile". Calderoli ha spiegato: "Abbiamo sospeso l'esame che vi era sulla soppressione delle province, per procedere a una razionalizzazione dell'esistente riportando in capo ai soggetti interessati le funzioni".
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Il ministro s'è poi soffermato in particolare sul decreto attuativo, che riguarderà l'autonomia impositiva dei Comuni e che "ci consente di affrontare anche questioni legate al patto di stabilità". Al riguardo Calderoli ha ricordato che era già trapelata qualche indiscrezione sui giornali, ma ha contemporaneamente puntualizzato: "Lo ribadisco qui ufficialmente: nessuna ha intenzione di reintrodurre l'Ici. Il nostro obiettivo è non solo quello dell'autonomia impositiva, ma anche la semplificazione di quelle che sono le entrate tributarie e non degli enti locali". "La nostra idea - ha sottolineato il ministro - è quella di arrivare a un'unificazione in una cosiddetta service tax, legata a tutti quelli che sono i servizi che un ente locale gestisce e offre al cittadino. Stiamo facendo un lavoro di sfoltimento".
In ogni caso attuare unicamente il federalismo fiscale significherebbe non farlo decollare perché, come ha rilevato Calderoli, "da solo non basta; esso funziona, se si fanno insieme il codice delle autonomie e le riforme costituzionali". Circa quest'ultimo aspetto è stato osservato che esiste già una condivisione su temi come la fine del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero dei parlamentari. Il ministro s'è detto favorevole a un'ipotesi di "bicameralismo paritario e specializzato", nel senso però di "due rami del Parlamento, che svolgono compiti diversi". Sì, anche a una rivisitazione degli articoli 117 e 116 della Carta costituzionale, perché "la possibilità che alcune regioni possano avere ulteriori competenze rispetto ad altre è condivisibile; ma così come l'articolo è conformato oggi, no".
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