Conferenza delle regioni: con i nuovi equilibri salta tutto
PoliticaA fine aprile scade il mandato di Vasco Errani come rappresentante delle regioni. Un'occasione per il centrodestra per neutralizzare un organismo spesso critico. A patto che la Sicilia sia d'accordo
I DATI SULL'AFFLUENZA
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I primi effetti del voto di domenica 28 e lunedì 29 marzo potrebbero esserci già a fine aprile. Con la tornata elettorale infatti è andata in scadenza anche la Conferenza delle Regioni, l'organismo che riunisce e coordina il lavoro delle 20 regioni e delle due province autonome di Trento e Bolzano. Negli ultimi cinque anni presidente della Conferenza è stato Vasco Errani, che poteva contare su una maggioranza netta dei voti a suo favore. E non poche volte la conferenza è stata una spina nel fianco per il governo Berlusconi. Con il voto del fine settimana il centro destra non ha ottenuto la maggioranza, ma ha quanto meno parificato i conti. O quasi.
Il centrosinistra, infatti, ha dalla sua parte undici voti Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Puglia, Basilicata, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e le due province autonome di Bolzano e Trento (che hanno un voto ciascuna). Il centro destra può contare su altrettanti voti: Lombardia, Piemonte, Friuli, Veneto, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Sardegna. E Sicilia. Già, le prossime spine nel fianco potrebbero però venire proprio dalla regione isolana. Perché ultimamente il governatore Lombardo non si sente molto vicino a questa maggioranza. E potrebbe far pesare il suo voto nella conferenza.
Secondo lo statuto il presidente della Conferenza dovrebbe essere eletto all'unanimità, almeno nelle prime due votazioni. Il voto a maggioranza scatta solo alla terza votazione. Essendo però un organismo di coordinamento più che politico fino ad oggi si è sempre cercato di trovare un accordo all'unanimità. Roberto Formigoni ha già fatto sapere di non essere interessato al ruolo, sospettoso probabilmente delle pastoie nelle quali rischierebbe di restare infoiato. E il blog The Frontpage, orecchio attento a molti movimenti di palazzo, non esclude una possibile presidenza "di garanzia" che metta d'accordo tutti. Soprattutto il premier.
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I primi effetti del voto di domenica 28 e lunedì 29 marzo potrebbero esserci già a fine aprile. Con la tornata elettorale infatti è andata in scadenza anche la Conferenza delle Regioni, l'organismo che riunisce e coordina il lavoro delle 20 regioni e delle due province autonome di Trento e Bolzano. Negli ultimi cinque anni presidente della Conferenza è stato Vasco Errani, che poteva contare su una maggioranza netta dei voti a suo favore. E non poche volte la conferenza è stata una spina nel fianco per il governo Berlusconi. Con il voto del fine settimana il centro destra non ha ottenuto la maggioranza, ma ha quanto meno parificato i conti. O quasi.
Il centrosinistra, infatti, ha dalla sua parte undici voti Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Puglia, Basilicata, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e le due province autonome di Bolzano e Trento (che hanno un voto ciascuna). Il centro destra può contare su altrettanti voti: Lombardia, Piemonte, Friuli, Veneto, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Sardegna. E Sicilia. Già, le prossime spine nel fianco potrebbero però venire proprio dalla regione isolana. Perché ultimamente il governatore Lombardo non si sente molto vicino a questa maggioranza. E potrebbe far pesare il suo voto nella conferenza.
Secondo lo statuto il presidente della Conferenza dovrebbe essere eletto all'unanimità, almeno nelle prime due votazioni. Il voto a maggioranza scatta solo alla terza votazione. Essendo però un organismo di coordinamento più che politico fino ad oggi si è sempre cercato di trovare un accordo all'unanimità. Roberto Formigoni ha già fatto sapere di non essere interessato al ruolo, sospettoso probabilmente delle pastoie nelle quali rischierebbe di restare infoiato. E il blog The Frontpage, orecchio attento a molti movimenti di palazzo, non esclude una possibile presidenza "di garanzia" che metta d'accordo tutti. Soprattutto il premier.