Veline in politica? Tutto iniziò con Flavia Vento
PoliticaLa showgirl romana è stata l'"anello di congiunzione tra la soubrette e la velina candidata". Lo sostiene Caterina Soffici in "Ma le donne no" (Feltrinelli), una documentata analisi sul ruolo delle donne nel nostro Paese. Leggi un estratto del libro
di Caterina Soffici
Come si arriva all’elezione della velina Barbara Matera al Parlamento europeo? Quando l’uso strumentale del corpo si impone al punto da diventare esso stesso messaggio politico?
Per raccontare questa storia è necessario fare un passo indietro al settembre 2004 e a un nome: Flavia Vento.
È lei l’anello di congiunzione tra la soubrette e la velina candidata. È lei la donna di Neanderthal del darwinismo velinistico e infatti si è estinta prima che la specie si fissasse in un archetipo, cosa che avverrà di lì a poco con Maria Rosaria Carfagna, in arte Mara. La Vento – già nota come musa del “Lotto alle otto” e come “ragazza del cubo” della trasmissione televisiva “Libero” condotta da Teo Mammuccari – diventa un caso mediatico quando, nell’estate del 2004, si schiera con l’Ulivo e il suo discorso d’esordio alla festa della Margherita impietosamente impazza su Internet, dove è impossibile censurare le sue dichiarazioni surreali, il balbettio, le frasi sconnesse.
Interrotta dalle continue risate del pubblico, la showgirl si dice disposta a metterci “anche la faccia per degli ideali, che sono appunto la guerra” e si dichiara favorevole a una “legge più severa contro gli animali”.
La platea fischia e ulula, lei non si capacita del perché il pubblico faccia tanto rumore e chiede di “alzare il silenzio”. Nella trasmissione del Lotto la Vento interpreta la Fortuna che in quel caso è muta oltre che cieca.
Nel programma “Libero”, la sua presenza sotto il tavolo di plexiglass, dove il conduttore tiene i telefoni per gli scherzi telefonici, dovrebbe essere una parodia della velina che imperversa ormai in ogni trasmissione. La Vento esce ogni tanto per intonare canzoni volutamente stonate e poi torna nel suo cubo trasparente, a rappresentare la valletta senza voce scelta solo per la veemenza delle sue forme e incapace di fare alcunché. Ma la sua scesa in campo nella politica rappresenta la vera svolta. A lei spetta a tutti gli effetti il ruolo di protovelina. Flavia Vento, in questa storia darwinista del velinismo, è il gradino dove lo spettacolo sconfina nella politica.
Con lei il velinismo muove i primi passi nel mondo della politica e in lei si intuiscono le caratteristiche del fenomeno che si consoliderà nel giro di una legislatura. Lo spettacolo e la politica si annusano e saggiano la possibilità di scambiarsi reciprocamente visibilità.
Qualcuno azzarda un paragone con Cicciolina, ma è un raffronto impossibile. Cicciolina è la preistoria del velinismo: allora la carne e il sesso sbarcarono nell’aula di Montecitorio manovrate dall’istrionismo di Pannella il quale la vezzeggia come “scemolina”; Cicciolina entra in Parlamento da pornostar, ma il suo personaggio politico si evolve velocemente e lei diventa in qualche modo credibile. Il serpente, il suo abbigliamento, il corpo stesso di Cicciolina hanno una funzione di rottura nella fase iniziale, poi il porno si perde per strada e rimane la diva, ossia solo lo spettacolo. I due piani, la politica e lo spettacolo, non si mischiano.
La Vento invece vuole mescolare i piani. Ma infila papere una dietro l’altra. Racconta di fare volontariato “in un canile dove c’erano cani morti che si mangiavano tra loro”. Vorrebbe candidarsi per “sconfiggere il male” e dichiara seria: “Quando vedo un bambino per strada e gli do dei soldi sono felice”. Per lei il “Muro di Berlino è caduto nel 1968” e la “New Age è una musica rilassante che si ascolta contro lo stress”. È straordinaria perché non pretende di sapere. Si arrabbia: “Mi fate le domande per mettermi in difficoltà, segno di maschilismo e di snobismo”. Accusa i giornali di manipolare i suoi scivoloni per colpirla, e sbotta: “E suggeritemi, no!”. Le primarie? “Sono [...] quelle in cui la sinistra elegge Prodi e la destra Berlusconi”. Sulla devolution e Umberto Bossi cade dalle nuvole: “Il ministro che la propone? È... È... non lo so”. Le sue apparizioni in televisione sbancano l’audience. Alla trasmissione “Cronache marziane”, sottoposta a un quiz paradossale sulla politica, si arrabbia per una domanda sul Parlamento: “Ma insomma, sto cominciando adesso! Chiedetemi le primarie, chiedetemi la devoluscion. Quelle adesso le so!”.
Non finisce di andare in onda che al centralino della trasmissione arrivano seimila messaggi. I più ferocemente contrari, ma alcuni stranamente affettuosi, perché la sua ingenuità fa tenerezza e una parte d’Italia si identifica nella sua spontaneità: “Flavia, sei irresistibile come il Vento”.
L’effetto Vento oscura addirittura la nomina di Elisabetta Gardini a portavoce di Forza Italia. Anche la Gardini viene dalla televisione – è arrivata alla notorietà come presentatrice del Festival di Sanremo, “Unomattina” e “Domenica in” –, ma ha pure un passato come attrice nella bottega di Vittorio Gassman. Nel 1994 aveva già tentato l’avventura politica candidandosi per il Patto Segni nella cattolicissima Padova, dove peraltro era uscita sconfitta dalla laicissima Emma Bonino. Di fronte alla leggerezza mediatica della Vento, la Gardini pare un gigante. Con i vertici della Margherita imbarazzati dalle uscite della showgirl, il portavoce di Rutelli prova a ironizzare: “Vorrà dire che, quando per Forza Italia parlerà Elisabetta Gardini, noi le faremo rispondere da Flavia Vento”.
Un match impari, ma anche la Gardini ci mette del suo. Rimangono negli annali delle cronache parlamentari la scena della Consob alla trasmissione “Le Iene” (“Cos’è la Consob?” “La Consob... hmm non lo so cos’è... Me lo dica lei... l’abbiamo sentita sempre... lo sappiamo cos’è la Consob.”) e l’indimenticabile e ancor più surreale diverbio con il deputato transessuale di Rifondazione Vladimiro Guadagno, in arte Luxuria, reo di aver usato la toilette femminile di Montecitorio.
“Trovare Guadagno nel bagno delle donne mi ha provocato un trauma,” protesta la Gardini che vorrebbe ricacciare Luxuria nei cessi degli uomini perché vede nell’uso “improprio” del bagno femminile da parte di un transessuale un pericoloso sdoganamento del terzo sesso, prodromo di un sicuro attacco ai valori della famiglia tradizionale, nonché deriva verso una lascivia dei costumi decisamente pericolosa per la democrazia. Ma la parabola politica della Vento è destinata a concludersi velocemente.
La soubrette ulivista rimane comunque una decorazione al margine della politica. Lei intuisce che deve alzare il tiro, osare di più. È ignorante ma furba, e capisce che deve cercare di ottenere un ruolo politico.
Alle Regionali del 2005 si allontana dalla Margherita e viene candidata nel Lazio con il nuovo Pli, lista di destra che appoggia la presidenza di Francesco Storace. Prenderà 27 preferenze: il risultato elettorale disastroso la rispedisce da dove è venuta, nel mondo delle showgirl.
Si sentirà parlare ancora di lei in Vallettopoli per un presunto ricatto al bomber della Roma Francesco Totti e nel 2008 la troveremo fra i partecipanti dell’“Isola dei famosi”. Fine.
© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione in “Serie Bianca” febbraio 2010 Published by arrangement with Marco Vigevani Agenzia Letteraria
Tratto da Caterina Soffici, Ma le donne no, Feltrinelli, pp.202, euro 14
Caterina Soffici, fiorentina, vive a Milano con il marito e i due figli. Ha lavorato per “Paese Sera”, “la Repubblica”, “Italia Oggi”, “L’Indipendente”. Per dieci anni, fino al 2008, è stata la responsabile delle pagine culturali del “Giornale”. Ha collaborato a programmi televisivi e radiofonici per Rai Due e Radio3. Scrive di cultura e attualità per “il Riformista” e “Vanity Fair”.
Come si arriva all’elezione della velina Barbara Matera al Parlamento europeo? Quando l’uso strumentale del corpo si impone al punto da diventare esso stesso messaggio politico?
Per raccontare questa storia è necessario fare un passo indietro al settembre 2004 e a un nome: Flavia Vento.
È lei l’anello di congiunzione tra la soubrette e la velina candidata. È lei la donna di Neanderthal del darwinismo velinistico e infatti si è estinta prima che la specie si fissasse in un archetipo, cosa che avverrà di lì a poco con Maria Rosaria Carfagna, in arte Mara. La Vento – già nota come musa del “Lotto alle otto” e come “ragazza del cubo” della trasmissione televisiva “Libero” condotta da Teo Mammuccari – diventa un caso mediatico quando, nell’estate del 2004, si schiera con l’Ulivo e il suo discorso d’esordio alla festa della Margherita impietosamente impazza su Internet, dove è impossibile censurare le sue dichiarazioni surreali, il balbettio, le frasi sconnesse.
Interrotta dalle continue risate del pubblico, la showgirl si dice disposta a metterci “anche la faccia per degli ideali, che sono appunto la guerra” e si dichiara favorevole a una “legge più severa contro gli animali”.
La platea fischia e ulula, lei non si capacita del perché il pubblico faccia tanto rumore e chiede di “alzare il silenzio”. Nella trasmissione del Lotto la Vento interpreta la Fortuna che in quel caso è muta oltre che cieca.
Nel programma “Libero”, la sua presenza sotto il tavolo di plexiglass, dove il conduttore tiene i telefoni per gli scherzi telefonici, dovrebbe essere una parodia della velina che imperversa ormai in ogni trasmissione. La Vento esce ogni tanto per intonare canzoni volutamente stonate e poi torna nel suo cubo trasparente, a rappresentare la valletta senza voce scelta solo per la veemenza delle sue forme e incapace di fare alcunché. Ma la sua scesa in campo nella politica rappresenta la vera svolta. A lei spetta a tutti gli effetti il ruolo di protovelina. Flavia Vento, in questa storia darwinista del velinismo, è il gradino dove lo spettacolo sconfina nella politica.
Con lei il velinismo muove i primi passi nel mondo della politica e in lei si intuiscono le caratteristiche del fenomeno che si consoliderà nel giro di una legislatura. Lo spettacolo e la politica si annusano e saggiano la possibilità di scambiarsi reciprocamente visibilità.
Qualcuno azzarda un paragone con Cicciolina, ma è un raffronto impossibile. Cicciolina è la preistoria del velinismo: allora la carne e il sesso sbarcarono nell’aula di Montecitorio manovrate dall’istrionismo di Pannella il quale la vezzeggia come “scemolina”; Cicciolina entra in Parlamento da pornostar, ma il suo personaggio politico si evolve velocemente e lei diventa in qualche modo credibile. Il serpente, il suo abbigliamento, il corpo stesso di Cicciolina hanno una funzione di rottura nella fase iniziale, poi il porno si perde per strada e rimane la diva, ossia solo lo spettacolo. I due piani, la politica e lo spettacolo, non si mischiano.
La Vento invece vuole mescolare i piani. Ma infila papere una dietro l’altra. Racconta di fare volontariato “in un canile dove c’erano cani morti che si mangiavano tra loro”. Vorrebbe candidarsi per “sconfiggere il male” e dichiara seria: “Quando vedo un bambino per strada e gli do dei soldi sono felice”. Per lei il “Muro di Berlino è caduto nel 1968” e la “New Age è una musica rilassante che si ascolta contro lo stress”. È straordinaria perché non pretende di sapere. Si arrabbia: “Mi fate le domande per mettermi in difficoltà, segno di maschilismo e di snobismo”. Accusa i giornali di manipolare i suoi scivoloni per colpirla, e sbotta: “E suggeritemi, no!”. Le primarie? “Sono [...] quelle in cui la sinistra elegge Prodi e la destra Berlusconi”. Sulla devolution e Umberto Bossi cade dalle nuvole: “Il ministro che la propone? È... È... non lo so”. Le sue apparizioni in televisione sbancano l’audience. Alla trasmissione “Cronache marziane”, sottoposta a un quiz paradossale sulla politica, si arrabbia per una domanda sul Parlamento: “Ma insomma, sto cominciando adesso! Chiedetemi le primarie, chiedetemi la devoluscion. Quelle adesso le so!”.
Non finisce di andare in onda che al centralino della trasmissione arrivano seimila messaggi. I più ferocemente contrari, ma alcuni stranamente affettuosi, perché la sua ingenuità fa tenerezza e una parte d’Italia si identifica nella sua spontaneità: “Flavia, sei irresistibile come il Vento”.
L’effetto Vento oscura addirittura la nomina di Elisabetta Gardini a portavoce di Forza Italia. Anche la Gardini viene dalla televisione – è arrivata alla notorietà come presentatrice del Festival di Sanremo, “Unomattina” e “Domenica in” –, ma ha pure un passato come attrice nella bottega di Vittorio Gassman. Nel 1994 aveva già tentato l’avventura politica candidandosi per il Patto Segni nella cattolicissima Padova, dove peraltro era uscita sconfitta dalla laicissima Emma Bonino. Di fronte alla leggerezza mediatica della Vento, la Gardini pare un gigante. Con i vertici della Margherita imbarazzati dalle uscite della showgirl, il portavoce di Rutelli prova a ironizzare: “Vorrà dire che, quando per Forza Italia parlerà Elisabetta Gardini, noi le faremo rispondere da Flavia Vento”.
Un match impari, ma anche la Gardini ci mette del suo. Rimangono negli annali delle cronache parlamentari la scena della Consob alla trasmissione “Le Iene” (“Cos’è la Consob?” “La Consob... hmm non lo so cos’è... Me lo dica lei... l’abbiamo sentita sempre... lo sappiamo cos’è la Consob.”) e l’indimenticabile e ancor più surreale diverbio con il deputato transessuale di Rifondazione Vladimiro Guadagno, in arte Luxuria, reo di aver usato la toilette femminile di Montecitorio.
“Trovare Guadagno nel bagno delle donne mi ha provocato un trauma,” protesta la Gardini che vorrebbe ricacciare Luxuria nei cessi degli uomini perché vede nell’uso “improprio” del bagno femminile da parte di un transessuale un pericoloso sdoganamento del terzo sesso, prodromo di un sicuro attacco ai valori della famiglia tradizionale, nonché deriva verso una lascivia dei costumi decisamente pericolosa per la democrazia. Ma la parabola politica della Vento è destinata a concludersi velocemente.
La soubrette ulivista rimane comunque una decorazione al margine della politica. Lei intuisce che deve alzare il tiro, osare di più. È ignorante ma furba, e capisce che deve cercare di ottenere un ruolo politico.
Alle Regionali del 2005 si allontana dalla Margherita e viene candidata nel Lazio con il nuovo Pli, lista di destra che appoggia la presidenza di Francesco Storace. Prenderà 27 preferenze: il risultato elettorale disastroso la rispedisce da dove è venuta, nel mondo delle showgirl.
Si sentirà parlare ancora di lei in Vallettopoli per un presunto ricatto al bomber della Roma Francesco Totti e nel 2008 la troveremo fra i partecipanti dell’“Isola dei famosi”. Fine.
© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione in “Serie Bianca” febbraio 2010 Published by arrangement with Marco Vigevani Agenzia Letteraria
Tratto da Caterina Soffici, Ma le donne no, Feltrinelli, pp.202, euro 14
Caterina Soffici, fiorentina, vive a Milano con il marito e i due figli. Ha lavorato per “Paese Sera”, “la Repubblica”, “Italia Oggi”, “L’Indipendente”. Per dieci anni, fino al 2008, è stata la responsabile delle pagine culturali del “Giornale”. Ha collaborato a programmi televisivi e radiofonici per Rai Due e Radio3. Scrive di cultura e attualità per “il Riformista” e “Vanity Fair”.