No-B Day, la prima volta (politica) della rete italiana

Politica
Decine di migliaia di persone nella capitale per il "No B Day": il corteo era aperto dallo striscione "Berlusconi dimissioni"
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Dopo anni di sfogatoio online, gli utenti italiani riescono a stravolgere l'agenda politica e a invadere le piazze reali. Fenomenologia di un'onda viola che non sarebbe mai nata senza Facebook. FOTO E VIDEO

di Nicola Bruno

Per chi segue il dibattito su web e politica non ci sono dubbi: questa è la vera "prima volta" per la rete italiana. La scommessa è stata vinta: le 350mila adesioni si sono trasformate in altrettante presenze nelle piazza italiane e del mondo (guarda le foto). Dopo anni di mobilitazioni e attivismo online, gli utenti del Belpaese sono così usciti dal comodo sfogatoio virtuale. E sono arrivati a invadare le piazze reali. La "prima volta" se si escludono ovviamente i vari Vaffa Day di Beppe Grillo: "La dinamica verticale dell’audience di Grillo, pur se aggregata su Internet, non differenzia molto i Vaffa Day dalle mobilitazioni popolari accese da partiti politici o sindacati. Internet è in quei casi solo il mezzo attraverso il quale comunicare tempi e modi delle decisioni di pochi", fa notare il blogger Massimo Mantellini.

Invece questa volta non c'è stata nessuna star, nessuna bandiera politica, nessun vecchio media a fare da cassa di risonanza. Tutto è partito online, in maniera orizzontale: dal primo gruppo nato su Facebook lo scorso 9 ottobre per mano di cinque utenti, agli inviti propagatesi in maniera virale tra gli oltre 12 milioni di italiani iscritti al social network (chi di voi non l'ha ricevuto?), fino al traguardo impensabile di oltre 362mila adesioni (anzi "fan", per essere più precisi) e manifestazioni analoghe organizzate nel resto del mondo. Ma a sorprendere è stata soprattutto la capacità di irrompere nel dibattito politico (vedi la querelle del Partito Democratico: No-B Day si/no) e mobilitare una platea eterogenea di giovani e adulti. Non solo gli arrabbiati e gli scandalizzati anti-Silvio Berlusconi, ma soprattutto i delusi. Quelli che non si sentono più rappresentati dalle vecchie forme di partecipazione politica (partiti, elezioni, circoli sul territorio).

Per riuscire ad aggregare questa massa eterogenea di cittadini, senza ideologie e senza appartenenza politica, serviva uno strumento neutro e per davvero orizzontale come Facebook: "La pagina Facebook, che non è stata pagata e non richiede gestione tecnologica, non è uno sfogatoio ma un modello di organizzazione - ha scritto Vittorio Zambardino su Repubblica - Sulla banda laterale sinistra ci sono i contatti, sotto forma di link, a 103 "pagine" locali (non ci sono "sezioni", non ci sono strutture fisiche), che a loro volta raccolgono adesioni e organizzano i pullman per la manifestazioni. Si aggiungono 38 pagine aperte da persone residenti in città straniere, da Sidney a Londra, da Barcellona a Dakar".

E ovviamente Facebook è stata solo la miccia, la tecnologia abilitante, ma l'onda viola si è presto propagata dappertutto in rete: c'è il sito che fa da super-aggregatore. C'è la NBD-Tv, dove sono stati lanciati i video-appelli, oltre agli account Twitter e decine di altri servizi 2.0.
Certo, finita la manifestazione di Piazza San Giovanni, in molti si chiedono cosa diventerà quest'onda viola che ha travolto la rete e le piazze italiane. Cosa resterà di questa piattaforma di protesta che "non parla di politica, ma ha al centro solo la priorità che Berlusconi si faccia processare, e usa un linguaggio travaglista e un po’ fascista sulle pretese indulgenze dell'opposizione", come ha notato il blogger Luca Sofri.

"Facile" aggregare 350mila persone contro qualcosa (dicono oggi i detrattori dell'iniziativa), ma questi migliaia di "fan" riusciranno a trasformare la protesta in proposta? Incideranno davvero anche quando si andrà alle urne per eleggere democraticamente i propri rappresentanti? Oppure, come sostiene lo studioso Evgeny Morozov di Foreign Policy, si dissolverà tutto in slacktivism? Ovvero quell' "attivismo debole" che sembra caratterizzare le forme di partecipazione politica online. Quello che dura il tempo di un click su un social network, di un banner messo sul proprio blog e un "Mi piace" su Facebook. E che, in rari casi, riesce anche a portare qualche migliaio di persone in piazza, salvo poi dissolversi inevitabilmente nel nulla il giorno dopo.

Difficile dirlo ora ed è inutile fare i profeti. Quel che è certo è che oggi per la prima volta la rete italiana ha rotto un tabù: il passaggio dal chiacchiericcio innocuo online alla prova di forza nelle piazza reali. Perché nella politica liquida dei social network, cambiano gli strumenti, le gerarchie, le modalità organizzative, ma una cosa resta sempre: la piazza, non solo virtuale (Facebook) ma anche reale.

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