Fini: "Il processo breve non è riforma della giustizia"

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Il presidente della Camera interviene nel giorno della presentazione del ddl al Senato. E aggiunge: "Si potrebbe ripartire dalla bozza Violante che può diventare legge in pochi mesi"

Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ritiene sia giusto discutere di un disegno di legge che garantisca tempi certi per i processi, ma avverte che questo non può essere confuso con la riforma della giustizia. "Si può discutere sulla bontà del disegno di legge su tempi certi e brevi del processo, posso dire che ci devono essere risorse per garantire che i processi siano brevi ma questa - ha detto durante la presentazione del suo libro 'Il futuro della libertà' a Milano - non è la riforma della giustizia, non mescoliamo le cose che stanno su piani diversi". "Credo sia giusto - ha proseguito - che il Parlamento discuta del disegno di legge, valuti eventuali profili di incostituzionalità e l'impatto sui processi pendenti ma non è riforma della giustizia solo la legge sulla durata dei processi". E mentre la maggioranza difende l'impianto del disegno di legge dall'opposisizione non mancano le critiche: "Via il processo breve e si potrà così dialogare sulla giustizia", dice il Pd. Un iter, quello del ddl, iniziato in un clima di conflittualità tale da spingere il presidente del Senato Renato Schifani a lanciare un appello di contenimento dei toni. Ma la tensione resta, l'Italia dei Valori conferma la raccolta di firme per un referendum abrogativo del del testo sul processo breve. Il presidente della Camera a Milano ha parlato anche di riforme, indicando nella bozza Violante un possibile punto di partenza . "Se al Pd non hanno cambiato opinione - ha detto Fini – sulla riforma di uno dei due rami del Parlamento, la bozza Violante potrebbe essere in pochi mesi discussa e votata da Camera e Senato e diventare legge dello Stato. E' un'eresia dire: facciamo in modo condiviso tutto ciò che si può fare?".

Fini è poi ritornato a parlare dei temi relativi all’etica pubblica, sostenendo che per una questione di opportunità non si devono candidare politici indagati. "E’ necessario - ha spiegato il presidente della Camera - evitare da parte del ceto politico di alimentare certi luoghi comuni. E’ necessario evitare che ritornino copertine come quelle del Der Spiegel con gli spaghetti e la pistola. Quando decidiamo le candidature evitiamo di candidare chi è indagato, anche se dobbiamo considerarlo certamente innocente fino a prova contraria. E’ un problema di opportunità e di etica pubblica’’.

Fini ha detto comunque che "non è uno scandalo" parlare di immunità parlamentare anche perché "i parlamentari europei hanno prerogative diverse da quelli nazionali, questa cosa può essere oggetto di discussione".

Per quanto riguarda il futuro panorama politico, la terza carica dello Stato ha detto di non preoccuparsi “né della successione a Berlusconi né a ciò che è relativo all’azione quotidiana del governo". "Mi interesso - ha detto - a quella che definisco la permanente attualità e cioè a quei temi attuali che sono destinati a durare nel tempo".

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