Il governatore del Lazio si racconta in un'intervista a La Repubblica: "c'era stato un impegno fra uomini delle istituzioni a rispettare il segreto istruttorio. Io l'ho fatto, altri invece hanno violato il patto d'onore"
"Da quel luglio è calato il silenzio, io ho bloccato gli assegni ma nessuno ha provato a incassarli. Ho detto: è andata. Ma avevo ancora una paura fottuta, temevo che una violenta incursione nella mia vita privata potesse rovinare tutto. Così ho taciuto fino al 21 ottobre, quando sono stato convocato dal giudice".
Così il governatore del Lazio Piero Marrazzo, che in un'intervista a Repubblica ammette: "Ho commesso un tremendo errore, dovevo denunciare tutto, ma mi sono vergognato". "Vuol sapere se ho sbagliato? Vuole che lo ripeta, tre, quattro, cento volte? Sì, ho sbagliato. In questa storia ne esco a pezzi, maciullato, messo alla gogna, per colpa di chi si è infilato nella mia vita privata in una mattina di luglio. Un incubo, lo ricordo come un incubo. Sono entrati in quella stanza, hanno detto di essere delle forze dell'ordine, hanno rovistato nel mio portafoglio, hanno preso dei soldi. Per evitare il peggio ho staccato tre assegni. Tutto si è svolto in pochi minuti, nessuno di loro ha mostrato tesserini né dei carabinieri né della polizia, quelle facce, quei movimenti rapidi, quel terrore, quel senso di angoscia..."
"Nella concitazione di quel giorno ai due uomini che mi si paravano davanti ho dato anche un numero di telefono, non il mio telefonino, ma un numero d'ufficio e li', alcune settimane fa, è arrivata una strana telefonata", aggiunge Marrazzo prima di essere interrotto dal suo avvocato.
"L'altro ieri - precisa - non c'è stata alcuna telefonata. Comunque abbiamo raccontato tutto ai giudici e i quattro carabinieri sono accusati di concussione, non di estorsione. Io non ho mai ricevuto pressioni dopo quella mattina, non sono stato ricattato, niente nei miei comportamenti politici ha risentito di forme esterne di condizionamento".
Il governatore spiega le bugie degli ultimi giorni. "C'era stato un impegno tra uomini delle istituzioni a rispettare il segreto istruttorio. Io l'ho fatto, altri hanno violato il patto d'onore. Il mio caso - sottolinea poi - è diverso da quello di Berlusconi. Il senso delle 10 domande di Repubblica al premier è, credo, questo: o racconta la verità o si dimetta. Io ho raccontato la verità ai giudici e poi mi sono dimesso".
Nell'intervista Marrazzo affronta anche l'argomento famiglia. "Ho toccato il fondo quando ho visto gli occhi sconvolti di mia figlia di otto anni mentre guardava alla tv un servizio sulla mia vicenda. Dell'incarico di presidente della regione ormai non me ne frega nulla, ma del rapporto con mia moglie si"', afferma, e citando il libro La Strada di Cormac McCarty aggiunge: "Alla mia famiglia voglio dire che, nonostante il mio errore, ce la caveremo".
TUTTE LE NEWS SUL CASO MARRAZZO
Così il governatore del Lazio Piero Marrazzo, che in un'intervista a Repubblica ammette: "Ho commesso un tremendo errore, dovevo denunciare tutto, ma mi sono vergognato". "Vuol sapere se ho sbagliato? Vuole che lo ripeta, tre, quattro, cento volte? Sì, ho sbagliato. In questa storia ne esco a pezzi, maciullato, messo alla gogna, per colpa di chi si è infilato nella mia vita privata in una mattina di luglio. Un incubo, lo ricordo come un incubo. Sono entrati in quella stanza, hanno detto di essere delle forze dell'ordine, hanno rovistato nel mio portafoglio, hanno preso dei soldi. Per evitare il peggio ho staccato tre assegni. Tutto si è svolto in pochi minuti, nessuno di loro ha mostrato tesserini né dei carabinieri né della polizia, quelle facce, quei movimenti rapidi, quel terrore, quel senso di angoscia..."
"Nella concitazione di quel giorno ai due uomini che mi si paravano davanti ho dato anche un numero di telefono, non il mio telefonino, ma un numero d'ufficio e li', alcune settimane fa, è arrivata una strana telefonata", aggiunge Marrazzo prima di essere interrotto dal suo avvocato.
"L'altro ieri - precisa - non c'è stata alcuna telefonata. Comunque abbiamo raccontato tutto ai giudici e i quattro carabinieri sono accusati di concussione, non di estorsione. Io non ho mai ricevuto pressioni dopo quella mattina, non sono stato ricattato, niente nei miei comportamenti politici ha risentito di forme esterne di condizionamento".
Il governatore spiega le bugie degli ultimi giorni. "C'era stato un impegno tra uomini delle istituzioni a rispettare il segreto istruttorio. Io l'ho fatto, altri hanno violato il patto d'onore. Il mio caso - sottolinea poi - è diverso da quello di Berlusconi. Il senso delle 10 domande di Repubblica al premier è, credo, questo: o racconta la verità o si dimetta. Io ho raccontato la verità ai giudici e poi mi sono dimesso".
Nell'intervista Marrazzo affronta anche l'argomento famiglia. "Ho toccato il fondo quando ho visto gli occhi sconvolti di mia figlia di otto anni mentre guardava alla tv un servizio sulla mia vicenda. Dell'incarico di presidente della regione ormai non me ne frega nulla, ma del rapporto con mia moglie si"', afferma, e citando il libro La Strada di Cormac McCarty aggiunge: "Alla mia famiglia voglio dire che, nonostante il mio errore, ce la caveremo".
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