I poliziotti stanno operando a Castelvetrano, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Partanna, Mazara del Vallo, Santa Margherita Belice e Roccamena
Sono decine le perquisizioni eseguite oggi in Sicilia con l'obiettivo di individuare dove si nasconde il boss numero uno di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993 (CHI E'), condannato per le stragi Falcone e Borsellino, per le bombe di Firenze, Roma e Milano. Al centro delle nuove perquisizioni, mafiosi e favoreggiatori già finiti nella rete delle indagini, ma anche insospettabili su cui adesso si concentra l'attenzione della polizia. Da anni, ormai, gli investigatori non hanno più segnali di Messina Denaro sul territorio, ritengono che sia lontano dalla Sicilia, forse anche all'estero, ma continuerebbe a mantenere contatti con le famiglie mafiose sul territorio. (IL TURISTA OLANDESE SCAMBIATO PER MESSINA DENARO)
I controlli
Nei controlli, disposti dalla Dda di Palermo, sono impegnati circa 150 agenti delle squadre mobili di Palermo, Trapani e Agrigento, dotati anche di apparecchiature speciali e supportati dagli uomini del Servizio centrale operativo e dei reparti prevenzione crimine di Sicilia e Calabria, a cui si sono aggiunti gli elicotteri del Reparto Volo di Palermo ed unità cinofile. Le perquisizioni sono scattate in particolare nei confronti di persone ritenute vicine al boss. L'operazione ha interessato Castelvetrano, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Partanna, Mazara del Vallo, Santa Margherita Belice e Roccamena. La Valle del Belice - tra le province di Trapani ed Agrigento -, come hanno dimostrato le operazioni di polizia condotte negli ultimi anni, è zona dei clan molto vicini al boss. Lì sono stati monitorati i passaggi di corrispondenza attribuita a Messina Denaro e trasmessa da esponenti di spicco di Cosa Nostra del Trapanese, appartenenti agli storici mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo e dalle famiglie agrigentine. In quest'area il capomafia avrebbe avuto ospitalità e avrebbe potuto contare su una rete di fedelissimi. Le persone perquisite sono "vecchie conoscenze" degli investigatori proprio per i loro rapporti con il latitante: tra i 20 destinatari dei decreti di perquisizione ci sono anche soggetti già condannati per associazione a delinquere di tipo mafioso.
Le immagini
L'immagine del presunto volto del numero uno di Cosa Nostra, ripreso da una telecamera di sicurezza, sono state trasmesse dal Tg2 in un servizio in onda nell'edizione delle 20.30 di ieri. Le immagini, afferma il servizio, sono state registrate da una telecamera in strada in provincia di Agrigento, risalgono al dicembre 2009 e sono le uniche che inquirenti e investigatori hanno di Messina Denaro dal 1993. Il video è in possesso degli investigatori della Direzione centrale anticrimine della Polizia. Nelle immagini, che durano pochi secondi, si vede un suv blu che percorre una strada sterrata in piena campagna. A bordo ci sono due persone: l'autista e, sul sedile del passeggero, un uomo stempiato e con gli occhiali. Secondo investigatori e inquirenti, afferma il servizio, quell'uomo potrebbe essere proprio Matteo Messina Denaro. Le immagini, sostiene sempre il Tg2, sono state riprese a poche centinaia di metri dalla casa di Pietro Campo, boss della Valle dei Templi e fedelissimo del numero uno di Cosa Nostra che in quel periodo era protetto dalle famiglie agrigentine.
Una fonte, nel 2009, indicò agli investigatori la possibilità che Messina Denaro avesse avuto un incontro con altri mafiosi nella zona del Belice e la segnalazione indusse gli inquirenti a visionare le immagini di tutte le telecamere piazzate in zona, arrivando a isolare quelle del Suv trasmesse ieri dal Tg2. La pista è stata scandagliata approfonditamente dagli investigatori, coordinati dalla Dda di Palermo, ma nessuna conferma venne trovata alla segnalazione. Inoltre sembrò assai improbabile dal principio, a chi indagava, che uno dei maggiori ricercati al mondo circolasse in auto in pieno giorno davanti alla masseria di Pietro Campo, boss di Santa Margherita Belice, strettamente controllato proprio per la sua vicinanza a Messina Denaro.
Chi è
Matteo Messina Denaro, figlio del patriarca mafioso Francesco, è tra i latitanti più ricercati del mondo. E' ritenuto responsabile di un numero imprecisato di esecuzioni ed è tra gli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo - rapito per costringere il padre Santino a ritrattare le rivelazioni sulla strage di Capaci e poi strangolato e sciolto nell'acido dopo 779 giorni di prigionia. È nato nel 1962 a Castelvetrano, in provincia di Trapani. Il papà Francesco, don Ciccio, era il capo mandamento della zona. Da lui Messina Denaro ha imparato anche i segreti della latitanza: dopo anni di ricerche, l’uomo fu trovato solo nel 1998 - morto stroncato da un infarto - nelle campagne vicino al paese. Da allora ha comandato Matteo. Prima nella provincia di Trapani, poi in Sicilia. Fedelissimo di Totò Riina, dopo l'arresto del boss si è messo agli ordini di Bernardo Provenzano, padrino con cui scambiava pizzini pieni di rispetto e di affetto, ma che in realtà seguiva solo in parte. Perché Messina Denaro preferiva l’azione. Poi, quando i boss sopra di lui sono caduti a uno a uno, ha iniziato a contare sempre di più. Ed è diventato tra gli uomini più ricercati al mondo.
Data ultima modifica