Guerra in Ucraina, a Sky TG24 parla una sopravvissuta di Mariupol: "Braccati dai russi"

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Beatrice Barbato

Beatrice Barbato

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Maria ha 31 anni ed è originaria di Mariupol. Nella sua città natale, diventata tristemente il simbolo della guerra in Ucraina, non torna dal 17 marzo 2022, il giorno dopo quel devastante attacco russo al teatro di Mariupol, nel quale persero la vita 600 persone. Questa è la sua storia

“Nella mia Mariupol non potrei mai tornare perché non c'è più, è distrutta”.

A parlare è Maria, 31enne originaria di Mariupol, che oggi vive a Vilnius, in Lituania, dove si occupa di comunicazione per una startup.

Nella sua città natale, trasformata dai russi in una vera e propria fortezza militare e diventata tristemente il simbolo della guerra in Ucraina, non torna dal 17 marzo 2022, il giorno dopo quel devastante attacco russo al teatro di Mariupol, nel quale persero la vita 600 persone.

L'attacco al teatro di Mariupol

“Io, la mia famiglia, i miei vicini siamo scappati dalle nostre case alla ricerca di un posto sicuro. Quando l'invasione è iniziata, tutti i luoghi di cultura come i teatri, la Filarmonica erano considerati dei posti sicuri – racconta a Sky tg24 – Mio zio vive vicino a quel teatro e quindi il 16 marzo, sono andata a casa sua per fargli visita”.

Hanno fatto il giro del mondo le immagini satellitari della città, del 14 marzo 2022, che mostravano su entrambi i piazzali antistanti il teatro, la parola in russo “bambini”, scritta in bianco in modo che fosse ben visibile anche dall’alto. Era un modo per segnalare la presenza di numerosi civili che avevano trovato rifugio proprio nell’edificio. Un avvertimento che fu, però, ignorato dall’aviazione russa.

“Ero di ritorno da casa di mio zio – prosegue Maria – quando ho sentito il rumore di un aeroplano molto vicino, molto forte e ho avuto paura. Sapevo che i russi bombardavano dall'alto. Ho sentito quel rumore, le esplosioni e poi ho visto il teatro distrutto, incendiato. Ho capito che la mia famiglia era in pericolo. Vedevo tante persone intorno a quel teatro. Alcune erano ricoperti di sangue, c'erano cadaveri per terra. Ma grazie a Dio ho trovato la mia famiglia, che era riuscita a mettersi in salvo".

Immagini satellitari del teatro di Mariupol
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La testimonianza: "per i russi eravamo noi gli obiettivi"

"Dopo essere scappati anche dal teatro - prosegue Maria -  ci siamo diretti nella Filarmonica, un altro grande edificio situato lì vicino e che sarebbe stato bombardato di lì a poco. È stata davvero una notte terribile, era la seconda volta che rischiavamo di morire. Sono scappata da Mariupol a piedi la mattina del 17 marzo, due anni fa. Fu allora che ci rendemmo conto, per la prima volta, che erano venuti a ucciderci. Non volevano soltanto usare alcuni posti strategici, ma volevano colpire tutti i cittadini ucraini. E quindi dovevamo scappare. Dovevamo andarcene, perché per loro eravamo un obiettivo”. 

I sogni infranti

Prima che scoppiasse la guerra, Maria aveva da poco realizzato uno dei suoi sogni nel cassetto.

“Avevo comprato un appartamento, ero molto felice e dopo avrei voluto viaggiare di più. Adesso il mio appartamento è distrutto, ma sto viaggiando, perché non ho più una casa. Ma ora ho paura di avere nuovi sogni. Adesso capisco davvero che le cose materiali, i soldi, gli edifici non hanno alcuna importanza. Tutto ciò che conta sono le persone: la famiglia, gli amici. Possiamo sostituire e ricomprare tutto ciò che è materiale, ma non si può fare lo stesso con i ricordi e gli affetti”.

 

"L'esercito ucraino è la mia generazione"

Maria fa parte di una generazione nata e cresciuta in un Paese indipendente e che da due anni si è trovata in prima linea al fronte.

L'esercito ucraino è la mia generazione e loro stanno combattendo. Stiamo combattendo contro il nemico. E l'Ucraina sta lottando contro la Russia. Ma sono secoli che c'è questa lotta. Sono secoli che vogliono distruggerci. E adesso che siamo un Paese indipendente, più grande è il nostro obiettivo, più loro vogliono distruggerci. Ma noi dobbiamo vincere e fermarli, perché ormai sono troppi anni che va avanti questa storia e dobbiamo fermarla. La scorsa settimana cinque miei colleghi si sono arruolati nell'esercito ucraino dopo aver sentito l’ultimo appello del presidente Zelensky in cui invitava alle armi”.

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