
Le imbarcazioni delle organizzazioni non governative, enti no profit che operano indipendentemente dalle autorità nazionali, si occupano del soccorso in mare delle persone che cercano di raggiungere l’Europa. Ecco cosa c’è da sapere

Il fenomeno migratorio che coinvolge ormai da molti anni il Mar Mediterraneo vede spesso tra le protagoniste della cronaca le imbarcazioni di salvataggio delle Ong. Le navi delle organizzazioni non governative si occupano, nello specchio di acqua tra il Nord Africa e l’Europa, del recupero in mare delle persone che cercano di raggiunere il Vecchio Continente
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La loro attività è tornata al centro dell’attenzione mediatica nel novembre del 2022, quando si è consumato un lungo braccio di ferro tra le autorità italiane e quattro navi di altrettante Ong: si tratta delle imbarcazioni Humanity 1, Ocean Viking, Geo Barents e Rise Above. Di queste, nessuna batte bandiera italiana
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Che cosa sono, e di cosa si occupano, queste Ong e le loro imbarcazioni? Le Organizzazioni non governative in questione sono enti privati senza fini di lucro, che operano in modo indipendente rispetto alle entità statali e sovranazionali. I loro obiettivi sono sovente di carattere umanitario
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Dall’inizio della crisi umanitaria nel Mediterraneo sono molte le Ong che hanno operato nelle acque che dividono il Nord Africa e l’Italia: molte di queste hanno affittato o acquistato imbarcazioni con lo scopo di soccorrere in mare i migranti in difficoltà che tentano di raggiungere l’Europa
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Le operazioni di soccorso in mare di persone e imbarcazioni in difficoltà sono coordinate dal Maritime rescue coordination centre (M.R.C.C). In Italia le attività sono gestite dal Comando generale della Guardia costiera. Quando viene lanciato un allarme, il centro competente incarica del soccorso l’imbarcazione più vicina. Le navi possono muoversi per operazioni di salvataggio anche in caso di avvistamento diretto, ma sempre in coordinamento con le autorità competenti
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Le regole sulle operazioni di salvataggio in mare sono fissate dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, un trattato internazionale che prevede all’articolo 98 l’”obbligo di prestare soccorso” a “chiunque sia trovato in mare in condizione di pericolo”. L’Italia è tra i Paesi ad aver aderito a questo trattato

Per quanto riguarda l’ingresso di migranti nell’Unione europea, invece, a regolamentare le richieste d’asilo è la cosiddetta “Convenzione di Dublino”: si tratta di un trattato internazionale aperto solamente ai Paesi Ue, anche se altri Stati hanno sottoscritto accordi per applicare le stesse regole

La pietra angolare della Convenzione, sottoscritta anche dall’Italia del 1990 ma negli ultimi anni al centro di feroci polemiche politiche in varie parti dell’Ue, prevede che il Paese di primo ingresso nell’Unione europea sia quello competente a esaminare la domanda d’asilo presentata dal migrante

La tensione riguardo le attività della navi Ong, secondo quanto riporta La Repubblica, ruoterebbe intorno allo status delle persone a bordo delle imbarcazioni e a chi spetterebbe il compito di provvedere all'accoglienza: le organizzazioni umanitarie e il governo italiano hanno posizioni divergenti, e le normative da applicare sarebbero diverse (In foto: il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi)

La strategia del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, riporta sempre il quotidiano, sarebbe quella di spingere affinché i migranti facciano richiesta di protezione internazionale a bordo delle navi umanitarie, così da radicare la responsabilità della gestione in capo allo Stato di bandiera delle imbarcazioni
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