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Chi era Lorenzo Orsetti, l’italiano ucciso dall’Isis in Siria

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Classe 1986, fiorentino, per un anno e mezzo ha combattuto al fianco delle milizie curde dell'Ypg contro i jihadisti. In un’intervista parlava di “una battaglia di civiltà”. La madre: ha sempre voluto aiutare gli altri. Il padre: ha detto di voler esser seppellito lì

"Heval Tekosher", il “lottatore”: era questo il nome di battaglia di Lorenzo Orsetti, fiorentino, che lunedì 18 marzo 2019 l'Isis ha annunciato di aver ucciso sul campo di battaglia a Baghuz, nella Siria sud-orientale. Orsetti, nato a Firenze nel 1986, era da un anno e mezzo nel nord-est del Paese, dove combatteva come volontario al fianco delle milizie curde dell'Ypg, le Unità di protezione del popolo, contro i jihadisti. Erano in tutto "sei italiani, comprese due donne", come aveva raccontato lo scorso febbraio in un’intervista al sito Occhi della Guerra. "Al momento non prevedo di rientrare, ma se dovessero accusarmi di qualcosa rispondo che sono fiero di quello che sto facendo in Siria. Sono pronto ad assumermi le eventuali conseguenze", diceva Orsetti riguardo alla possibilità di finire nel mirino degli inquirenti una volta tornato in Italia. La salma di Lorenzo, ha spiegato il padre Alessandro, potrebbe non tornare più in Italia: "Il suo comandante mi ha detto che Lorenzo aveva chiesto di essere seppellito là in caso di morte in battaglia".

“È una battaglia di civiltà”

Nell'intervista a Occhi della Guerra, Orsetti veniva mostrato anche in foto, con indosso una tuta mimetica e con accanto un kalashnikov. Veniva descritto come un "anarchico" che "combatte da un anno e mezzo contro i turchi e le bandiere nere" dell'Isis. La lotta contro i jihadisti dello Stato islamico Orsetti la definiva "dura", aggiungendo che "un paio di volte sono quasi riusciti ad accerchiarci. Nel deserto hanno contrattaccato e travolto le nostre postazioni. Quando iniziano a morirti i tuoi compagni accanto, soprattutto per le mine e i cecchini, non lo dimentichi. Adesso molti miliziani stranieri si arrendono, ma spesso si sono fatti saltare in aria quando non avevano vie di scampo". "Lo Stato islamico - affermava - è un male assoluto. Questa è una battaglia di civiltà".

“Ingiusto che l'Italia ci tratti da terroristi”

Alla vigilia della sua partenza per il fronte di guerra, poche settimane prima di morire, Orsetti aveva inviato un audio messaggio alla trasmissione televisiva Le Iene. "Non penso di tornare in Italia a breve, ma anche quando lo farò - affermava - non avrò problemi ad assumermi le mie responsabilità. Sono molto orgoglioso di fare quello che sto facendo e sono convinto di stare dalla parte giusta. Ora, se anche conquisteremo l'ultima roccaforte di Al Marashidah, penso che la mentalità di Isis, feudale e patriarcale, sopravviverà. La battaglia è ancora lunga, ma siamo qui per questo", diceva alla trasmissione di Italia 1. Commentando la vicenda dei cinque combattenti torinesi filo-curdi accusati dalla procura di essere socialmente pericolosi e in attesa di sapere se devono lasciare il territorio della città piemontese, Orsetti dichiarava: "Se li indagassero almeno avrebbero elementi per potersi difendere. Le autorità italiane stanno solo cercando di metterli sotto sorveglianza speciale. Il loro unico crimine - proseguiva - è stato quello di venire in Rojava a difendere questa rivoluzione, alcuni tra l'altro neanche combattendo realmente, ma facendo giornalismo o lavorando nella società civile. Mi sembra profondamente ingiusto trattarli da terroristi".

L’ultima intervista: “Stato islamico sconfitto a livello bellico”

Nell’ultima intervista, rilasciata l’11 marzo all’emittente Radio Ondarossa, aveva sostenuto che “a livello bellico lo Stato islamico è stato sconfitto”. "La situazione dei civili non è delle migliori - continuava Orsetti nell’intervista -, prima di tornare alle loro vite dovrà passare molto tempo. Nei campi profughi mancano cibo e acqua potabile, le città sono distrutte e piene di mine". Sempre parlando a Radio Ondarossa, Orsetti aveva denunciato i bombardamenti dei campi profughi da parte dell'esercito turco: "Assurdo continuare a dare soldi alla Turchia - diceva - visto l'uso che ne fa".

Il papà: accetteremo la sua decisione di essere seppellito con i martiri della guerra

Il padre Alessandro, riguardo la possibilità che il figlio venga sepolto in Siria, aggiunge: Penso che accetteremo la sua decisione anche se non avremo un corpo su cui piangere. Noi vorremmo riaverlo qui a Firenze ma al tempo stesso lui ha detto di voler esser seppellito coi martiri di questa guerra. Che possiamo fare? Lo avrebbe anche scritto. Accetteremo probabilmente la sua decisione, anche se non avremo una tomba su cui piangerlo. Ci hanno pure invitato ad andare là, non so cosa faremo". E invita “la città di Firenze” a fare “qualcosa, delle iniziative per chiarire le posizioni ambigue in questa guerra".

La madre: “Ha sempre voluto aiutare gli altri”

"È un bravo ragazzo. Ha sempre voluto aiutare gli altri", ha dichiarato la mamma di Lorenzo. "Noi eravamo contrari alla sua partenza, io non riesco più a dormire la notte, ma lui voleva aiutare questo popolo oppresso".

Il testamento: "Non potevo chiedere di meglio"

Le forze curdo-siriane con cui combatteva in Siria hanno diffuso poco dopo la morte la lettera-testamento di Lorenzo. La lettera - una consuetudine per tutti i miliziani - si apre con la frase: "Ciao, se state leggendo questo messaggio significa che non sono più in questo mondo". "Nonostante questa prematura dipartita, la mia vita - scriveva Orsetti - resta comunque un successo e sono quasi certo che me ne sono andato con il sorriso sulle labbra. Non avrei potuto chiedere di meglio". "Non ho rimpianti. Sono morto facendo quello che ritenevo più giusto, difendendo i più deboli e rimanendo fedele al mio ideale di giustizia, eguaglianza e libertà". Insisteva sulla sua volontà di dare la vita per il prossimo, perché "solo così si cambia il mondo". La lettera è firmata "Orso, Tekoser, Lorenzo" in riferimento rispettivamente al suo soprannome, al suo nome di battaglia in curdo e al suo nome all'anagrafe. E si conclude con un'esortazione: "Ricordate che 'ogni tempesta comincia con una singola goccia'. Cercate di essere voi quella goccia".

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