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Afghanistan, in vent'anni dalla campagna militare degli Usa al ritorno dei talebani

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©Getty

La fulminea avanzata dei miliziani, che hanno ripreso il controllo del Paese in poche settimane, coincide con il ventennale dell'inizio dell'operazione militare americana, successiva agli attentati terroristici dell'11 settembre 2001. Due decenni segnati da un iniziale successo delle truppe occidentali, poi degenerato in un logorio che ha portato alla decisione della Casa Bianca di ritirare le proprie forze dal territorio

Il ritiro delle truppe statunitensi dall'Afghanistan e la rapidissima avanzata dei talebani che hanno riottenuto il controllo del Paese in poche settimane (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - TUTTI I VIDEO - LO SPECIALE), coincide con il ventesimo anniversario di quella che è stata la più lunga campagna delle forze armate americane nel dopoguerra. Risale al 7 ottobre 2001 l'inizio dell'operazione “Enduring Freedom”, quando, in risposta agli attacchi terroristici dell'11 settembre, gli Usa attaccarono i talebani in Afghanistan accusandoli di fornire copertura ad Al Qaeda.

I primi risultati dell’operazione Nato e l’inizio del logorìo

I risultati sul terreno sembrarono arrivare in fretta. Dopo i primi attacchi aerei sulle postazioni talebane, le truppe occidentali e i loro alleati afghani conquistarono una dopo l'altra le roccaforti del regime, che capitolò il 9 dicembre 2001 con la resa di Kandahar e la celebre fuga in motocicletta del leader talebano, il Mullah Omar. Poco prima anche il capo di Al Qaeda, Osama bin Laden, aveva lasciato il suo nascondiglio sotterraneo di Tora Bora e un governo di transizione era stato installato. Fu però solo l'inizio di un logorante e difficilissimo tentativo di stabilizzare una nazione dove i talebani continuavano a controllare vaste aree e milizie fedeli ad Al Qaeda non cessavano di seminare terrore. L'8 agosto 2003 iniziò la missione della Nato, dopo che l'allora capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, aveva definito conclusa la fase dei "combattimenti su larga scala".

Bin Laden e gli attentati del 2006

Mentre il Paese tentava una faticosa ricostruzione, Bin Laden continuò a farsi vivo con messaggi diffusi da località ignote e la violenza riesplose in tutto il suo furore nel 2006, anno segnato da centinaia di attentati suicidi e attacchi con esplosivi, nel complesso il quintuplo del 2005. La coalizione alleata iniziò a mostrare crepe, con alcuni Stati che smisero di nascondere il desiderio di tirarsi fuori. Il consenso dei talebani intanto prosperava sul numero di vittime civili causato dalle operazioni occidentali.

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L'uccisione di Bin Laden e l’impegno dell’amministrazione Obama

Nel 2009 il nuovo inquilino della Casa Bianca, Barack Obama, non poté che promettere un impegno sempre più risoluto in Afghanistan, annunciando l'invio di altri 17mila soldati da aggiungere ai 37mila già presenti. A fine anno i militari statunitensi dispiegati nella nazione diventarono 68mila. E Obama fu costretto ad annunciare l'invio di altri 30mila uomini, un'escalation resa necessaria da un'insorgenza talebana ormai fuori controllo. Dopo il vertice Nato del novembre 2010 che aveva fissato per il 2014 la cessione del controllo del Paese al governo di Kabul, la svolta arrivò nel maggio 2011 con l'uccisione di Bin Laden. Obama si impegnò a ritirare le 30mila truppe aggiuntive e a Washington il dibattito iniziò a concentrarsi sulla fine della missione. La situazione era però così instabile che sarebbero passati altri tre anni prima che il presidente Usa stilasse un calendario per il ritiro del grosso delle truppe.

L'inizio del ritiro delle truppe e le trattative con i talebani

Il 1 gennaio 2015 l'operazione "Enduring Freedom" fu rimpiazzata dall'operazione "Freedom's Sentinel", con l'attività antiterrorismo e il sostegno e l'addestramento delle forze locali quali obiettivi principali. Quando, il 20 gennaio 2017, Donald Trump giurò da presidente il ritiro era ormai in larga parte concluso. Gli uomini sul campo erano scesi a 9mila, accompagnati da un numero analogo di contractor. La ripresa degli attacchi suicidi spinse però il nuovo presidente a valutare un nuovo aumento degli effettivi, sulla base delle condizioni sul terreno. Nel gennaio 2018 i talebani lanciarono un'offensiva che causò la morte di 115 persone nella capitale. Trump decise di concentrarsi sul prosciugamento delle risorse finanziarie delle milizie, distruggendo le coltivazioni di oppio e tagliando l'assistenza militare al Pakistan, accusato di sostenere gli estremisti. I talebani accettarono così di sedersi al tavolo della pace. Le storiche trattative iniziarono a Doha nel febbraio 2019 e sono ancora in corso, tra numerose difficoltà e una recrudescenza delle violenze nel Paese e l'avanzata degli insorti dalle campagne alle città. La campagna in Afghanistan è costata, nel complesso, 785 miliardi di dollari agli Stati Uniti, secondo i dati diffusi dal Pentagono: 587,7 miliardi per l'operazione "Enduring Freedom" e 197,3 miliardi per "Freedom's Sentinel".

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