Berlino nel caos: perché Merz è a un passo dalla crisi di governo

A sette mesi dal suo insediamento, Friedrich Merz, l’uomo che ha inseguito il cancellierato per tutta la vita, ha rischiato di perdere la carica per effetto di una congiura interna al suo stesso partito. A salvarlo dalla umiliazione politica è stato un imprevisto salvagente lanciatogli dal partito di opposizione Linke che ha annunciato che non prenderà parte al voto che potrebbe fare cadere il suo esecutivo. Un salvagente che però, per quanto abbia consentito all’esecutivo di restare a galla, allo stesso tempo lo rende più fragile e incerto di quanto già non sia. Per capire cos’è successo, e perché la situazione politica a Berlino è così fragile e confusa, occorre fare un passo indietro e arrivare allo scorso febbraio e al giorno delle elezioni in Germania. Quelle elezioni incoronarono, sì, la CDU di Merz come primo partito, ma non le assicurarono i voti sufficienti a governare da sola. Così, i centristi hanno dovuto formare una coalizione con i socialdemocratici di SPD. Uno scenario difficile, ma tutt’altro che inedito, in Germania. Anzi: tre dei quattro governi di Angela Merkel si erano retti proprio su questo tipo di alleanza. Il problema, però, è che la Germania di questi anni non è più quella sostanzialmente solida dell’epoca Merkel. Anzi: è un Paese politicamente instabile la cui economia, fino a pochi anni fa poderosa, ha smesso di crescere avvitandosi su se stessa, e nel quale la richiesta di riforme si è fatta urgente e controversa. Così, Merz, che per natura ha problemi di leadership e carisma, si è ritrovato a guidare una coalizione disomogenea e litigiosa in acque particolarmente agitate. Questo lo ha portato, per esempio, a fallire il voto di insediamento, che per la prima volta nella storia della Repubblica tedesca, è arrivato a una seconda chiama. Poi, a luglio, a non riuscire a nominare un giudice di corte costituzionale, infine al pasticcio di queste ore, nelle quali il cancelliere si sottoporrà a un voto parlamentare consapevole del fatto che una parte della sua stessa coalizione non lo voterà. Oggi infatti Merz, la cui maggioranza in parlamento è di appena 12 voti, sottoporrà al parlamento un pacchetto relativo alla riforma delle pensioni. Una riforma che piace alla componente socialdemocratica della maggioranza ma che, a giudizio di almeno 18 deputati del partito CDU, è troppo generosa e sostanzialmente insostenibile. E pertanto non votabile. Anche a rischio di far cadere l’esecutivo e di aprire, potenzialmente, la strada a nuove elezioni nelle quali la vittoria dell’estrema destra di AfD sarebbe più che probabile. Così si è arrivati allo stallo di queste ultime ore e all’intervento salvifico dell’opposizione da sinistra di Linke che ha deciso di astenersi dal voto, consentendo alla norma di passare e all’esecutivo di sopravvivere. Ma c’è differenza tra sopravvivere e vivere. Perché dopo questo voto, Merz si troverà a dover fare i conti con la consapevolezza di non avere, nei fatti, una vera maggioranza e che gli almeno 18 deputati del suo partito, contrari alla linea del governo, difficilmente dimenticheranno che le loro istanze sono state ignorate semplicemente rimpiazzando i loro voti. Allo stesso modo, il loro leader dovrà governare sapendo di avere un grande debito nei confronti della Sinistra e che prima o poi questo debito dovrà essere pagato. “La Linke- scrive il giornale tedesco Focus- può trarre vantaggio dalla sua astensione in tre modi, intenzionali o meno. In primo luogo, smaschera la CDU/CSU, in particolare il Cancelliere e il suo capogruppo parlamentare. Entrambi amano prendere nettamente le distanze dalla Sinistra. Il fatto che proprio questo partito stia aiutando Merz e Spahn a uscire da questa situazione difficilmente migliorerà il loro morale. In secondo luogo, il partito sta affilando il suo profilo politico e può presentarsi come protettore dei pensionati. In terzo luogo, la sinistra può trarre vantaggio dalla sua decisione presentandosi come un pilastro dello Stato. Invece di apparire distruttivo, il partito appare improvvisamente responsabile. L'impressione, forse intenzionale, è che senza la sinistra la coalizione si troverebbe in una crisi ancora più profonda e il Paese in un caos ancora più profondo”.

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Luciana Grosso