Bin Salman alla Casa Bianca, come interpretare l'incontro con Trump

La visita di domani del principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman alla Casa Bianca ha tutte le caratteristiche per essere inconsueta, almeno per gli standard dei viaggi ufficiali a Washington. Questo perché, in genere, chi si reca in visita nella residenza del Presidente degli Stati Uniti, lo fa per chiedere qualcosa, supporto, aiuto, riconoscimento. E, per certi aspetti anche Bin Salman chiederà qualcosa. Solo che quello che chiederà a Trump è quanto e se i Paesi arabi possono ancora fidarsi di lui. Una richiesta, sì, ma diversa da quelle che in genere vengono formulate nello Studio Ovale. Una richiesta nella quale il contraente debole appare Donald Trump, nella insolita veste di quello che deve dimostrare qualcosa. Nello specifico il fatto che l’Arabia Saudita e i Paesi del Golfo possano ancora fidarsi degli Usa per quel che riguarda la loro sicurezza. In merito all’incontro, Ispi ha pubblicato un’analisi relativa alla atipicità dei rapporti di forza tra USA e Arabia Saudita, dicendo che “Le certezze di Riad sull'impegno americano per la sicurezza del Golfo si sono erose dall'attacco iraniano del 2019 contro gli impianti di Saudi Aramco, per culminare con l'attacco israeliano in Qatar del 2025. Per questo motivo, Riad sta ora spingendo per maggiori garanzie di sicurezza da parte di Washington, attraverso una formula simile all'ordine esecutivo firmato da Trump a ottobre per rassicurare il Qatar”. Il riferimento è al testo con cui pochi mesi fa, il Presidente Trump, reagendo all’attacco di Israele contro il Qatar ha messo nero su bianco che qualunque attacco all’emirato sarà considerato come un attacco agli Stati Uniti stessi. Un impegno simile a quello sottoscritto con i Paesi Nato, anche se molto meno strutturato e solido, dal momento che è contenuto in un effimero ordine esecutivo, cancellabile con un tratto di penna, e non in una decisione del congresso. Per questo, continua l’analisi di Ispi “Nella prospettiva saudita, nuove garanzie dovrebbero essere combinate con un impegno più strutturato per la protezione e l'integrazione per istituzionalizzare il principio di difesa, indipendentemente da chi sia al comando alla Casa Bianca”. La ragione per cui Trump ha tutto l’interesse a convincere l’Arabia Saudita del fatto che può fidarsi di lui e della sua amministrazione è sia strategica che economica. Strategica, perché poche settimane fa, Arabia Saudita e Pakistan hanno costituito un’alleanza militare nucleare che potrebbe ridisegnare gli equilibri militari, creando un’alternativa credibile all’egemonia di Cina, Nato e Russia. Economica, perché i legami commerciali tra Stati Uniti e Arabia Saudita si sono fatti, negli ultimi anni, sempre più stretti. L’Arabia Saudita aspira a creare un percorso economico che esuli dalla sola produzione di petrolio e che renda il Paese un polo attrattore di tecnologia. Cosa per cui, è ovvio, serve il sostegno americano. Inoltre perché la Trump Foundation stessa, negli ultimi mesi, ha avviato importanti contatti con Ryad. Per questo, secondo New York Times “Si prevede che questo viaggio si concentrerà sugli affari, inclusi accordi diplomatici e aziendali bilaterali. Secondo gli analisti, le priorità del Principe Bin Salman includono, oltre alla firma di un accordo di mutua difesa con gli Stati Uniti, l'avanzamento di un potenziale accordo per il trasferimento di tecnologia nucleare americana all'Arabia Saudita e la stipula di accordi di collaborazione tra i due Paesi nel campo dell'intelligenza artificiale”. Oltre a tutto questo, sempre in tema di difesa, in via teorica si dovrebbe discutere anche dell’acquisto arabo di 48 aerei militari F35. Se questo accordo venisse stipulato, da un lato, porterebbe incassi miliardari negli USA, dall’altro, irriterebbe molto Israele, che perderebbe così lo status di unico Paese della regione a disporre di questi aerei. Inoltre, cozzerebbe con le conclusioni di un rapporto dell’intelligence americana che mette in guardia circa il fatto che, una volta in Arabia, gli F35 potrebbero essere osservati, studiati e infine copiati dai servizi cinesi, cosa che rende improbabile il via libera alla fornitura di aerei. Infine, e questo potrebbe l’unico punto davvero politico dell’incontro, i due potrebbero decidere di discutere dei rapporti di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele. Un tema che, come è ovvio, sta molto a cuore a Donald Trump, ma sul quale, il principe saudita appare a dir poco freddo. Bin Salman è stato molto chiaro in questi mesi nel dire che non esiste un percorso di normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita che non passi per il riconoscimento di uno Stato Palestinese . Su questo punto, però, Trump, sostiene di aver offerto già tutte le garanzie possibili, contenute negli ultimi due punti del Piano di Pace che, secondo la Casa Bianca aprono alla possibilità di uno Stato Palestinese. La cui nascita, però, secondo le autorità israeliane è del tutto fuori discussione. E con essa, forse, anche la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita.

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Luciana Grosso