Il sindaco dei giovani e degli esclusi: così Mamdani cambia il volto di New York

La vittoria di Zohran Mamdani sembrava improbabile fino a solo pochi mesi fa, quando il giovane sindaco-eletto di New York era un semi-sconosciuto parlamentare statale. Il suo messaggio, centrato su temi molto popolari come l’aumento dei salari e la riduzione del costo della vita, unito a una sorprendente efficacia comunicativa, lo ha però portato prima a imporsi nelle primarie democratiche e poi a trionfare alle elezioni comunali. In entrambe le sfide, Mamdani ha sconfitto il veterano centrista Andrew Cuomo – ex governatore democratico dello Stato di New York dal 2011 al 2021 – che dopo la sconfitta alle primarie aveva scelto di candidarsi come indipendente. Le ragioni della vittoria Dai sondaggi condotti il giorno del voto emerge che Mamdani ha vinto grazie al sostegno di alcuni ampi ma ben definiti gruppi demografici. Il candidato Dem ha infatti intercettato soprattutto il voto degli elettori di etnia non bianca, che secondo l’ultimo censimento rappresentano quasi il 70% dei residenti di New York. Gli exit poll di NBC News e CNN indicano che il 54% di loro ha scelto Mamdani e il 39% per Cuomo, mentre tra gli elettori bianchi il risultato è stato molto più equilibrato: 46% contro 45%. In particolare, Mamdani ha ottenuto ottimi risultati tra gli uomini afroamericani , tra le donne afroamericane e gli uomini ispanici e tra le donne bianche e ispaniche . Il suo dato peggiore è invece arrivato tra gli uomini bianchi , l’unico gruppo dove ha prevalso Cuomo con una maggioranza relativa del 48%. Il 34enne Mamdani ha inoltre ottenuto percentuali quasi bulgare tra gli under 30 e tra i 30-44enni , due fasce d’età che nel complesso rappresentano poco più del 35% dell’elettorato newyorchese. Il suo sostegno cala poi in modo graduale con l’aumentare dell’età: tra i 45-64enni e tra gli over 64 è stato Cuomo a prevalere, mentre Mamdani si è fermato al 43% e al 36%. Il candidato Dem ha ottenuto il 57% delle preferenze tra i laureati, che rappresentavano quasi il 60% dei votanti, mentre tra i non laureati si è fermato al 42%, contro il 47% di Cuomo. Particolarmente interessante anche l’analisi per fasce di reddito: Mamdani ha prevalso con il 50% dei voti, o più, tra gli elettori con redditi annuali compresi tra 30.000 e 300.000 dollari. Cuomo ha invece ottenuto una maggioranza relativa del 48% tra i più poveri e una maggioranza assoluta del 62% tra i più ricchi . All’interno di queste due fasce agli estremi, Mamdani si è attestato rispettivamente al 42% e al 33%. Un nuovo inizio? Nel complesso, la vittoria di Mamdani rappresenta un profondo cambiamento nella politica della città: il primo sindaco musulmano di New York è riuscito a costruire una coalizione formata da giovani, lavoratori, immigrati e professionisti progressisti. Ha dominato nei quartieri benestanti di Brooklyn e Manhattan, confermando un ampio sostegno nelle aree più gentrificate, ma ha ottenuto risultati eccezionali anche nelle comunità afroamericane e ispaniche a basso reddito del Bronx e di Brooklyn, dove alle presidenziali del 2024 il Partito Democratico aveva subito un’emorragia di consensi a beneficio di Trump. Ma soprattutto, a Mamdani va riconosciuta la capacità di aver riportato i giovani nell’arena politica, cosa che negli ultimi anni il Partito Democratico non era riuscito a fare. Mamdani è infatti anche stato in grado di mobilitare questa alleanza, grazie a una strategia comunicativa di enorme successo sui social. Più di due milioni di elettori si sono recati alle urne, quasi il doppio rispetto alle ultime quattro tornate elettorali, e Mamdani è diventato il primo candidato sindaco dal 1969 a superare il milione di preferenze. Oltre alla sua capacità di parlare dei problemi reali con successo, le sue posizioni sulla guerra a Gaza hanno galvanizzato una parte dell’elettorato che alle scorse elezioni presidenziali si era astenuto in segno di protesta e non hanno compromesso la sua corsa, nonostante la presenza a New York della più grande comunità ebraica degli Stati Uniti. Questo anche perché negli ultimi mesi soprattutto gli americani più giovani sono sempre meno pro-Israele. Dall’altro lato, Cuomo ha puntato tutto sulla propria esperienza, ma la sua strategia comunicativa di vecchio stampo, incentrata su endorsement e spot televisivi, si è rivelata inefficace. Sulla sua candidatura hanno pesato inoltre le critiche relative alla gestione delle case di riposo durante la pandemia e le accuse di molestie che lo avevano costretto alle dimissioni da governatore. Durante la campagna, Cuomo è riuscito a mantenere il sostegno dell’elettorato ebreo ortodosso e di una parte degli ebrei liberali più tradizionalisti, tentando di intercettare in extremis anche i voti dei repubblicani e arrivando a ottenere l’endorsement di Donald Trump. Ciò gli ha permesso di prevalere in ampie zone tradizionalmente repubblicane di Staten Island e Brooklyn, ma non è bastato. Come non sono bastati i 40 milioni di dollari spesi in suo favore da alcuni comitati elettorali indipendenti finanziati da miliardari come Michael Bloomberg e Bill Ackman. Gli attacchi contro Mamdani, promossi dagli stessi super PAC, hanno anzi finito per rafforzare il messaggio del candidato Dem, secondo cui i super-ricchi starebbero facendo la guerra alle esigenze delle persone comuni.

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Gianluca De Feo