L’uragano Melissa e il debito morale britannico

L’uragano Melissa, che si è abbattuto con forza inaudita sulla Giamaica, è stato seguito con notevole attenzione dai media britannici. Il motivo è facilmente comprensibile. Il Regno Unito e il Paese Caraibico condividono una storia lunga e complessa, profondamente segnata dal colonialismo e dalla tratta transatlantica degli schiavi. I suoi abitanti discendono direttamente delle popolazioni provenienti dall’area subsahariana dell’Africa, soggiogate dagli inglesi. Per questo, dopo Stati Uniti d’America e Canada, la Giamaica è la terza nazione anglofona delle Americhe. È stata una colonia britannica dal 1655 fino all’indipendenza nel 1962, anno in cui è diventata indipendente ed è entrata a far parte del Commonwealth. Il capo di stato – anche se si tratta sostanzialmente di un ruolo cerimoniale, formale - è però tutt’ora il sovrano inglese, Carlo III. La mancanza di velocità di reazione da parte di Buckingham Palace di fronte al cataclisma che ha colpito l’isola non è passata inosservata. Non solo all’interno della comunità caraibica del Paese, ma più diffusamente all’interno dell’opinione pubblica britannica sono in molti a ritenere che il Regno Unito abbia un “debito morale” verso la Giamaica. Questo dibattito si è intensificato negli ultimi anni con le richieste di risarcimenti e scuse ufficiali. Da questo punto di vista è stata esemplare la visita compiuta dal principe William e la moglie Catherine nel marzo 2022 . Un viaggio che si è rivelato una mezza debacle, nonostante il principe e la principessa di Galles rappresentino il volto più charmant della monarchia. Tra le istantanee di quella pagina di storia britannica è rimasta impressa l’im¬magine di un erede al trono e di una futura regina che salutano sorridenti dei bambini tenuti a distanza da una rete metallica. Si vedevano i piccoli che infilavano le manine tra le maglie per poterli toccare. In re¬altà la foto è in qualche maniera fuorviante. Il principe aveva appe¬na finito di prendere parte a una partita di calcio a Trench Town, quartiere della capitale Kingston, con la star del calcio inglese di origine giamaicana Raheem Sterling. La recinzione delimitava quel campo. Esattamente come William, anche Sterling si era avvi¬cinato ai fan per salutarli attraverso la rete, ma nel suo caso nes¬suno ci aveva visto nulla di strano o di sbagliato. Un chiaro segnale di come i nervi, al di là dei sorrisi, fossero molto scoperti. Il giorno dopo, il quotidiano britannico The Independent riportò la notizia che il governo giamaicano avrebbe di lì a breve iniziato il processo di transizione verso la Repubblica. Va anche ricordato che quel viaggio era stato anticipato da una lettera aperta firmata da un centinaio di accademici, politici ed esponenti del mondo cultu¬rale giamaicano che recitava: «Riteniamo che le scuse per i crimini britannici contro l’umanità, tra cui – ma non solo – lo sfruttamento degli indigeni della Giamaica, la riduzione in schiavitù degli africani, l’asservimento e la colonizzazione, siano necessarie per avviare un processo di guarigione, perdono, riconciliazione e risarci¬mento». La missiva conteneva anche un affondo specifico verso i com¬ponenti della famiglia reale: la coppia in visita era stata definita «beneficiaria diretta della ricchezza accumulata dalla tratta e dalla schiavitù degli africani». Dopo il passaggio dell’uragano Melissa, il governo britannico si è preoccupato fin qui di proteggere i propri cittadini sull’isola e ha garantito sul sostegno “se richiesto” alla Giamaica. Insomma: nessuna traccia di un’azione di cooperazione o assistenza “automaticamente attivata” verso la popolazione giamaicana colpita. Questo fatto è stato letto da molti come una possibilità mancata e il fatto che il Paese sia già stato considerato “disaster area” dalle proprie autorità, accentua il tema dell’“obbligo morale” verso un partner storico e vulnerabile. Su radio come LBC il dibattito è molto acceso. Le organizzazioni della diaspora e della comunità giamaicana britannica stanno sollevando la questione come “momento per il Regno Unito di mostrare leadership morale”. Questa l’espressione usata da David Weaver, presidente di Operation Black Vote. Sulla home page dell’organizzazione, appare una dichiarazione dal titolo “UK must act now to support Jamaica”. Si legge: “La Giamaica fa parte della nostra storia e della nostra famiglia comune. Le immagini che arrivano dall’isola sono strazianti, ma ciò di cui abbiamo bisogno ora non è semplice compassione, bensì azione concreta. Il governo britannico deve intervenire immediatamente con aiuti umanitari d’emergenza e sostenere la Giamaica nel suo momento di maggiore difficoltà”. Weaver ha chiesto al Regno Unito di mobilitare risorse urgenti — rifugi temporanei, sistemi di purificazione dell’acqua, supporto medico e generatori elettrici — tramite il Foreign, Commonwealth and Development Office, il ministero degli esteri britannico. In tutto il Regno Unito, la diaspora giamaicana e caraibica si sta mobilitando per sostenere l’isola. Una petizione indirizzata al Primo Ministro Keir Starmer, che chiede aiuti d’emergenza per la Giamaica, sta raccogliendo sempre più adesioni. Invita il governo a fornire assistenza diretta, a impegnarsi in partenariati duraturi e a garantire che le nazioni caraibiche non siano lasciate sole a sostenere i costi della crisi climatica globale. “I prossimi giorni metteranno alla prova la nostra resilienza come diaspora e la nostra compassione come nazione. La Gran Bretagna ha sia i mezzi sia il dovere morale di agire. La Giamaica ha bisogno di aiuti urgenti, e li ha bisogno subito”, sono state le parole di Lee Jasper, presidente dell’Alliance for Police Accountability e noto difensore dei diritti umani. Nel pomeriggio del 29 ottobre, il primo annuncio concreto da parte del ministero degli esteri: Londra stanzierà 2,5 milioni di sterline in finanziamenti umanitari d’emergenza. Fondi che serviranno per forniture di emergenza come filtri per l’acqua e coperte e kit per prevenire infortuni e focolai di malattie. Il ministro degli esteri Yvette Cooper ha spiegato che “squadre specializzate di rapido intervento sono state posizionate nella regione per fornire assistenza consolare 24 ore su 24 ai cittadini britannici colpiti dalla devastazione dell’uragano Melissa”. Londra resta sotto esame.

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Tiziana Prezzo