La fragile tregua tra Afghanistan e Pakistan

C’è una fragile tregua che, in queste ore, sembra aver tacitato gli scontri a fuoco tra Afghanistan e Pakistan, ma nessuno sa se e quanto durerà. L’incertezza è data dalla complessità dei rapporti tra i due Paesi. Ottimi in teoria e sulla carta. Pessimi in pratica e nella realtà. Per capire cosa ha portato nelle ultime settimane Afghanistan e Pakistan a scontrarsi, occorre fare un passo indietro almeno fino al 2021. In quel momento, i talebani si stavano preparando a rientrare dopo vent’anni a Kabul, la capitale afghana da cui erano stati cacciati nel 2001 dalle truppe americane impegnate nella guerra al terrore. Diciannove anni dopo quella guerra, però, l’allora Presidente Donald Trump aveva deciso di chiudere la faccenda con un trattato di pace che, in buona sostanza, prevedeva il ritiro delle truppe USA dall’Afghanistan e, di fatto, il via libera per il rientro dei talebani nel Paese. Uno scenario che nell’agosto del 2021 lasciava sgomento il mondo intero, ma che veniva guardato con un certo favore dal Pakistan. Questo perché anche se all’epoca della guerra del 2001 il Pakistan aveva in qualche modo sostenuto – o quanto meno non ostacolato – le operazioni statunitensi, in realtà ha sempre mantenuto buoni rapporti con il regime afghano. “Tra il 2001 e il 2021 - scrive Al Jazeera - ha comportato una politica estera contraddittoria. Da un lato, sostenendo l'intervento militare degli Stati Uniti in Afghanistan, il Pakistan ha riconosciuto i governi sostenuti dagli Stati Uniti che governavano il Paese. Allo stesso tempo, il Pakistan ha tollerato segretamente – e persino favorito – la rinascita dei talebani all'interno del territorio pakistano, che ha comportato anche la coabitazione con altri gruppi combattenti pakistani”. Per questo, in nome di questa antica amicizia, il Pakistan, avrebbe dovuto guardare con benevolenza al ritorno dei talebani: “Un governo talebano – continua Al Jazeera - sarebbe stato amico del Pakistan e sarebbe diventato un baluardo contro qualsiasi minaccia alla sicurezza del Paese. Dopotutto, l'esercito e i servizi segreti pakistani avevano sostenuto il movimento talebano afghano per oltre due decenni”. Le cose però non sono andate come ci si sarebbe aspettati. Perché il Pakistan nutre fondati sospetti che l’Afghanistan offra rifugio e assistenza logistica al gruppo Tehrik-e-Taliban Pakistan , i cosiddetti Talebani Pakistani. Si tratta una milizia ribelle, alleata di ISIS e Al Qaeda, che da anni è impegnata in una continua guerriglia con il governo centrale, che attacca con attentati di vario tipo, e che vuole sostituire con un un regime islamico fondato sulla shaaria. Negli anni, e con fasi alterne, il governo pakistano era riuscito ad avere la meglio sul gruppo, ma con il ritorno dei talebani a Kabul le cose sono cambiate, perché il nuovo regime sembra aver dato aiuto, finanziamenti e ospitalità agli esponenti del TTP. “Da quando i Talebani hanno preso il potere in Afghanistan nel 2021- scrive New York Times- i Talebani pakistani sono diventati un gruppo potente e ben strutturato. La leadership ha ricevuto sostegno finanziario dal governo talebano in Afghanistan e i suoi combattenti si sono addestrati”. Questo sostegno logistico ha portato le milizie del TTP ad agire con rinnovata forza, e a moltiplicare i loro attacchi armati contro le forze governative pakistane. Secondo i calcoli di Acled il numero di episodi violenti ha superato i 600 nel 2024 e gli 800 nel 2025. Una crescita di cui il Pakistan accusa direttamente l’Afghanistan, che però nega ogni coinvolgimento e ogni rapporto con il TTP. Il risultato, come noto, sono stati gli episodi degli ultimi giorni: prima con un attacco aereo su Kabul e poi con una serie scontri di incrociate tra le due forze armate lungo il confine. Ora la situazione è in stallo e in base a quanto dichiarato dal ministero degli Esteri pakistano la tregua sarà occasione per cercare una soluzione pacifica alla tensione. Ma non è chiaro quanto e come questo possa avvenire. I due regimi sono restii a cedere dalle loro posizioni, e, per di più operano in un’area del mondo di singolare strategicità e nevralgicità, incastrati come sono tra Iran, Cina e India, cosa che li ha resi e li rende potenziale scenario di guerre molto più grandi di loro.

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Luciana Grosso