L’accordo di pace per Gaza nell'assenza dell'Unione europea
MondoLunedì 13 ottobre a Sharm El-Sheikh è stata firmata la prima parte dell’accordo di pace proposto da Donald Trump per la Striscia di Gaza. Protagonisti, insieme al presidente statunitense, i Paesi arabi, mentre solo marginale è stato il ruolo dell’Unione europea
“Peace 2025: cerimonia di pace per il Medioriente”: così è stato presentato il vertice che si è svolto lunedì 13 ottobre a Sharm El-Sheikh, durante il quale è stata firmata la prima parte dell’accordo di pace tra Israele e Hamas proposto dal presidente Usa.
Il summit, presieduto da Trump stesso e dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, si è svolto alla presenza di svariati leader europei, tra cui Giorgia Meloni, Emmanuel Macron, Pedro Sanchez e Keir Starmer.
Un piano di pace coloniale
L’accordo, firmato da Usa, Qatar, Egitto e Turchia, rappresentava soltanto il primo step del piano proposto dal tycoon. “Questa prima fase è di fatto una tregua - commenta Danilo Della Valle, deputato del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, ospite a Generazione Europa –. È un bene che non muoiano più civili, ma quello siglato assomiglia a un accordo coloniale, che non coinvolge realmente le parti palestinesi”. Uno dei punti successivamente previsti sarebbe quello che contempla la creazione di un nuovo organismo transitorio per l’amministrazione di Gaza, il cosiddetto “Board of Peace”, supervisionato da Trump stesso e dall’ex premier britannico Tony Blair. “Ma se i palestinesi non si autodeterminano – prosegue Della Valle –, è impossibile pensare a un vero Stato di Palestina”.
“Trump ha parlato molto durante l’incontro in Egitto, ma la parola ‘Palestina’ non è mai stata pronunciata – per l’eurodeputata del Partito Democratico Lucia Annunziata l’accordo, nonostante le numerose incertezze, rappresenterebbe comunque una soluzione cui guardare positivamente –. Una volta i grandi processi di pace venivano definiti nella diplomazia ‘comprehensive’, cioè comprensivi di accordi più ampi, perché un tempo la diplomazia non immaginava di mettere un cerotto su una ferita, ma di ricostruire gli equilibri. Oggi è questo il salto che dobbiamo fare”.
Il (non) ruolo dell’Ue
Tra i presenti, a titolo rappresentativo dell’Unione europea, vi era anche il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, che su X ha definito il summit di Sharm El-Sheikh come “un passo importante lungo il cammino verso la pace a Gaza”.
Alla sua, si sono sommate le reazioni di Roberta Metsola, che ha espresso ringraziamenti al presidente Usa e agli altri firmatari, e di Ursula von der Leyen, che ha dichiarato l’intenzione di contribuire “con tutti i mezzi a disposizione dell’Ue al successo del progetto di pace, fornendo sostegno alla governance e alla riforma dell’Autorità palestinese”. Oltre al contributo in termini finanziari il ruolo dell’Unione europea appare tuttavia limitato. Per Della Valle, “il contributo della Commissione Ue, così come dei singoli Stati membri, verso il Medioriente è stato nullo”. Un atteggiamento che parrebbe diverso rispetto a quello adottato nell’ambito della guerra in Ucraina: “Abbiamo votato numerosi pacchetti di sanzioni alla Russia e l’Ue le ha ripetutamente chiesto di ripagare i danni inflitti a Kiev, adesso chiederà con la stessa fermezza a Israele di ripagare i danni ai palestinesi?”.
La centralità di Trump
A emergere con maggiore centralità è stato, al contrario, il presidente Usa, di cui è nota l’ambizione a essere insignito di un Premio Nobel per la Pace. Per Annunziata, questo primo, almeno apparente, traguardo raggiunto da Trump si spiegherebbe con un paradosso, quello secondo cui “alla fine per la pace funziona usare la forza da parte degli Stati Uniti. Penso che l’America rappresenti da sempre un paradosso, che contempla da un lato l’interventismo democratico e dall’altro l’isolazionismo conservatore. I democratici fanno iniziare guerre e non sanno mai come terminarle, per ragioni elettorali, di popolo, di consenso. Invece, i repubblicani, come Trump in questo momento, si servono di un metodo molto semplice: fanno la voce dura. E questo si rivela efficace”.