Dopo la Moldavia, il voto in Repubblica Ceca fa palpitare Bruxelles

Sono ormai anni che non c’è elezioni sulla quale l’UE non si si giochi l’osso del collo. E questa settimana, a far palpitare il cuore di Bruxelles, saranno le elezioni in Repubblica Ceca. Lì si scontreranno infatti due gruppi: la coalizione di centro destra Spolu , guidata dal premier filo UE Piotr Fiala, e il partito sovranista e anti UE, ANO , guidato dall’ex premier Andrej Babis. I sondaggi, va detto, danno Babis in forte vantaggio . Oltre a ANO, poi, a dare fiato alle voci anti UE potrebbero essere altre formazioni, più piccole ma più radicali nel loro posizionamento anti europeo e filo russo, come i populisti Libertà e Democrazia Diretta , i comunisti di Stačilo! o la nuova e insolita formazione degli Automobilisti . Un quadro nel quale, dunque, non solo un partito anti UE, potrebbe avere la maggioranza relativa, ma avrebbe ampio spazio per creare alleanze post voto e raggiungere la maggioranza assoluta del Parlamento. Se questo scenario- assai probabile- dovesse verificarsi, per l’UE sarebbe un colpo molto duro. Non solo perché sarebbe l’ennesima elezione nella quale il progetto europeo prende esce sconfitto dalle urne, ma anche perché questi numeri porterebbero alla formazione di un governo. E chi governa un Paese europeo siede, con tanto di diritto di veto, nel Consiglio Europeo. Così, se Babis diventasse premier e entrasse nel Consiglio, i leader europei a non sopportare l’UE e gran parte delle suo politiche e con il potere di poter paralizzare l’intero blocco soltanto alzando una mano, diventerebbero tre: l’ungherese Viktor Orban, lo slovacco Robert Fico, e, da ultimo Andrej Babis. Questa cosa, per giunta, si verificherebbe in un momento particolarmente complesso per l’UE, sia per ragioni di agenda, che politiche. Le ragioni di agenda sono piuttosto evidenti: nei prossimi mesi occorrerà parlare di difesa, un tema che per ovvie ragioni passa da un rafforzamento europeo e da una presa di posizione contro Vladimir Putin, un leader che invece Orban, Fico e Babis, considerano amico, alleato e ingiusta vittima del bellicismo europeo. Occorrerà inoltre parlare anche di Green Deal, di bilancio, di politiche commerciali e di riforme dei trattati. Tutti temi sui quali l’UE ha bisogno come l’aria di essere veloce ed efficace, senza perdersi tra trattative e veti, e sui quali i tre leader di Ungheria, Slovacchia e Cechia si sono impegnati a dare battaglia. Le ragioni politiche per cui la probabile vittoria di Babis arriva in un momento particolarmente delicato, invece, sono un po’ più complesse è hanno a che fare con il modo stesso in cui funziona l’UE: nell’Unione l’iniziativa legislativa spetta alla Commissione, che fa proposte normative. Queste devono essere validate, in un sistema sostanzialmente bicamerale perfetto, prima dal Parlamento e poi dal Consiglio. Attualmente però Parlamento e Consiglio non hanno la stessa maggioranza, anzi ne hanno due opposte, con il Parlamento che pende verso sinistra, e il Consiglio che pende verso destra. Così, se una cosa passa al Parlamento, avrà vita difficile in Consiglio, e se una cosa è nelle corde del Consiglio, sarà respinta dal Parlamento. Per questo il peso specifico delle elezioni ceche va oltre quello delle sorti della sola Repubblica Ceca. Con il loro voto, i cechi, non decideranno solo chi dovrà governare il Paese e risolvere i suoi grandissimi problemi di inflazione e costo della vita. Ma anche chi guiderà, indirettamente, l’Europa. Buona parte del programma di Babis, infatti, non ha per nulla a che fare con la Cechia, quanto con l’Europa. E non è un caso dal momento che attorno all’UE e al ruolo della Cechia all’interno di essa, Babis ha costruito la sua fortuna politica . Al suo esordio in politica, nel 2011, infatti, Babis era su posizioni liberali e fortemente pro UE, tanto che fino a non molto tempo fa i suoi deputati europei sedevano nel gruppo di Renew Europe. Forte delle sue posizioni liberali e europeiste, nel 2017, Babis è diventato primo ministro, dando vita a un agenda di austerity e espellendo più di 80 diplomatici russi. Poi, però, le cose sono cambiate. L’UE si è fatta sempre meno popolare, e con essa anche Babis, che finì coinvolto in uno scandalo legato proprio ai fondi europei. Oggi, l’orientamento di Babis è cambiato e si è fatto, in sincrono con i sondaggi elettorali, sempre meno europeista e più filoputinano, tanto che oggi la sua agenda ruota tutta attorno al ‘fermare la follia verde’ e ‘l’immigrazione dell’Europa’ oltre che, ovviamente, a sospendere ogni ulteriore aiuto all’Ucraina. Posizioni che, da settimana prossima, saranno verosimilmente sostenute da tre esponenti di un Consiglio di 27 membri. E per bloccare tutto, al tavolo del Consiglio Europeo, di veto ne basta uno.

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Luciana Grosso