Cos’è il muro antidroni europeo di cui si parla in questi giorni?

Entro un anno, o forse poco più, l’Unione Europea potrebbe disporre di un invisibile muro di droni che ne difenda il fianco orientale. Questa, almeno, è l’idea. Questa decisione, annunciata meno di due settimane fa da Ursula von der Leyen nel corso del suo ‘Discorso sullo Stato dell’Unione’, è frutto dei timori sempre crescenti circa un possibile attacco al territorio europeo da est. Un timore, peraltro, che appare molto fondato: solo nelle ultime settimane, gli ‘incidenti’ che hanno coinvolto droni e aerei russi nello spazio aereo europeo sono stati quasi quotidiani e sempre più sfrontati. Il problema, però, è che di fronte a queste incursioni l’UE non appare ancora attrezzata per difendersi: mancano le tecnologie e soprattutto i mezzi adatti. L’UE potrebbe ipoteticamente essere pronta a combattere una guerra tradizionale, a base di aerei e artiglieria. Una guerra novecentesca, per così dire. Ma non sembra pronta a combattere una guerra moderna e tecnologica, per la quale i suoi arsenali sono obsoleti e i suoi generali impreparati. E così, oggi, per i Paesi europei, il problema non è tanto abbattere i droni, che è una cosa che siamo in grado di fare, ma riuscire a farlo in modo efficace ed efficiente. Oggi, infatti, le nostre capacità militari ci consentono di colpire un drone nemico con i proiettili o con i missili patriot del sistema di difesa antiaereo. Ma nessuno di questi sistemi è efficace o efficiente. I proiettili, ad esempio, non lo sono perché ce ne vogliono decine o centinaia per centrare un solo drone, che è progettato per scansarli. I missili Patriot invece sono praticamente infallibili, ma hanno un costo enorme: una batteria costa un miliardo di euro e un singolo missile più di un milione. Un costo sproporzionato per abbattere un drone la cui produzione costa circa 10 mila euro. Per questo, dunque, alla luce di questioni di efficacia e costi, l’unica strada possibile sembra quella di abbattere i droni con i droni. Droni che, però, l’UE non ha. Così come non ha strumenti adatti a rilevarli, intercettarli e renderli inoffensivi, come i sistemi di disturbo sonoro che ne mandano in crash il segnale. Ad oggi il Paese europeo più progredito in termini di ‘battaglia di droni’ è l’Ucraina. Fino al 2022, va detto, quasi non ne aveva. Oggi invece è uno dei Paesi al mondo che ne produce di più: si stima che in Ucraina se ne producano 4,5 milioni ogni anno. Più o meno lo stesso numero di quelli prodotti in Russia. Non solo: oltre a aver sviluppato una grande capacità di produzione di droni e un modo tanto cinico quanto efficace di usarli , l’Ucraina ha anche sviluppato una serie di difese avanzatissime per rendere i droni russi del tutto inoffensivi: radar, sensori acustici, disturbatori di segnale, intercettori. L’Europa invece, ad oggi, non ha niente di tutto questo: né un’industria che produca droni a un ritmo così intenso, né strategie e addestramento per usare i droni in modo efficace, né sistemi di difesa tecnologica che impediscano a questi oggetti volanti di colpirci. Una inadeguatezza, un residuo di ‘900, cui l’operazione ‘muro di droni’ dovrà porre fine, e possibilmente farlo nel tempo più breve possibile. Così, se l’idea di questo muro è stata lanciata da Von der Leyen poche settimane fa, lo scorso venerdì una riunione di dieci Paesi europei ha dato il via all’operazione che sarà discussa mercoledì 1° ottobre da una riunione informale del Consiglio Europeo. Da quel momento in poi occorrerà decidere quanto stanziare , i tempi e gli strumenti con cui farlo. Il tutto in un contesto da foglio bianco, nel quale la storia dei droni europei appare ancora tutta da scrivere, con molta fantasia e pochissimo tempo, dal momento che la previsione dello scorso giugno, secondo la quale la Russia potrebbe attaccare un Paese europeo entro cinque anni, appare decisamente superata dai fatti. E il tutto alla presenza del paradosso che, verosimilmente, l’Europa si ritroverà a chiedere armi, addestramento e tecnologia all’Ucraina, il Paese al quale abbiamo fornito armi per anni e al quale, ora, potremmo doverne chiedere.

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Luciana Grosso