In Moldavia hanno vinto i filo UE

Buone notizie per l’Unione Europea: in Moldavia le elezioni sono state vinte dal partito filo UE, PAS, Partito di Azione e Solidarietà che ha sbaragliato i sondaggi e si è assicurato, da solo, la maggioranza assoluta. La ragione per cui Bruxelles attendeva con tanta trepidazione il voto in Moldavia, cioè in un Paese che non fa parte dell’UE, avevano a che fare con il fatto che lì, su quella piazza, si giocava una partita molto più grande della sola scelta del parlamento moldavo, ma che riguardava la credibilità del progetto europeo e gli assetti strategici dell’Europa centrale. Questo perché alle elezioni moldave si scontravano due partiti. Uno, il PAS, Partito di Azione e Solidarietà, guidato dalla Presidente Maia Sandu, che da anni si fa promotore dell’adesione moldava all’UE, e il BECS, Blocco Patriottico di Comunisti e Socialisti, che invece si colloca su posizioni radicalmente anti UE e filo putiniane. Una scelta che assomigliava a un referendum sulla credibilità dell’Europa: se gli elettori avessero scelto PAS, questo avrebbe significato che il percorso intrapreso negli ultimi anni in direzione dell’avvicinamento all’UE aveva sostegno popolare ed era considerato positivo; se gli elettori avessero invece scelto BECS, questo avrebbe significato che le scelte filo UE fatte da Sandu erano solo una questione urbana e di élite, una scelta calata dall’alto e per nulla condivisa dai cittadini. Il risultato del voto, sorprendentemente buono per il partito di Sandu, PAS, ha significato che le persone moldave, chiamate a scegliere tra un partito che vuole avvicinarsi all’UE e uno che invece vuole tenersene il più lontano possibile, hanno scelto il primo. E di conseguenza l’UE stessa. Una buona notizia per una Bruxelles così tremolante, ma riuscita a essere attraente per chi non ne fa parte. Oltre a tutto questo, poi, a rendere più complicato il ruolo della Moldavia in questa partita che da anni si gioca tra UE e Russia per le diverse aree di influenza c’erano almeno altre quattro ragioni. La prima è storica: la Moldavia è un ex repubblica sovietica, che la Russia continua a considerare una sua estensione naturale. La seconda è militare e geografica, poiché la Moldavia è incastrata tra la Romania e l’Ucraina e avere un governo amico in quell’area avrebbe consentito a Putin di arrivare al confine dell’Unione Europea e, contemporaneamente, di poter avere un trampolino di lancio per attaccare, in una morsa a tenaglia, l’Ucraina da Ovest. La terza è politica: il lato orientale della Moldavia afferisce alla repubblica indipendentista e filorussa di Transnistria. La quarta è che, a quel che risulta, la Russia avrebbe compiuto molti sforzi per influenzare il voto in Moldavia, schierando tutte le forze della sua guerra ibrida a base di propaganda, fake news e agitatori sociali: questo voto era anche un test per verificare la capacità di penetrazione della propaganda di Mosca nelle società. Certo, a dispetto dei numeri, la vittoria non è completa: ci sono enormi problemi di credibilità del risultato, denunce di brogli e minacce di disordini. Però, in base alle prime analisi del voto, quel che sembra, è che si sia replicato lo schema già visto nel caso del referendum dello scorso autunno sulla possibilità o meno di inserire in costituzione l’obiettivo di aderire all’UE. A votare a sostegno dell’Europa erano stati i giovani, le città, e i moldavi della diaspora. A votare contro l’UE, le campagne, gli anziani e i piccoli centri. Un quadro che, se letto correttamente, può ridimensionare il sollievo europeo, perché, come fa notare il portale dedicato all’allargamento, The New Europe Post: “la profonda polarizzazione politica – e in una certa misura sociale – lascia poco spazio a rassicurazioni, sia a Chişinău che a Bruxelles”. Un’analisi che conferma che, per quanto maggioritaria, l'idea di Europa non è una idea ecumenica, che mette d'accordo tutti e che è considerata evidente veicolo di prosperità e giustizia. Anzi: appare un'idea divisiva e polarizzante, sulla quale accapigliarsi. E in questo, Vladimir Putin, ha comunque segnato una vittoria. Se non nelle urne, almeno nella testa delle persone.

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Luciana Grosso