Charlie Kirk, l’influencer che ha avvicinato Trump ai giovani

Per molti Charlie Kirk è ‘quello del delfino’. Il fatto che molti associno il nome e il volto di Charlie Kirk alla parola delfino ha a che fare con un video diventato virale qualche tempo fa. Nel video il comico Charlie Ben Gleib lo sfida sul tema dell’aborto e gli mostra la foto di un feto chiedendogli “tu asserisci che questo è un essere umano?”. Kirk risponde “Senza dubbio”. Peccato che la foto del feto fosse quella del feto di un delfino. Il video, ovviamente, divenne virale, facendo sganasciare per alcune ore tutti i pro choice d’America e tutti quelli che ritenevano tossiche e retrive le posizioni ultraconservatrici di Kirk. Un punto segnato, senza dubbio. Ma come tutti i punti segnati, anche quello sul delfino, ha fatto perdere di vista il nodo principale della questione. E cioè che Charlie Kirk non è solo ‘quello del delfino’ ma un attivista e soprattutto influencer di politica tra i più seguiti d’America. Capace di allestire, nel 2012, quando era ancora studente e Barack Obama solidamente Presidente , un’associazione di studenti conservatori, Turning Point, un gruppo che in meno di dieci anni è diventato l’organizzazione giovanile più importante d’America, in grado di passare da una raccolta di 4,2milioni di dollari nel 2016 a una di 92 milioni nel 2023. Negli anni, Turning Point ha aperto sedi in decine di campus, occupandosi di fare propaganda per i temi cari ai conservatori e soprattutto registrando e portando al voto migliaia di giovani su posizioni utili alla causa di Donald Trump e del movimento MAGA. Un ruolo non da poco, se si considera quanto veloce e improvvisa è stata la crescita di Donald Trump nel segmento dei giovani elettori, soprattutto se maschi e bianchi. Un risultato che ha ottenuto non limitandosi, come gli altri gruppi di studenti conservatori, a organizzare eventi, ma trasformando gli studenti stessi in un evento, e finanziando copiosamente le campagne elettorali dei giovani conservatori candidati alle cariche studentesche. Oppure, ed è il trucco più vecchio del mondo, coalizzandoli attorno a un nemico comune e identificabile. In questo senso va letta la creazione del progetto maccartista Professor Watchlist, una specie di libro nero di tutti i professori che avevano espresso posizioni di sinistra o nei cui programmi si potevano ravvisare temi e testi contrari all’ortodossia MAGA. È opinione comune che il peso di Kirk, della sua efficacissima retorica, del suo certosino lavoro nei campus, del suo profilo X da 5 milioni di follower e del suo Podcast The Charlie Kirk Show, siano stati determinanti per la vittoria di Trump nel 2024 e soprattutto per il radicamento del suo movimento. Ed è un fatto che, negli ultimi anni, Kirk sia stato sempre al fianco del Presidente, sia nel corso del suo primo mandato, che nel periodo della Presidenza Biden, e in quello del grande ritorno. Una fedeltà che, con il tempo, non solo gli ha fatto perdonare la freddezza iniziale ma lo ha fatto entrare nel circolo più ristretto del Presidente. Secondo il New York Times, nel corso del primo mandato di Trump, Kirk sarebbe stato più di 100 volte alla Casa Bianca, diventando uno dei consiglieri più ascoltati del Presidente, che ne subiva il fascino e soprattutto rispettava molto il fatto che Kirk sapesse e sapesse fare cose che a lui sfuggivano. Come per esempio svecchiare i temi conservatori, trasformarli in cavalli di battaglia non più della vecchia e bolsa generazione dei boomer, ma della più aggressiva gen Z, e come soprattutto riuscisse a trasformare la mobilitazione attorno a quei temi in voti e in denaro sonante. Perché questo, tra gli altri, è stato uno dei miracoli di Kirk: raccogliere microdonazioni e svincolare i finanziamenti del partito dai grandi fondi e dai grandi donatori, trasformando il finanziamento della campagna Trump in una faccenda popolare. Dopo la vittoria del 2024, Kirk, che pure non ha mai rivestito nessun ruolo nè nella prima né nella seconda amministrazione, si è trasferito nella magione di Mar-a-Lago, per selezionare con il Presidente eletto tutti i nomi della futura amministrazione, scegliendoli sulla base del criterio della lealtà mostrata. Lealtà che in Kirk non è mai venuta meno, anzi, si è consolidata nel tempo. E che Trump ha sempre ripagato, a suon di retweet, telefonate sul suo cellulare privato e di posti in prima fila nello Studio Ovale. Ieri, il Presidente gli ha reso l’ennesimo omaggio, dando ordine di issare a mezz’asta tutte le bandiere degli uffici pubblici del Paese. Un modo per ringraziarlo di voti e fedeltà, forse. O forse il segnale che Trump aspettava per dare il via a una ennesima spaccatura del Paese e a una ennesima, durissima, repressione del dissenso.

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Charlie Kirk, l’influencer che ha avvicinato Trump ai giovani

Luciana Grosso