Introduzione
Il 9 settembre un raid dei caccia israeliani ha colpito una villetta nell'elegante quartiere Qatara di Doha, in Qatar. Obiettivo: annientare i vertici di Hamas riuniti nell’edificio. Le potenti esplosioni provocate da dieci bombe hanno causato grandi colonne di fumo. L’attacco a sorpresa, definito “storico” perché è la prima volta che l'Idf attacca il Qatar, ha avuto un esito ancora incerto. Sulla sorte dei “target” israeliani non c'è certezza, dopo una giornata di voci e smentite e l'ipotesi che le bombe abbiano fatto i maggiori danni sulla casa vicina a quella della riunione.
Quello che devi sapere
Cosa è successo
L'operazione “Fire summit”, a quanto pare, era stata preparata in tutti i dettagli da oltre un anno dalle agenzie di sicurezza. Il centro dell'edificio bombardato è crollato su sé stesso, la polizia ha impedito alla gente di avvicinarsi e fare foto. L'obiettivo dell’attacco era particolarmente complesso: il luogo di incontro dei dirigenti di Hamas si trovava in un quartiere residenziale molto noto di Doha. I caccia israeliani hanno fatto rifornimento in volo, prima dello strike a 1.800 chilometri dalla base.
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Chi erano gli obiettivi
La costruzione colpita stava ospitando, tutti insieme sembra, proprio gli obiettivi di Israele: Khalil al-Hayya, Khaled Mashaal, Muhammad Darwish, Razi Hamad e Izzat al-Rishq, riuniti forse proprio per discutere l'ultima proposta americana di un accordo globale di cessate il fuoco a Gaza e rilascio degli ostaggi israeliani. Tutta la leadership di Hamas, accusata da Idf e Shin Bet di "aver guidato per anni le attività terroristiche contro Israele e direttamente responsabili del massacro del 7 ottobre”. Hamas, nella prima dichiarazione ufficiale dopo il bombardamento, ha affermato che "il tentativo di Israele di uccidere il team negoziale è fallito: nel raid invece sono rimasti uccisi cinque membri della delegazione".
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I motivi del raid
Secondo i commentatori, l'azione militare di Israele aveva due obiettivi principali. Il primo, eliminare Khalil al-Hayya e Zaher Jabarin dal team negoziale di Hamas, poiché hanno tenuto una posizione intransigente durante i negoziati. Poi, forse, tirare in ballo nei colloqui uno degli ultimi leader militari rimasto in vita a Gaza, il comandante Izz al-Din al-Haddad, che è sembrato "disposto a scendere a compromessi e incline ad accettare l'ultima proposta americana”.
Il ruolo del Qatar
Ma perché i leader di Hamas si trovano a Doha? Negli ultimi anni il Qatar è diventato un crocevia imprescindibile per comprendere la vicenda palestinese e, in particolare, l'evoluzione di Hamas. Il piccolo emirato del Golfo ha saputo costruirsi un ruolo da protagonista in Medio Oriente, muovendosi su più piani: finanziatore dell'organizzazione islamista, mediatore nei negoziati con Israele e al tempo stesso alleato strategico degli Stati Uniti, che mantengono a Doha una delle basi più importanti della regione.
La visita dell’emiro a Gaza
Il punto di svolta è datato 23 ottobre 2012. Quel giorno l'allora emiro Hamad bin Khalifa al-Thani compì una visita ufficiale nella Striscia di Gaza, primo capo di Stato al mondo a farlo. Un gesto altamente simbolico, che segnò il definitivo schieramento di Doha con Hamas a scapito dell'Olp di Abu Mazen. La mossa avvenne in un momento delicato: Hamas stava prendendo le distanze dai Fratelli musulmani, suo riferimento originario, e si avvicinava sempre di più all'Iran. La visita dell’emiro sancì una nuova stagione di rapporti politici e finanziari.
Hamas a Doha
Hamas trovò a Doha non solo un rifugio sicuro per i propri leader, ma anche una fonte stabile di risorse economiche in grado di tenere in piedi l'amministrazione di Gaza. Doha ha messo a disposizione centinaia di milioni di dollari per pagare i salari dei funzionari pubblici legati a Hamas e per fornire energia elettrica alla Striscia con un rapporto supervisionato dai servizi segreti israeliani ed egiziani. Una scelta sorprendente, ma tollerata da Gerusalemme per contenere l'instabilità e scongiurare un'escalation militare. L'ospitalità concessa ai leader di Hamas ha dato al Qatar un duplice vantaggio. Da un lato, l'emirato si è accreditato come mediatore indispensabile: la sua capitale ospita periodicamente negoziati sul cessate il fuoco o sul rilascio degli ostaggi israeliani. Dall'altro, Doha rafforza così la propria proiezione geopolitica, mantenendo rapporti aperti sia con l'Iran e la Turchia - sponsor di Hamas - sia con gli Stati Uniti e, indirettamente, con Israele.
I vantaggi per Hamas (e per il Qatar)
Per Hamas, risiedere a Doha significava fino a oggi avere una base sicura lontano dai bombardamenti israeliani, ma al centro dei tavoli diplomatici che contano. Per il Qatar, invece, significa restare un attore chiave in Medio Oriente, capace di giocare più partite contemporaneamente e di presentarsi come interlocutore irrinunciabile per tutti. Questa relazione, però, non è priva di contraddizioni. L'attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele ha rimesso in discussione la strategia di finanziare Hamas per mantenerla sotto controllo. Tuttavia, il legame tra Doha e l’organizzazione islamista affonda le sue radici in oltre vent'anni di storia e non appare destinato a spezzarsi facilmente.
Le conseguenze
A causa dei suoi rapporti con Hamas e altri gruppi come i Fratelli Musulmani, nonché del suo rifiuto di soddisfare le richieste delle potenze regionali di interrompere i legami con l'Iran, nel giugno 2017 quasi tutti i Paesi della regione hanno imposto un blocco al Qatar, accusandolo di sostenere il terrorismo e di minacciare la sicurezza e la stabilità. Dallo scoppio della crisi di Gaza, con le relazioni politiche ora ristabilite, il Qatar ha rafforzato la cooperazione con l'Egitto, con il quale ha mediato a fianco degli Stati Uniti, svolgendo un ruolo chiave negli accordi che hanno portato al rilascio di alcuni ostaggi israeliani detenuti nella Striscia.
I negoziati
Doha ha ospitato almeno cinque importanti round di negoziati indiretti tra Israele e Hamas, oltre a molteplici contatti diplomatici rilevanti per un cessate il fuoco definitivo. Nell'agosto 2024, i negoziati erano sul punto di concretizzarsi in un accordo e dopo il fallimento di quell'iniziativa, il Qatar si è temporaneamente ritirato dalla mediazione e si è persino parlato di espellere i funzionari di Hamas residenti nel Paese. Tuttavia, è tornato a facilitare i contatti indiretti tra Hamas e Israele, tanto che il governo di Benjamin Netanyahu ha pubblicamente riconosciuto il ruolo fondamentale dell’emirato come mediatore, anche se alcuni membri del gabinetto ritengono che Doha stia facendo un "doppio gioco" facendo troppe concessioni ad Hamas. Intanto dopo l’attacco di ieri il Qatar ha rinviato i negoziati in data da decidere.
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