Francia, verso la fine del governo Bayrou: domani il voto di fiducia. Cosa sappiamo

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Dopo aver formulato una proposta di bilancio per il 2026 per arginare il crescente debito pubblico del Paese, il premier francese Bayrou ha chiesto per lunedì 8 settembre un voto di fiducia sulla legge di bilancio. La sinistra e l'estrema destra hanno annunciato che voteranno contro. Ora, il presidente Macron sarà chiamato a scegliere un nuovo primo ministro

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Il governo francese è in crisi. Meno di nove mesi dopo la caduta del governo di Michel Barnier, in funzione per 99 giorni, il suo successore, il premier centrista François Bayrou, si prepara ora a veder rovesciato anche il suo esecutivo. Dopo aver formulato una proposta di bilancio per il 2026 che include 44 miliardi di euro di tagli alla spesa e aumenti di tasse e l'eliminazione di due giorni festivi, per arginare il crescente debito pubblico del Paese, il primo ministro francese ha chiesto per lunedì 8 settembre un voto di fiducia sulla legge di bilancio. La sinistra e l'estrema destra hanno annunciato che voteranno contro facendo preannunciare un nuovo periodo di incertezza politica nel Paese. Ora, il presidente Emmanuel Macron sarà chiamato a scegliere il suo quinto primo ministro dalla sua rielezione nel maggio 2022. 

La denuncia

Il primo ministro francese, François Bayrou, che con ogni probabilità si avvia domani ad un voto di sfiducia ha denunciato forze politiche "in guerra civile le une contro le altre" da tre anni in Parlamento, che si "si alleano per abbattere il governo". Secondo Bayrou ci sono "delle formazioni politiche che non solo non sono d'accordo su niente, ma sono in guerra civile aperta le une con le altre.... e si mettono insieme per abbattere il governo", ha detto il premier ai microfoni di uno dei più seguiti media on line, Brut.     

La crisi del governo francese

La Francia attraversa un periodo di instabilità senza precedenti sotto la Quinta Repubblica (proclamata nel 1958) da quando il capo dello Stato ha deciso di sciogliere l'Assemblea Nazionale, nel giugno 2024, a seguito della vittoria dell'estrema destra alle elezioni europee. Le elezioni anticipate hanno portato alla formazione di tre blocchi senza una chiara maggioranza (un'alleanza di sinistra, il centro-destra e l'estrema destra), i cui scontri rendono fragile qualsiasi coalizione di governo. I leader del Rassemblement National (estrema destra) hanno chiesto uno "scioglimento ultrarapido" dell'Assemblea Nazionale e, secondo gli ultimi sondaggi, il partito uscirebbe vincitore al primo turno di un'eventuale elezione. Macron ha ventilato la possibilità, dichiarando che non intende ricorrervi, ma senza escluderla formalmente. Secondo Mathieu Gallard dell'istituto Ipsos uno scioglimento, tuttavia, "probabilmente non" cambierebbe le carte in tavola. “Secondo i sondaggi condotti negli ultimi giorni, i rapporti di forza rimangono complessivamente più o meno gli stessi del 2024", ha spiegato Gallard.

I possibili scenari

Il partito di sinistra radicale (La France Insoumise, Lfi) chiede invece le dimissioni di Macron. E secondo un sondaggio divulgato nei giorni scorsi, il 64% dei francesi vorrebbe elezioni presidenziali anticipate. Il presidente però ha già assicurato che concluderà il suo mandato nel 2027. E attualmente l'opzione preferita resta quella di eleggere un nuovo primo ministro. Il Partito Socialista (Ps, 66 deputati) è stato il più esplicito nel proporsi come alternativa, formulando un piano che prevede un bilancio di 22 miliardi di risparmi, basato su un'imposta del 2% sui patrimoni superiori a 100 milioni di euro, nonché una sospensione della riforma pensionistica del 2023. Questa opzione porterebbe all'uscita del partito di destra Les Républicains (49 deputati) dall'attuale coalizione, probabilmente quella del partito Horizons dell'ex Primo Ministro Edouard Philippe (centro-destra, 34 deputati), o persino del MoDem di François Bayrou (centro, 36 deputati). A sinistra, La France Insoumise (71 deputati), alleato dei Socialisti durante le elezioni dello scorso anno, condanna un "pasticcio" politico che porterebbe il Ps a governare con la "Macronie". Una soluzione possibile rimane dunque quella di un primo ministro non appartenente al Ps, accettato da un ampio spettro che va dal centro-destra al Ps. 

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La mobilitazione dei cittadini

La nuova crisi politica in Francia si inserisce in un contesto di sfiducia nei confronti dei politici che, secondo un sondaggio pubblicato nei giorni scorsi, sono considerati "non efficaci nell'affrontare i problemi del Paese" da 9 francesi su 10. Inoltre, sui social circola dall'estate un appello a "bloccare tutto" il 10 settembre. Questa mobilitazione, la cui portata è difficile da prevedere, riunisce spiriti diversi, spesso di sinistra, ex manifestanti dei "gilet gialli", attivisti di partiti politici come Lfi e sindacati come la Cgt, che hanno indetto uno sciopero quel giorno.

L'obiettivo delle proteste

Il 18 settembre inoltre, tutte le organizzazioni sindacali hanno proclamato scioperi e manifestazioni. Se avranno successo, queste mobilitazioni potrebbero pesare sui negoziati politici. Secondo alcuni, come Mathieu Gallard, queste proteste potrebbero "indebolire il presidente e spingere le forze di sinistra e il Raggruppamento Nazionale verso una sorta di escalation".

La posizione di Bayrou

"Verranno mobilitati tutti i mezzi per evitare il blocco del paese e le violenze". François Bayrou, parlando della mobilitazione sociale in programma con proteste e serrate. Nella sua intervista a 'Brut' alla vigilia del voto di fiducia, il premier ha sottolineato che "lo stato c'è per prendere precauzioni in tutte le circostanze. Bloccare il paese risolve forse le difficoltà del momento?". -

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