Clima e blackout: le reti elettriche europee reggeranno le estati torride?

Quella attuale ci sta concedendo temperature più tollerabili alle nostre latitudini, ma le torride estati degli ultimi anni portano con sé un monito: le ondate di calore capaci di infrangere i record di caldo non sono più eccezioni meteorologiche da affidare ai ricordi, ma eventi sistemici capaci di sconvolgere la nostra vita quotidiana. Un esempio su tutti? Quello delle infrastrutture elettriche che si trovano a fronteggiare una domanda di energia esponenzialmente crescente, che nemmeno l’apporto del settore rinnovabili riesce a soddisfare. Secondo un’analisi di questi giorni del think-tank Ember, la forte ondata di caldo che ha colpito l’Europa tra la fine di giugno e l’inizio di luglio ha portato a crescite del 14 % della domanda di elettricità nell’Unione, il che ha a sua volta generato costi dell’energia raddoppiati . In Germania e Spagna, Stati membri dell’UE in cui la produzione di energia coi pannelli solari è particolarmente sviluppata, il comparto rinnovabile ha potuto soltanto tamponare la domanda diurna; per la sera, spiega Ember, l’assenza di sistemi di accumulo adatti ad affrontare la crisi ha portato a nuove impennate nei prezzi e allo spettro incombente dei blackout. Diverse ricerche – ad esempio quella recente dell’Istituto per la Competitività, un altro gruppo di ricerca specializzato – dimostrano gli effetti deleteri del calore sul versante delle infrastrutture energetiche: danni alle componenti della rete elettrica, cavi surriscaldati, cortocircuiti a iosa, ridotta capacità dei trasformatori e vulnerabilità a macchia d’olio. Ma il tema ormai da tempo fa anche capolino sui media mainstream: le conseguenze politiche e tecnologiche delle ondate di calore record richiedono prima riflessioni urgenti, e poi cambi di passo nella policy di gestione delle infrastrutture. Con l’avanzata delle energie rinnovabili, è probabile che le reti del futuro avranno configurazioni più flessibili, saranno meno dipendenti dai grandi impianti tradizionali e più supportate da sistemi stabili di riserva. Il grande blackout che ha colpito la Spagna e il Portogallo alla fine di aprile, che ha portato a ore di buio completo e disagi a raffica nella penisola iberica, è stato la dimostrazione lampante di uno scenario profondamente mutato: nel giro di pochi secondi la rete ha perso oltre 2.200 MW di capacità di generazione, diversi collegamenti di importanza critica con la Francia sono andati offline, la frequenza è crollata e il sistema si è accartocciato su se stesso. Solo verso le 4:00 di mattina del giorno successivo, dopo undici ore di pathos, la situazione è tornata alla normalità. Esiste un ulteriore nesso coi cambiamenti climatici che fa da sfondo alle cause del blackout spagnolo: la riduzione dei margini di generazione termica nei giorni immediatamente precedenti l’accaduto, in aggiunta alle tensioni strutturali, ha dimostrato al pubblico che le reti elettriche si sono rivelate fragili proprio quando c’era bisogno della loro massima affidabilità. Kristina Ruby, segretaria generale della lobby comunitaria di settore Eurelectric, ha commentato che gli operatori dell’elettricità devono confrontarsi con una «realtà dura», e nel contempo prepararsi a scenari sempre più complessi e difficili con cui fare i conti. Sempre a livello continentale europeo, un rapporto del Parlamento UE ha rilevato che l’età mediamente elevata delle reti – la metà delle linee elettriche d’Europa ha più di 40 anni – e una penetrazione delle energie rinnovabili già vicina al 50% del mix elettrico continentale richiedono 2mila miliardi di dollari di investimenti entro il 2050. Al momento l’UE stanzia circa 300 miliardi l’anno per le reti elettriche, ma l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha raccomandato agli Stati membri di raddoppiare questo dato entro il 2030, in modo da scongiurare il ripetersi di blackout ricorrenti. Gli obiettivi dell’UE per il 2030 prevedono il raggiungimento di una maggiore interconnessione fra gli Stati e una capacità di storage almeno pari a 50 GW . L’impatto dei cambiamenti climatici sul funzionamento degli impianti è evidente: in Francia, durante la canicola di giugno, 17 reattori nucleari su 18 hanno dovuto fare i conti con riduzioni di capacità o diminuzione dell’output produttivo a causa delle temperature inusualmente elevate delle acque dei fiumi utilizzati per il raffreddamento; in Svizzera, per questo motivo, si è fermato l’impianto di Beznau. E anche l’idroelettrico ne è uscito compromesso, per colpa della siccità naturalmente conseguente alla riduzione dei flussi d’acqua. Secondo i dati del Copernicus Climate Service l’Europa nel 2024 è stato il continente più caldo del pianeta, a causa delle sue ondate di calore prolungate, e la metà delle grandi città europee ha già adottato nuovi piani di adattamento ai cambiamenti climatici. L’analisi dell’Europarlamento segnala che le temperature estreme riducono l’efficienza degli impianti e aumentano la probabilità di interruzione del servizio elettrico, con conseguenze importanti per i cittadini. In Italia, i blackout registrati a Firenze e Bergamo nello scorso luglio – che sono durati ore, e hanno portato tra l’altro a negozi chiusi e ascensori bloccati – mostrano che la situazione è già emergenziale anche nel centro-sud europeo: nella città orobica a sopperire a parte dell’energia mancante ci hanno pensato alcuni generatori, ma i lavori di ripristino hanno impiegato giorni per riportare la situazione alla normalità. Il think tank I-Com evidenzia come questi guasti provocati dal calore, col conseguente aumento dei consumi per l’aria condizionata, e l’inefficienza termoelettrica dovuta alle alte temperature – richiedono azioni di adattamento a livello comunitario: servono incentivi alle fonti di energia rinnovabile, un efficientamento radicale delle reti elettriche, nuove smart‑grid e tecnologie di accumulo distribuito, oltre che una modernizzazione dei trasformatori e delle linee. Un paper dello scorso settembre applicato al sistema italiano stima che, tenendo conto dei fattori climatici e meteorologici, al nostro Paese saranno necessari ulteriori 5‑8 GW di capacità fotovoltaica – oltre a un’espansione del passaggio a batteria ben oltre i target previsti per il 2030 – per garantire stabilità del sistema nelle ore di punta della stagione estiva. Il cambiamento climatico incide in modo profondo, oltre che diretto, sulla stabilità dell’approvvigionamento elettrico del nostro continente. Il caldo estremo amplifica la domanda, scombina la produzione delle centrali termiche, mette a soqquadro l’idroelettrico e il nucleare, provoca danni alle diverse parti delle reti. E solo con investimenti massicci in infrastrutture resilienti e sistemi smart si potrà evitare che un picco di temperatura si trasformi in blackout sistemico, al costo di miliardi di euro e disservizi a pioggia. Quando si tratta della gestione dell’energia, la torrida estate può avere effetti paralizzanti.

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Davide Piacenza