Trump e Putin: è davvero un ritorno al dialogo?

Le porte girevoli dell’umorale diplomazia di Donald Trump non si fermano mai. Meno di due settimane dopo aver dichiarato di sentirsi “irritato” con la Russia e aver concesso a Mosca un massimo di dieci giorni per cessare le ostilità in Ucraina – e a meno di una settimana dalla minaccia di inviare sottomarini nucleari in aree strategiche per colpire la Russia – lo scenario è di nuovo cambiato. Ora non si parla più di scontro diretto tra Stati Uniti e Russia, né di escalation distruttive, ma di un possibile incontro faccia a faccia tra Donald Trump e Vladimir Putin, che – secondo quanto confermato sia dalla Casa Bianca che dal Cremlino – potrebbe tenersi “nei prossimi giorni”. In attesa di dettagli più precisi, la situazione evolve rapidamente. Ieri, scadenza teorica dell’ultimatum lanciato da Trump, Vladimir Putin ha incontrato a Mosca Steven Witkoff, inviato speciale del presidente americano per l’Ucraina. Non è noto il contenuto della conversazione, ma Trump ha riferito alla stampa di “progressi significativi”. Per ora, questi progressi non si sono tradotti in un allentamento dell’assedio russo su Kiev, bensì nella concreta possibilità di un vertice tra il presidente russo e quello statunitense. Un incontro che – almeno al momento – escluderebbe sia l’Ucraina che l’Unione Europea, ovvero gli altri attori fondamentali del conflitto. Se davvero si concretizzasse, l’incontro Trump-Putin potrebbe rivelarsi un momento chiave della diplomazia americana degli ultimi anni. L’ultimo faccia a faccia tra Putin e un presidente americano risale al 2021: fu un vertice teso a Ginevra con Joe Biden, pochi mesi prma dell’invasione russa dell’Ucraina. Non è un mistero che Donald Trump nutra ammirazione per Vladimir Putin, né che consideri Ucraina e Unione Europea attori minori, poco degni del suo tempo e della sua attenzione. Fin dalle prime settimane del secondo mandato, Trump si è convinto che la fine della guerra in Ucraina debba passare da Mosca. E debba passare da un riconoscimento, più o meno implicito, delle richieste russe. In estrema sintesi, Trump mira alla fine della guerra a qualsiasi costo. Anche – forse – per ragioni personali, come l’ambizione di essere premiato con un Nobel per la Pace. È in quest’ottica che va letto il suo attivismo diplomatico: incontri, dichiarazioni, e soprattutto l’idea costante che il primo interlocutore da coinvolgere sia sempre e comunque Putin. A confermare questa linea c’è anche quanto accaduto a febbraio: incontri a Doha tra emissari americani e russi, e, più recentemente, la controversa scena del litigio nello Studio Ovale tra Trump e Zelensky. Questa strategia, che tende ad ascoltare più Mosca che Kiev, non ha finora prodotto risultati concreti. Così come non li ha prodotti l’invio di armi a Kiev o l’inasprimento del tono verso la Russia. La guerra, al contrario, è ancora lì, forse più radicata che mai. Proprio per questo il possibile incontro tra Trump e Putin, pur restando solo ipotetico, ha attirato tanta attenzione. Non solo perché potrebbe aprire uno spiraglio verso un cessate il fuoco, ma anche perché potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase nella politica estera trumpiana. Una fase che – se davvero prendesse forma – potrebbe riavvicinare Washington a Mosca. O, all’opposto, sancirne definitivamente la distanza. In ogni caso, ridefinirebbe la gerarchia delle relazioni diplomatiche statunitensi. Con un messaggio implicito ma chiaro: gli Stati Uniti dialogano da pari solo con gli arcinemici russi, mentre lasciano l’Europa e l’Ucraina ad aspettare in panchina. E, se necessario, ad adattarsi ai fatti compiuti.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Trump e Putin: è davvero un ritorno al dialogo?

Luciana Grosso