Trump rinvia dazi al 1° agosto: “Ue ci sta trattando bene, entro 2 giorni lettera”

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Il presidente Usa fa slittare ancora in avanti l'entrata in vigore delle tariffe "reciproche" sulle importazioni di beni esteri. L'accordo con l'Ue intanto sembra essere vicino, ma non sarà a dazi zero: cosa sta succedendo

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L’accordo tra Stati Uniti ed Unione Europea sui dazi sembra essere vicino, “entro due giorni" secondo quanto dichiarato da Donald Trump. Tuttavia non sarà indolore: non ci saranno infatti i dazi zero, come auspicava l'Europa. Nella lettera che il presidente degli Stati Uniti si prepara a firmare il compromesso si dovrebbe fermare con ogni probabilità intorno al 10%. Quanto basta per una prima intesa di principio che, ancora da perfezionare, non scioglie il nodo dei settori strategici su cui il Vecchio Continente vorrebbe strappare esenzioni e invece l’inquilino della Casa Bianca rilancia. "L'Ue ora ci sta trattando molto bene", ha osservato durante una riunione di governo, riferendo dei contatti diretti con Ursula von der Leyen. 

Il patto e le contromisure

Il patto alle porte tra Washington e Bruxelles non cancellerebbe le tariffe già in vigore su acciaio, alluminio e automotive. Un quadro che, aggravato dall'ulteriore incertezza portata dalla nuova spirale di misure reciproche, ha riacceso le tensioni nei Ventisette. Berlino ha alzato la voce: l'intesa, secondo quanto detto dall ministro delle Finanze Lars Klingbeil al Bundestag, "dovrà essere equa". In caso contrario, "le contromisure sono pronte". All'indomani della prima raffica di tariffe tra il 25 e il 40% - operative dal primo agosto - per i Paesi come il Giappone ritenuti non collaborativi, Trump ha rivendicato "i 100 miliardi di dollari già incassati" negli ultimi novanta giorni grazie ai dazi, assicurando di "non aver ancora cominciato". E le minacce non si fermano: sul rame pende l'ipotesi di una tariffa al 50%, mentre per i prodotti farmaceutici il tycoon ha agitato lo spettro di un'aliquota monstre del 200%, pronta a entrare in vigore entro un anno.    

Cosa succede a Bruxelles

L'Ue, in base a quanto comunicato dal segretario al Commercio Howard Lutnick, ha preparato delle "vere offerte" e ha "indicato che aprirà il suo mercato". Adesso però sarà il presidente statunitense a decidere "come usarle". Un'imprevedibilità che alimenta i malumori tra i Ventisette, allarmati per la mancanza di aperture chiare ad esenzioni sui comparti chiave: dal pilastro tedesco dall'automotive ai metalli industriali, passando per legname e l’agroalimentare, punto nevralgico per Italia e Francia. Tanto che tra le istituzioni Ue il fugace sollievo per la proroga negoziale fino al primo agosto si è presto trasformato in nuova inquietudine. Il compromesso con Washington, ha spiegato a porte chiuse il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, agli eurodeputati socialisti riuniti a Strasburgo - e già in pressing nell'invocare la rappresaglia europea contro "il bullismo americano" - sarà un'intesa di principio ancora lontana da una definizione completa.    

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È arrivata però una dura presa di posizione da parte dei Socialisti e democratici dell’Ue: la presidente Iraxte Garcia Perez ha infatti scritto su X: “Ci rammarichiamo di questa guerra commerciale, che aumenta i costi, danneggia posti di lavoro e aggrava la disuguaglianza globale. L'Europa ha bisogno di una strategia ferma e unita, con chiare linee guida, conseguenze concrete e prontezza ad agire. Non ci piegheremo al bullismo. È ora di guidare un commercio globale equo e basato su regole. Il presidente Usa ha intanto definito "definitive, ma non al 100%" le tariffe che dovrebbero quindi partire dal prossimo mese, aprendo così a "offerte diverse" da parte dei vari Stati colpiti. Al tempo stesso ha però annunciato dazi dal 25% al 40% per diversi Paesi ritenuti non collaborativi.

Le lettere con dazi dal 25% al 40%, dal Giappone al Sudafrica

Ieri Trump ha inviato lettere ai rappresentanti di Giappone, Tunisia e Corea del Sud, comunicando tariffe al 25%. Così anche per Malesia e Kazakistan. I dazi sono al 30% per Sudafrica e Bosnia, del 32% per l’Indonesia, del 35% per il Bangladesh e la Serbia, del 36% per Thailandia e Cambogia, del 40% per Myanmar e Laos. Il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha parlato di una mossa "estremamente deplorevole" da parte del tycoon, pur assicurando che continueranno le trattative. Lo stesso ha detto il premier ad interim tailandese Phumtham Wechayachai, in cerca di un "accordo migliore" e di "buoni rapporti con gli Stati Uniti", così come il segretario del Ministero del Commercio bangladese Mahbubur Rahman, che anticipa: "Speriamo di ottenere una riduzione perché" il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (Ustr) "ci ha inviato un'altra bozza di accordo".

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