Gaza, ancora fuoco sugli aiuti. ‘Cautela’ Ue sulle violazioni dei diritti umani

Il sistema di distribuzione degli aiuti gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation sostenuta dagli Usa e dall’esercito israeliano, che più volte avrebbe aperto il fuoco sui civili in attesa di cibo è nel mirino delle organizzazioni umanitarie che denunciano gravi violazioni del diritto e ipotizzano crimini di guerra. Le vittime registrate nelle operazioni di consegna degli aiuti, da metà maggio a oggi, hanno superato quota 400. Il Guardian segnala un episodio avvenuto a Rafah ieri: “25 persone sono state uccise e decine sono rimaste ferite quando le forze israeliane hanno preso di mira raduni di civili vicino ai quartieri di al-Alam e al-Shakoush con proiettili e proiettili di carri armati mentre cercavano di raggiungere un centro di soccorso nel nord-ovest di Rafah”. Gli aiuti entrano in quantità insufficiente, dai 300 camion del pre-guerra la media giornaliera è scesa del 75% oggi, dopo venti mesi di guerra e con la popolazione di Gaza affamata e messa alle strette da undici settimane di blocco degli aiuti tra marzo e maggio. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha stigmatizzato “il meccanismo militarizzato di assistenza umanitaria di Israele, che è in contraddizione con gli standard internazionali sulla distribuzione degli aiuti". Per l'Ohchr "la militarizzazione del cibo destinato ai civili, oltre a limitare o impedire il loro accesso ai servizi essenziali, costituisce un crimine di guerra e, in determinate circostanze, può costituire elementi di altri crimini ai sensi del diritto internazionale". Anche Bruxelles contro Israele L’affondo dell’Ohchr non è isolato. Nei giorni in cui, sul fronte del conflitto con Teheran, il governo di Benjamin Netanyahu ha incassato il sostegno esplicito di molti Paesi anche europei, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune dell’Union, Kaja Kallas, ha reso noti i risultati dell’indagine avviata della Commissione Europea che certifica, nero su bianco, che Tel Aviv è colpevole di violare l’Articolo 2 dell’Accordo di Associazione, che impone il rispetto dei diritti umani come presupposto per la validità delle clausole. A dire il vero, è la seconda volta che il rappresentante speciale dell’Ue per i diritti umani, Olof Skoog, trae le stesse conclusioni: la prima già nel novembre scorso, su richiesta dell’allora Alto rappresentante Josep Borrel. Come allora però, il rischio è che il rapporto venga dimenticato in un cassetto senza alcuna conseguenza. “Le misure a disposizione ci sono, ma la domanda è: su cosa siamo in grado di concordare?”, ha affermato Kaja Kallas, aggiungendo detto che l’Europa ha “chiare indicazioni delle violazioni israeliane” e che Bruxelles si riserva di prendere “ulteriori misure a luglio” se “la situazione non migliora”. Nel documento, i funzionari europei notano che “il blocco e l'assedio di Gaza e l'uso della fame come metodo di guerra da parte di Israele equivalgono a una punizione collettiva inaccettabile”, si legge nel documento, che accusa anche “attacchi indiscriminati [israeliani]" con l'impiego di "armi pesanti, tra cui bombe aeree e proiettili d’artiglieria, su luoghi dove si rifugiano i civili". Cosa può fare l’Ue Accuse ai militari israeliani note da tempo a chi segue da vicino la guerra nella Striscia di Gaza ma di cui solo ultimamente le istituzioni europee sembrano essersi accorte e che finora solo pochi paesi membri avevano denunciato. Ma se per rivedere tutti gli aspetti del partenariato con Israele legati alla politica commerciale, i Paesi membri potrebbero decidere a maggioranza qualificata. Per imporre sanzioni, sospendere il dialogo politico o l’intero accordo, serve l’unanimità dei 27 e diversi stretti alleati di Israele hanno già detto di essere contrari. Nel quadro di un rapporto commerciale bilaterale vicino ai 60 miliardi di euro, l’accordo garantisce esenzioni economiche a Israele dal valore di 1 miliardo l’anno e, ragiona Politico.eu, “qualsiasi possibile sospensione avrà un impatto significativo sull'economia israeliana”. Gradualmente, anche l’Unione Europea sta iniziando a indurire la sua posizione contro Israele su Gaza, ma la sensazione è che la volontà di Tel Aviv di proseguire la politica avviata da tempo nella Striscia per consolidare il suo controllo difficilmente sarà scalfita da qualsiasi azione, anche muscolare, dell’Europa. Bezalel Smotrich, Ministro delle Finanze di Israele e falco nazionalista, lo ha del resto dichiarato chiaramente: Israele non intende fermarsi e chiusa la guerra con l’Iran, l’obiettivo di Tel Aviv è “finire il lavoro” a Gaza. Parole che certamente non sembrano aprire a nessun alleviamento della grave crisi umanitaria che attanaglia la Striscia dopo venti mesi di bombardamenti, assedio e fame.

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