Scandalo corruzione in Spagna, cosa rischia il premier Pedro Sánchez

Pedro Sanchez è sotto assedio e il governo guidato dal suo Partito Socialista Operaio di Spagna è colpito dal fuoco di fila degli scandali giudiziari, delle pressioni politiche da parte dell’opposizione di destra, che chiede il ritorno anticipato alle urne, e della fronda all’interno della sua maggioranza. L’ombra della corruzione sul Psoe ha travolto diversi alleati di rango del presidente del governo spagnolo, al potere dal 2018, e rischia di pesare notevolmente sulle sorti politiche della sinistra iberica. Nella giornata di giovedì 12 giugno un rapporto dell'Unità Operativa Centrale della Polizia Nazionale spagnola ha denunciato la presunta disponibilità dell’ex ministro e deputato socialista Santos Cerdán, potente capo della segreteria organizzativa del Psoe , a ricevere tangenti in cambio di favori politici. Cerdan avrebbe ricevuto 620mila euro nel quadro di uno schema corruttivo organizzato assieme a un altro ex membro di spicco del partito di Sanchez, José Luis Ábalos, predecessore di Cerdan nel suo ruolo e ex ministro dei Trasporti, per manovrare appalti pubblici e ottenere mazzette da aziende conniventi. Entrambi i politici sono stati a lungo stretti alleati di Sanchez, che alla pubblicazione delle notizie riguardanti lo scandalo è finito nell’occhio del ciclone. In particolare, l’opposizione di destra ha chiesto con forza le dimissioni del premier: il Partito Popolare di Alberto Nunez Feijoo e i nazionalisti di Vox, guidati dal segretario Santiago Abascal, lo hanno duramente attaccato in una animata sessione del Parlamento tenutasi nella giornata di mercoledì 18 giugno. Sanchez ha rifiutato sia di dimettersi che di chiedere un voto di fiducia. Il premier nel mirino Feijoo, che in questi due anni ha promosso un’opposizione spesso moderata e compassata, ha usato parole di fuoco per esprimere la posizione del suo partito di ispirazione conservatrice contro il governo guidato dai socialisti. “Sappiamo che non indirai le elezioni perché le perderesti”, ha detto riferendosi direttamente a Sanchez, aggiungendo: “Non devi salvare il popolo spagnolo da se stesso; è il popolo spagnolo che deve salvarsi da te, e che attende le tue dimissioni". Per i popolari Sanchez è responsabile di aver permesso che questi episodi “avvenissero sotto i suoi occhi”, ha detto Feijoo, mentre Abascal è arrivato a prospettare un suo diretto coinvolgimento sottolineando che il capo del governo “non poteva non sapere”. Il primo ministro ha provato a barcamenarsi e a impostare una linea difensiva: da un lato, tolleranza zero verso la corruzione. Cerdan è stato cacciato dal partito e si è dimesso da deputato, mentre tutte le cariche del Psoe sono state azzerate ed è stato convocato un congresso per il prossimo mese. Dall’altro, distinzione netta tra il suo partito e la condotta di funzionari corrotti. Per Sanchez “nessun fondo illecito è stato incassato dal Partito Socialista”, anche se l’opinione pubblica spagnola inizia a essere sempre più fredda verso il capo del governo. Diversi distinguo sono arrivati nei confronti di Sanchez dagli alleati progressisti, dalla Sinistra Radicale di Catalogna , che ha chiesto conto della corruzione in Parlamento, a Sumar, che non ha fatto presenziare i suoi ministri al discorso di difesa del premier. In campo socialista inizia a emergere il timore che gli scandali possano travolgere il partito. Alle elezioni politiche mancano due anni, sono previste per il luglio 2027, ma molti si chiedono in che modo un governo di coalizione che sopravvive in Parlamento con un margine risicato possa resistere di fronte alla crisi del suo azionista di maggioranza. Nei sondaggi, i popolari veleggiano al 35%, nove punti sopra i socialisti e, nota Politico.eu, un termometro dei nuovi rapporti di forza tra partiti saranno i voti locali delle prossime settimane, con “i socialisti che temono di perdere il controllo delle amministrazioni comunali di città come León, Palencia e Soria” e di “veder vanificato il progetto di riconquistare la Comunità Valenciana”. Pressione su Sanchez La testata spagnola El País ha sottolineato, citando fonti interne al Psoe, “la crescente pressione su Sánchez affinché indichi elezioni anticipate per salvare il salvabile prima che il danno diventi ancora peggiore”. Ma ad oggi non sembra essere questa la linea del capo dell’esecutivo. Il quale vuole combattere la battaglia fino in fondo, puntando sul fatto che ad oggi gli scandali non lo coinvolgono personalmente. La sensazione è che, dopo anni passati a difendersi da accuse analoghe che hanno riguardato la moglie Begonia Gómez e il fratello David, Sanchez sia molto più logorato e in difficoltà. Questa fase appare la più difficile del suo mandato di governo. Il leader che prese il potere nel 2018 rovesciando in Parlamento Mariano Rajoy con una mozione di “sfiducia costruttiva” e che nel 2023, dopo aver convocato le elezioni anticipate, è riuscito a chiamare a raccolta progressisti e autonomisti per formare un governo capace di escludere l’estrema destra si trova oggi a dover combattere la battaglia politica più dura della sua carriera. Una battaglia in cui dovrà giocarsi tutto sul fronte della percezione ad opera dell’elettorato della bontà del suo operato e in cui non potrà usare come leva né i risultati positivi del suo governo in campo economico né l’ambiziosa agenda di politica estera promossa da Madrid durante la sua leadership. Per un capo di governo abituato a presentarsi come l’alternativa migliore in contesti difficili, come successo contro Rajoy e nelle ultime elezioni, essere bersaglio di attacchi diretti sul piano politico pone grandi difficoltà. Nelle prossime settimane Sanchez dovrà difendere sul piano interno la sua presa sul partito e su quello esterno la guida del governo. Il risultato della sua battaglia sarà decisivo per tracciare le rotte future di un Paese iberico sempre sul filo dell’instabilità politica di fronte a crescenti polarizzazioni.

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