Il piano Ue per colpire la Russia tra veti, distinguo e triangolazioni

Il G7 canadese ha confermato che, a causa delle distanze tra Paesi europei e Usa, il Vecchio Continente dovrà lottare per consolidare il sostegno politico, militare ed economico all’Ucraina sotto attacco della Russia nei cui confronti, al contrario di Washington, Bruxelles è decisa a rafforzare la pressione sanzionatoria. Il G7 ha mostrato le distanze tra l’amministrazione Usa di Donald Trump, che accarezza ancora l’idea di un’intesa con Vladimir Putin e strizza l’occhio all’idea di ricostituire con Mosca il summit G8, e i Paesi europei. Il Regno Unito di Keir Starmer, su questo dossier, è allineato all’Unione Europea, tra i cui membri di punta aderenti al G7 c’è comunione d’intenti sulla possibilità di consolidare le sanzioni. Il summit dell’Alberta è arrivato poco dopo che la Commissione di Ursula von der Leyen aveva promosso il diciottesimo pacchetto di sanzioni dall’invasione del 2022 a oggi, sul piano dei contenuti uno dei più impattanti. Le nuove sanzioni europee Le nuove sanzioni, infatti, consolidano le restrizioni alle banche russe, aumentando il numero di istituzioni finanziarie a cui è fatto divieto di compiere operazioni con l’Unione Europea, e mirano a disarticolare la strategia russa volta a lucrare sulla fame europea di energia aggirando le sanzioni o effettuando triangolazioni per continuare a esportare gas e petrolio. Su quest’ultimo, l’Ue intende colpire Mosca impedendo gli acquisti da Paesi terzi di materie prime energetiche o prodotti raffinati forniti dalla Russia. Le nuove sanzioni arrivano in una fase in cui è chiaro che la dipendenza energetica della Russia è già profondamente ridotta rispetto all’anteguerra. In particolare, quest'anno, secondo un'analisi dell'Ispi su dati Entsog, si prevede che le importazioni di gas naturale russo dell'Unione Europea saranno pari a 40 miliardi di metri cubi complessivi, divisi tra la quota portata dal gasdotto TurkStream e il gas naturale liquefatto. Un valore dimezzatosi dal 2022, anno dell'attacco all'Ucraina, e addirittura pari a circa il 25% del picco del 2021, quando l'import era stato di 157 miliardi di metri cubi. Al contempo, due anni fa l’Ue ha spinto perché il G7 imponesse un tetto al prezzo del petrolio acquistato da Mosca e negli ultimi mesi ha combattuto duramente contro la “flotta ombra” russa usata per by-passare le sanzioni. Ursula von der Leyen, presentando il nuovo pacchetto di sanzioni, ha segnalato l’impegno europeo ad abbassare il tetto del petrolio da 60 a 45 dollari al barile. Una mossa che consentirebbe, secondo Bruxelles, di frenare la strategia di triangolazione che vede Paesi come India, Turchia e Emirati Arabi Uniti importare greggio russo e raffinarlo per poi vendere all’Ue prodotti finiti costosi. Von der Leyen, nota Politico.eu, ha inoltre invitato a lavorare perché “Bruxelles riesca contemporaneamente a garantire il sostegno a una nuova tabella di marcia per l'eliminazione dell'energia russa, che introduce una scadenza al 2027 per l'eliminazione graduale di tutte le importazioni di gas” dal Paese euroasiatico. Le sanzioni prevedono anche il divieto a transazioni finanziarie concernenti il consorzio Nord Stream, operante gli omonimi gasdotti del Mar Baltico che connettevano energicamente Germania e Russia prima dell’invasione dell’Ucraina. Il distinguo austriaco Far passare questo pacchetto, con cui l’Ue mira a blindare il sostegno all’Ucraina e a mandare un netto messaggio sulla sua volontà di distaccarsi da Mosca, non sarà facile e nelle prossime settimane von der Leyen e la Commissione dovranno gestire due fronti. Il primo, noto, è quello dell’asse Budapest-Bratislava. Il governo ungherese di Viktor Orban e quello slovacco di Robert Fico, politicamente vicini al Cremlino, hanno annunciato opposizione al nuovo pacchetto e all’ipotesi di fermare dall’1 gennaio 2028 i contratti di fornitura in essere sul gas naturale, chiedendo che venga posta un’esenzione per i Paesi privi di accesso al mare e che ricevono solo via tubo le fonti energetiche critiche. Il secondo, meno atteso, viene dall’Austria. Elisabeth Zehetner, segretaria di Stato austriaca per l'energia e esponente del Partito Popolare Austriaco, ha dichiarato al Financial Times che la decisione di vietare i combustibili fossili russi e continuare con le sanzioni deve essere presa con attenzione perché Bruxelles “deve mantenere la possibilità di riesaminare la situazione una volta terminata la guerra”, mettendo potenzialmente in discussione l’intera architettura del nuovo pacchetto. Vienna non ha annunciato opposizioni esplicite o veti al nuovo pacchetto, ma ha posto un tema politico di non secondaria importanza: c’è un’Europa che pensa con attenzione a come accelerare la fine della guerra in Ucraina in senso favorevole a Kiev e una che, invece, si focalizza su cosa potrebbe accadere dopo, temendo disequilibri economici e sociali sul fronte interno. Assieme ai distinguo Usa, queste distanze tra le parti mostrano quanto per Bruxelles sarà dura, da sola, gestire la complessità interna imposta dalla crisi ucraina. L’approvazione di un pacchetto tanto ambizioso di sanzioni testerà la volontà generale di proseguire, a livello comunitario, la linea politica avviata nel 2022. E dirà molto delle prospettive di contrasto all’espansionismo russo e di appoggio all’Ucraina che l’Europa potrà promuovere nei prossimi mesi.

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