Veto Usa all’Onu sulla tregua a Gaza: Trump e Netanyhau picconano il multilateralismo

Il cessate il fuoco è sempre più distante per Gaza dopo che gli Stati Uniti hanno posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva la fine dei combattimenti tra Israele e Hamas. Per la quinta volta dal 7 ottobre 2023 Washington ha bloccato una risoluzione esercitando il suo potere di veto nonostante tutti gli altri 14 membri avessero espresso parere favorevole su un documento che prescriveva a Israele di non bloccare più l’accesso degli aiuti umanitari a Gaza e ad Hamas, di liberare tutti gli ostaggi. Gli Usa al fianco di Tel Aviv La volontà americana di esercitare una seria pressione diplomatica su Tel Aviv è ritenuta decisiva per condizionare il futuro della guerra eppure il presidente Donald Trump ha preso la chiara decisione di non cessare il suo sostegno a Israele e al governo di Benjamin Netanyahu. Il veto all’Onu rafforza quanto già emerso la settimana scorsa, con la “non-proposta” di pace formulata dall’inviato di Trump, Steve Witkoff, che poneva come base per il cessate il fuoco il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas ma non il ritiro delle truppe di Israele dalla Striscia, riproponendo di fatto l’inefficace piano promosso a marzo quando è naufragato il cessate il fuoco siglato a gennaio in Qatar. Ed è difficile non ritenere quantomeno emblematico del reiterato sostegno americano quanto dichiarato ieri dall’ambasciatrice statunitense all’Onu Dorothy Shea, che ha affermato che Washington ha deciso di mettere il veto alla risoluzione perché una sua approvazione "avrebbe indebolito gli sforzi diplomatici" per raggiungere un cessate il fuoco sostenibile. Il motivo? L’assenza di un’esplicita presa di posizione contro Hamas da parte dell’Onu. Shea ha palesato la linea apertamente filoisraeliana dell’amministrazione: "Non sosterremo alcuna misura che non condanni Hamas e non inviti Hamas a disarmarsi e lasciare Gaza", ha dichiarato. Il nodo della Gaza Humanitarian Foundation Gli Usa riconoscono Hamas come organizzazione terroristica, così come il Regno Unito e l’Unione Europea, fatto che non ha impedito a Londra e alla Francia, unico membro dell’Ue dotato di diritto di veto al Consiglio di Sicurezza, di approvare la mozione bloccata da Washington. Lo stop americano giunge in una fase in cui la situazione umanitaria e le criticità nella distribuzione degli aiuti a Gaza sono senza precedenti. La Striscia è reduce da 11 settimane di blocco degli aiuti da parte di Israele che hanno ridotto alla fame centinaia di migliaia di persone e dalla successiva scelta da parte di Israele di affidare a un’organizzazione sostenuta da Tel Aviv e Washington, la Gaza Humanitarian Foundation, la campagna di consegna di cibo, medicinali e altri generi di prima necessità alla popolazione di Gaza. “Negli ultimi giorni si sono verificati una serie di incidenti mortali lungo il percorso verso un sito di distribuzione degli aiuti a Gaza gestito da Ghf”, sottolinea la Bbc, e i Paesi europei hanno intimato a Tel Aviv di far passare in maniera più fluida gli aiuti. Nel frattempo, attorno a Netanyahu il vuoto diplomatico è sempre più ampio. Il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che nei prossimi giorni Parigi valuterà “misure dure” contro Israele. Secondo il Times of Israel “Macron potrebbe riconoscere uno Stato palestinese in occasione di una conferenza delle Nazioni Unite sull'argomento, che la Francia ospiterà insieme all'Arabia Saudita alla fine di questo mese”. Durissima anche la condanna del presidente brasiliano Luis Inacio Lula da Silva, secondo cui a Gaza è in corso “un genocidio premeditato da parte di un governo di estrema destra che combatte una guerra contro gli interessi del suo stesso popolo”. Perché Trump blinda Netanyahu In quest’ottica, la scelta di Trump di proseguire il sostegno diplomatico allo Stato Ebraico in una fase tanto critica risponde alla volontà di blindare l’alleanza tra Usa e Israele e, al contempo, alimentare un progetto politico preciso. Depotenziare la diplomazia dell’Onu mettendo il veto sulle sue risoluzioni, estromettere le agenzie internazionali dalla distribuzione degli aiuti e provare a gestire in prima persona i processi diplomatici per la fine della guerra sono decisioni che rispondono a un obiettivo comune: indebolire il multilateralismo e rafforzare il peso delle singole sovranità nazionali nelle scelte diplomatiche e geopolitiche, a prescindere dalle loro conseguenze. In quest’ottica, Trump e Netanyahu non potrebbero essere più simili, e hanno fatto capire che allo stato attuale una fine del conflitto sarà possibile solo alle loro condizioni. Una presa di posizione che non lascia molte speranze per una rapida fine della guerra e della crisi umanitaria che sta tormentando Gaza.

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