Tensione tra Israele e Ue: cosa prevede la linea dura europea

L’Unione Europea passa dalle parole ai fatti e valuta il riesame dell'accordo politico ed economico tra lo Stato Ebraico e Bruxelles, siglato nel 2000, in risposta all’escalation di Tel Aviv nella Striscia di Gaza e della conseguente crisi umanitaria. Dopo che il governo di Benjamin Netanyahu era stato duramente criticato per la sua decisione di avviare l’operazione “Carri di Gedeone” finalizzata all’occupazione di Gaza, per le minacce di sfollamento di un’ampia fetta della popolazione della Striscia e per il blocco degli aiuti umanitari in ingresso nel territorio palestinese durato undici settimane, nella giornata di ieri l’Ue ha fatto la sua mossa. Mentre a Londra il governo di Keir Starmer annunciava sanzioni contro diverse organizzazioni di coloni e lo stop al negoziato per un accordo di libero scambio con Israele avviato nel 2022, a Bruxelles l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune Kaja Kallas ha ammonito che "la situazione a Gaza è catastrofica", invitato Israele a far fluire gli aiuti "immediatamente, senza ostacoli e su larga scala" e annunciato il riesame dell'accordo con Tel Aviv. La linea dura europea L’iniziativa che ha visto come promotore il ministro degli Esteri olandese Caspar Veldkamp è stata approvata a maggioranza qualificata e, nota Politico.eu, potrebbe impattare su un partenariato che “copre argomenti che spaziano dal quadro del dialogo politico all'agricoltura e al libero scambio di merci”, mandando un segnale politico assai rilevante dopo che nei giorni scorsi la pazienza occidentale per le azioni di Netanyahu sembrava essersi esaurita. Dapprima sono arrivate le dure critiche del presidente del governo spagnolo Pedro Sanchez, che ha definito Israele uno “Stato genocida”, poi una dichiarazione congiunta tra Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier canadese Mark Carney che ha minacciato conseguenze contro Israele in caso di prosieguo dell’offensiva, infine le mosse di Londra e Bruxelles. Del resto, sottolinea Politico.eu, la situazione umanitaria a Gaza si è gravemente deteriorata dopo che Israele ha rotto un fragile cessate il fuoco a metà marzo e “il rapporto del 12 maggio della Integrated Food Security Phase Classification, sostenuta dalle Nazioni Unite, ha rilevato che Gaza è a rischio critico di carestia, con oltre il 93% della popolazione in condizioni di insicurezza alimentare critiche” Gaza, 53mila morti e 28mila donne uccise Almeno 53mila persone sono morte nei bombardamenti della Striscia seguiti all’attacco di Hamas in Israele del 7 ottobre 2023, e si ritiene che per oltre l’80% i morti siano civili non direttamente coinvolti nei combattimenti, tra cui un numero estremamente alto di donne e bambine: un recente report delle Nazioni Unite ha calcolato in 28mila le vittime di sesso femminile causate da oltre un anno e mezzo di attacchi israeliani a Gaza. Metà di esse, secondo UN Women, erano minorenni. Questi dati di fatto hanno reso sempre meno sostenibile la posizione di Tel Aviv agli occhi dei Paesi europei partner di Israele. Ma, ciononostante, l’approvazione del processo di riesame dell’accordo euro-israeliano, che rappresenta una misura senza precedenti sul piano politico ma non certamente una rottura conclamata dei rapporti tra l'Ue e lo Stato Ebraico, non è arrivata all’unanimità. Le divisioni su Israele Sedici Paesi hanno votato a favore, con la Svezia che si è spinta addirittura oltre e ha annunciato una proposta di sanzioni contro alcuni ministri nazionalisti israeliani, ma ci sono stati ben nove voti contrari: Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Ungheria, Italia e Lituania, secondo quanto ha ricostruito Euractiv, hanno dichiarato la loro contrarietà, mentre la Lettonia si sarebbe astenuta. Tra i contrari, la Germania, l’Ungheria e la Repubblica Ceca sono i più solidi alleati di Israele in seno all’Ue, mentre il calcolo di altri Stati come Italia, Cipro e Grecia appare più sfumato e legato principalmente alla volontà di non mettere a rischio gli importanti affari in campi strategici come l’energia e la difesa con Tel Aviv, che vede i tre Paesi mediterranei fortemente coinvolti come partner. La divisione in seno al Consiglio europeo nella votazione sugli accordi con Tel Aviv mostra quanto sia complessa la ricerca di una linea politica unitaria a livello comunitario su dossier di grande rilevanza politica, diplomatica e umanitaria. Tensioni alle stelle: il caso Jenin agita Israele e Europa La tensione tra Bruxelles e Israele resta però alle stelle e nella giornata odierna, mentre Netanyahu ha dichiarato di “respingere con forza” la decisione europea, a suscitare ulteriore scalpore è stato l’incidente di Jenin, la località della Cisgiordania ove un reparto delle forze armate israeliane ha sparato in aria al passaggio di un convoglio comprendente diplomatici di diverse nazioni, in larga parte europee. Il fatto ha creato un’ulteriore occasione di attrito: un incidente del genere in una circostanza tanto delicata sembra quasi esemplificare la spaccatura diplomatica e politica tra Europa e Israele. Le visioni del mondo, del ruolo della diplomazia e dell’ordine internazionale di Bruxelles e Tel Aviv sono agli antipodi. E l’Europa sta cercando di dimostrarsi in grado di smarcarsi dalla campagna di Netanyahu proprio per ribadire le sue linee rosse politiche: da tempo le azioni di Tel Aviv hanno superato la soglia dell’esercizio del diritto di autodifesa da parte di Israele. Di fronte alla catastrofe di Gaza era difficile rimanere inerti. Ma le divisioni in seno all’Ue nella votazione per la prima, simbolica mossa di distacco da Tel Aviv mostrano quanto complesso sia far emergere una linea comune europea anche di fronte a scenari tanto deteriorati come quello della Striscia, in cui compattezza e unità appaiono fondamentali.

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