Come funziona la legge di Trump contro deepfake e revenge porn

Il 19 maggio il presidente statunitense Donald Trump ha orientato la sua azione di governo sulle ricadute più complesse e deleterie delle nuove tecnologie: il tycoon ha firmato una nuova legge federale che criminalizza la diffusione di immagini intime non consensuali, a partire da quelle generate con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Il provvedimento è stato ribattezzato “Take It Down Act”, e ha raccolto un consenso parlamentare pressoché unanime, dato che il suo obiettivo dichiarato è contrastare la proliferazione indiscriminata dei deepfake pornografici. Secondo i dettami della legge, le piattaforme digitali saranno obbligate a rimuovere i contenuti deepfake segnalati entro 48 ore dal ricevimento della notifica, e se non lo faranno andranno incontro a multe che possono salire fino a 50mila dollari per singola pubblicazione. La Casa Bianca l’ha presentata come una risposta legale necessaria a tutelare le vittime, in primis minorenni e donne, che spesso si trovano impotenti di fronte alla rapidità con cui i contenuti manipolati si diffondono online. Il Take It Down Act è stato sostenuto attivamente anche dalla stessa First Lady Melania Trump, che l’ha usato per promuovere la sua campagna “Be Best” finalizzata alla protezione dei minori online. Ma è stata proprio una giovane vittima di revenge porn, Elliston Berry, una quattordicenne proveniente dal Missouri, a diventare il simbolo della mossa politica: le immagini esplicitamente manipolate di Berry che la ritraevano in atteggiamenti intimi erano circolate a lungo su Snapchat prima di venire finalmente rimosse dalla moderazione dei contenuti; troppo tardi per evitare danni permanenti alla sua reputazione e salute mentale della giovane ragazza, che ha trovato il coraggio di parlare della sua storia. La testimonianza dell’adolescente, riportata da diverse testate d’oltreoceano, ha bucato la quarta parete del dibattito pubblico, riuscendo a consolidare un sostengo politicamente trasversale alla legge. Va detto, però, che come per le altre scelte legislative di Trump non mancano i critici della legge. Alcune organizzazioni per i diritti digitali si sono dette preoccupate dalla vaghezza del testo del provvedimento, parlando del rischio che la nuova norma possa essere usata come strumento per sopprimere non soltanto contenuti dannosi, ma anche utilizzi legittimi dell’IA. Secondo l’Electronic Frontier Foundation, l’obbligo di rimozione in tempi così rapidi, disancorato da una procedura di verifica partecipata e trasparente, potrebbe tradursi in forme di censura preventiva. Il Center for Democracy and Technology ha posto l’accento su come la legge voluta dalla Casa Bianca non preveda un meccanismo chiaro per distinguere tra content abusante e post che, magari poiché semplicemente controversi o di impronta satirica, rientrano nelle libertà espressive. Il sito The Verge ha riportato opinioni critiche sul fatto che il provvedimento possa essere usato, in un prossimo futuro, addirittura per colpire oppositori politici e giornalisti: in uno scenario sociale e politico in cui la Casa Bianca ha già dimostrato di non farsi problemi a delimitare il free speech, si tratterebbe di un rischio concreto. Il Take It Down Act nasce dunque in un contesto in cui la tecnologia avanza in modo più veloce di quanto faccia la capacità normativa di comprenderne e regolarne l’impatto. Se da un lato la legge colma un vuoto normativo significativo, mettendo una pezza su una delle derive più tossiche dell’uso dell’intelligenza artificiale, dall’altro porta con sé una serie di interrogativi che riguardano il bilanciamento della protezione delle vittime e la tutela delle libertà fondamentali. Non resta che aspettare la prima applicazione del provvedimento, per vedere se uno strumento nato per difendere le vittime si trasformerà in un generatore di nuovi carnefici. Come ha sottolineato il magazine Wired, «il modo in cui questa legge sarà interpretata dalle piattaforme e dai tribunali definirà il prossimo capitolo della regolamentazione dell’intelligenza artificiale negli Stati Uniti». E, di conseguenza, nel mondo intero.

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