La pace “disarmata e disarmante” di Leone XIV e i martiri d'Algeria

Leone XIV si è presentato al mondo con un discorso lungo e ponderato: non a braccio come da prassi, ma un testo scritto, a differenza dei suoi predecessori. “Pace” è la parola che ha ripetuto più volte. Una pace che deve essere “disarmata e disarmante”, ha scandito dalla loggia delle Benedizioni di San Pietro nel giorno dell’elezione. Questa combinazione di aggettivi potente ed evocativa è già entrata nell’immaginario collettivo - come il “Buonasera” di Papa Francesco, il "Sono un umile lavoratore nella vigna del Signore" di Benedetto XVI, il “Se mi sbaglio, mi corrigerete” di Giovanni Paolo II - e ha trovato un’eco anche nell’appello pronunciato dal Pontefice lunedì 12 maggio dinanzi a una platea di giornalisti: “Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra”. Ma, al di là della forza retorica e la portata dirompente delle sue parole in un presente di guerra, ci potrebbe essere dietro quella frase tutto un mondo. Sembra, infatti, richiamare la preghiera lasciata scritta da uno dei martiri d'Algeria, il francese fra’ Christian de Chergé, priore del monastero trappista di Notre-Dame de l’Atlas a Tibhirine, rapito il 26 marzo 1996 insieme a sei dei suoi confratelli durante la guerra civile che dilaniò il Paese dall'inizio degli anni Novanta ai primi anni del Nuovo Millennio e che vide scontrarsi l’esercito salito al potere dopo un colpo di Stato e i miliziani islamisti. Un “Decennio nero” che vide la popolazione civile ostaggio della spirale di violenza e durante il quale anche i cristiani furono oggetto di attacchi da parte di gruppi integralisti armati. “Signore, disarmali dai loro kalachnikov . E disarmaci dalla nostra volontà di potenza...”, scriveva il priore, il cui corpo, o meglio la cui testa mozzata, fu trovato due mesi dopo. Anche per i suoi confratelli non ci fu scampo, come per altre 13 vittime cristiane, di diverse nazionalità, uccise tra il 1994 e il 1996, proclamate beate sotto il pontificato di Papa Francesco. La festa liturgica consacrata al sacrificio di questi uomini e queste donne, che scelsero di restare in Algeria fino all'ultimo, ricorreva proprio nel giorno dell’elezione di Leone XIV, l’8 maggio. “È un riferimento che personalmente mi ha molto stupito. Non siamo sicuri che abbia preso da lì quella citazione, potrebbe trattarsi di una reminiscenza, però è curioso notare l'intreccio di elementi che a partire dalle parole di Leone XIV riconducono all'Algeria e alla questione della presenza cristiana nel Paese. Non è un caso se i media algerini si sono scatenati rivendicando una presunta algerinità di Prevost o attribuendogli citazioni sconfinanti spesso in fake news”, spiega l’analista del mondo arabo e musulmano Michele Brignone, direttore delle ricerche della Fondazione Oasis. C’è in effetti, secondo lo studioso, una trama fitta di quelle che potrebbero essere solo coincidenze oppure espliciti richiami: “A parte la giornata, l’8 maggio, ci sono altri elementi che si intrecciano. Il Papa è un agostiniano, quindi fa parte di un ordine che segue gli insegnamenti e gli approcci attribuiti a sant'Agostino, nato ad Agaste, l’allora Numidia che oggi corrisponde all'Algeria orientale. E nell’opera principale del filosofo, vescovo di Ippona , non mancano i riferimenti alla “pace””. Ma non finisce qui: “Prevost non ancora Papa avrebbe visitato l'Algeria proprio nel quadro di una commemorazione agostiniana. Colpisce inoltre che tra i 19 martiri ci siano anche due suore agostiniane. Inoltre, tra le varie religiose uccise una aveva proprio il cognome del Papa, Prevost. Questo è quasi certamente un caso, ma contribuisce a rendere il mistero più intrigante”, conclude Brignone. Se il riferimento fosse confermato, potrebbe essere interpretato come un’invocazione alla pace in una regione in cui la minoranza cristiana è tuttora sotto attacco. Secondo l’Indice globale di persecuzione dei cristiani del 2024, l’Algeria è, insieme con il Laos, il Paese in cui le discriminazioni e le aggressioni sono cresciute di più in un anno. Il report denuncia la fine del “sogno algerino” che in passato ha costituito “un’eccezione nel Maghreb con le sue grandi chiese cristiane”. Sulla stessa scia anche il dossier della fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” che punta il dito contro il rafforzamento autoritario del regime algerino e contro la conseguente intensificazione delle ostilità nei confronti della minoranza. “La situazione dei cristiani in Algeria è complicata. Dopo la guerra civile - spiega Brignone - ci sono stati alcuni anni di relativa apertura. A testimoniare questi spiragli anche la beatificazione dei martiri, l'8 dicembre 2018, che si svolse in Algeria, a Orano: non solo con il consenso delle autorità algerine, ma anche alla presenza delle autorità algerine. Si è trattato, però, di un evento isolato, perché oggi - sottolinea- la condizione dei cristiani è molto precaria, anche per ragioni che vanno al di là della presenza della Chiesa cattolica. Per esempio, le autorità algerine sono molto preoccupate per l'espansione del cristianesimo non cattolico, ma evangelicale, di stampo americano, nelle regioni berbere soprattutto. Quindi assistiamo a una vigilanza molto forte sulla presenza cristiana”. Papa Leone XIV è stato subito ribattezzato il “Papa dei due mondi” per i suoi profondi legami con il Sud America e la sua ultraventennale attività missionaria e poi episcopale in Perù, la sua terra d’elezione. Come il nuovo Pontefice imposterà il suo rapporto con quello islamico è ancora tutto vedere. Certo è che il precedente Pontificato lascia un'eredità importante per i viaggi apostolici dall'Iraq agli Emirati Arabi passando per l'Egitto e in particolare per la Dichiarazione di Abu Dhabi, accordo siglato il 4 febbraio 2019 con il Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyib. “L'origine missionaria, la conoscenza del mondo di Prevost ci fanno pensare - afferma Brignone - che sia preparato anche su questo versante, aperto al dialogo interreligioso e che avrà sicuramente un'attenzione per le piccole comunità cristiane sparse nel mondo musulmano, nel solco di Francesco che aveva ben presente e teneva viva la questione dei rapporti con l’Islam”.

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