World Monuments Fund, la presidente: "Anche la Luna è un sito da proteggere"

Come ogni biennio, anche quest'anno il World Monuments Fund ha pubblicato la lista dei siti storico-culturali più a rischio a livello globale. La principale ong internazionale dedicata alla salvaguardia del patrimonio mondiale ha stilato l'elenco dei principali luoghi e monumenti la cui bellezza e integrità sono minacciate da conflitti, disastri naturali, cambiamento climatico e turismo di massa. L'obiettivo è quello di richiamare l'attenzione internazionale sui patrimoni culturali in pericolo, sensibilizzando la comunità sull'importanza della loro tutela. Nella Watch List 2025 figurano in totale venticinque siti sparsi in tutto il mondo , che si trovano oggi ad affrontare sfide molto complesse. Nell'elenco c'è la Casa dell'insegnante di Kiev, in Ucraina, danneggiata dagli attacchi della Russia, il tessuto storico-urbano di Gaza City, raso al suolo dai bombardamenti israeliani, le grotte buddhiste di Maijishan e Yungang in Cina, a rischio a causa dell'iperturismo, la Costa Swahili nell'Africa orientale, gravemente minacciata dalle estreme condizioni meteorologiche, dall'innalzamento del livello del mare e dalla conseguente erosione costiera. E, per la prima volta nella storia del World Monuments Fund, sotto i riflettori della ong è finito anche un sito extra-terrestre: la Luna. “Centinaia di oggetti emblematici del primo sbarco sul nostro satellite, come la telecamera che ha ripreso l'allunaggio e il disco commemorativo lasciato dagli astronauti Armstrong e Aldrin, corrono oggi importanti rischi a causa dell'aumento delle attività lunari, intraprese senza adeguati protocolli di tutela e conservazione”, ha spiegato a Sky Tg24 Insider, Bénédicte de Montlaur, presidente e ceo del World Monuments Fund. “Vogliamo sottolineare l'urgenza di proteggere questi oggetti, che testimoniano il progresso dell'umanità al di fuori della Terra”, ha aggiunto. Dal 1965 il World Monuments Fund coopera con governi e comunità locali per salvaguardare e proteggere siti di valore storico e culturale, finanziando anche progetti ad hoc per la loro tutela. “Da sessant'anni la nostra missione si focalizza non solo sulla conservazione dei monumenti o dei luoghi di importanza culturale, ma anche sul coinvolgimento e sul benessere della comunità. Crediamo che il patrimonio mondiale sia una risorsa immensa per tutti noi”, ha ribadito de Montlaur. Qual è il principale obiettivo del World Monuments Fund? L'obiettivo del World Monuments Fund è quello di collaborare con le comunità di tutto il mondo per salvaguardare il patrimonio, assicurandone la protezione a beneficio dei cittadini di oggi e delle generazioni di domani. Il World Monuments Fund giunge quest'anno al suo sessantesimo anniversario. In che modo la vostra missione si è evoluta nel corso degli anni? La nostra missione si è sempre evoluta, pur rimanendo sempre la stessa. Fin dall'inizio abbiamo sempre collaborato con le comunità per salvaguardare il patrimonio in tutto il mondo. I nostri primi progetti hanno coinvolto Venezia, l'Isola di Pasqua, l'Etiopia. Credo che il nostro approccio “dal basso verso l'alto”, cioè il fatto che ci consultiamo sempre con le comunità, sia cresciuto nel corso degli anni. La creazione del programma Watch, nel 1996, ha dimostrato che i nostri progetti vengono selezionati attraverso un processo basato su candidature, dal “basso verso l'alto”, affinché siano le persone sul posto a richiedere il nostro sostegno, non solo in termini finanziari. Il coinvolgimento delle comunità nei nostri progetti avviene sempre attraverso partner locali, che cerchiamo sempre di coinvolgere durante tutte le fasi progettuali. Negli ultimi cinque anni, inoltre, ci siamo concentrati maggiormente sulle minacce al patrimonio storico-culturale nel mondo e sulle possibili soluzioni. Per questo, abbiamo puntato la nostra attenzione sulle sfide globali più importanti, come il cambiamento climatico, il turismo di massa, la ricostruzione post-crisi. La nostra missione si focalizza non solo sulla conservazione dei monumenti, ma anche sul coinvolgimento e sul benessere della comunità. Crediamo che il patrimonio mondiale sia una risorsa immensa per tutti noi. Quest'anno poi c'è una new entry... A proposito di new entry, quest'anno la Luna è apparsa per la prima volta nella lista dei patrimoni mondiali a rischio. Perché? La nostra Watch List si basa su un processo di candidatura. Siamo rimasti tutti sorpresi quando abbiamo ricevuto la candidatura della Luna, perché ad oggi ci eravamo sempre concentrati sui siti della Terra e non avevamo mai preso in considerazione l'ipotesi di inserire nel nostro elenco un luogo extra-terrestre. Quello che è successo è stato davvero interessante. La candidatura della Luna è stata presentata dagli esperti dell'Ecomos, i quali hanno sottolineato che esistono più di 90 siti storici sul nostro satellite, tra cui la Tranquility Base, il sito di allunaggio dell'Apollo 11, rappresenta una testimonianza importante di una delle più grandi conquiste dell'umanità. Sulla Luna sono presenti ancora oggi alcuni artefatti, come le orme dei primi passi, le prime bandiere piantate, un ramo d'ulivo d'oro, un disco con i messaggi dei leader di tutto il mondo, le sonde spaziali hanno toccato la superficie lunare. Il problema è che, al momento, non esistono protocolli veri e propri per la tutela e la salvaguardia del patrimonio lunare. Il caso è molto simile a quello dell'Antartide, caratterizzata non solo da paesaggi naturali molto importanti, ma anche da paesaggi culturali di grandi rilievo a seguito delle spedizioni scientifiche. Per quanto riguarda l'Antartide, diversi Paesi del mondo sono stati in grado di organizzarsi stabilendo il trattato sull'Antartide, approvato nel 1959. Crediamo che la stessa cosa dovrebbe essere fatta con la Luna. Noi consideriamo il nostro satellite un patrimonio a tutti gli effetti. Ma con l'accelerazione dell'esplorazione spaziale e la pianificazione di nuove missioni lunari da parte aziende private e governi, il rischio di danni involontari a questi fragili oggetti è aumentato. Chiediamo quindi la protezione della Luna come paesaggio culturale. Quali sono gli altri patrimoni storico-culturali a rischio? Ci sono molti, moltissimi siti a rischio, non solo perché con il passare del tempo ogni patrimonio artistico-culturale ha bisogno di cure e manutenzione, ma anche perché ci sono diversi fattori che minacciano la sua integrità, come il cambiamento climatico. Tra i siti più a rischio c'è Venezia. Le minacce alle sue bellezze sono diverse: dal cambiamento climatico all'innalzamento del livello del mare. Secondo le stime, Venezia potrebbe scomparire entro i prossimi cento anni. Un altro rischio a cui la città lagunare va incontro è l'overtourism. Il governo italiano sta adottando alcune misure a riguardo. Ci sono poi alcune aree della città che sono meno protette di altre. Per questo direi che Venezia è uno dei siti più simbolici a rischio. Se si guarda alla nostra Watch List, le minacce del cambiamento climatico e dell'innalzamento del livello del mare hanno un impatto su moltissimi altri luoghi in tutto il mondo. Abbiamo inserito la Costa Swahili non a caso. L'81% dei candidati in Africa ha infatti citato il cambiamento climatico come la principale minaccia per il patrimonio culturale: si tratta di un dato molto più alto di quello che si registrava in passato. C'è sicuramente una maggiore consapevolezza del suo impatto sul patrimonio culturale. E purtroppo non mancano i luoghi colpiti dai conflitti. La guerra è sempre disastrosa... Qual è secondo lei la minaccia più grande? Il cambiamento climatico, per l'innalzamento del livello del mare e per tutti i disastri naturali che sta provocando, come terremoti e uragani. Credo che sia la minaccia numero uno. Segue poi l'overtourism. Nonostante il turismo sia assolutamente necessario per i siti del patrimonio mondiale, perché contribuisce al loro mantenimento, quando diventa eccessivo si crea un problema. Il 95% dei turisti visita il 5% dei luoghi. Noi, come World Monuments Fund, stiamo cercando di lavorare con i gestori dei vari siti mondiali per far conoscere altre aree. Per evitare che i turisti si concentrino in una determinata meta, è necessario promuovere anche altre destinazioni limitrofe, così da offrire una buona esperienza ai visitatori e, parallelamente, evitare il sovraffollamento. Non possiamo permettere che alcuni splendidi luoghi nel mondo vengano distrutti dal turismo di massa. È possibile trovare un bilanciamento tra turismo e overtourism? Possono essere messi in atto alcuni sistemi di gestione. Per esempio, nei luoghi sovraffollati vengono sempre più spesso stabilite chiusure o biglietti di ingresso, e vengono proposti luoghi alternativi da visitare. È il caso dell'Albania, dove la città di Dubrovnik è eccessivamente affollata. Forse i turisti potrebbero optare per destinazioni alternative, come la Croazia, oppure visitare, nella stessa Albania, tanti altri siti che spesso rimangono fuori dai “radar” dei viaggiatori. Non si tratta solo di limitare i turisti, ma anche di promuovere altre destinazioni. Forse ci vorrebbe solo un po' più di amore, di cura e di sostegno ai patrimoni della nostra Terra. Tra le minacce ai siti storico-culturali del mondo ci sono anche i conflitti... Sì. Al momento siamo molto attivi in Iraq. Stiamo ricostruendo il Museo di Mosul nella città di Mosul . Per la comunità locale questo sito è l'anima della città, dove la gente si riunisce. Il patrimonio storico-culturale rappresenta anche un'opportunità per riunire le persone in una situazione post-bellica. Nella Watch List 2025 figurano anche la Casa dell'Insegnante di Kiev e il centro urbano di Gaza. La ricostruzione di questi due siti, danneggiati da bombe e attacchi, risulta però molto complessa, oltre che particolarmente costosa. A Gaza, ad esempio, potrebbero essere necessari fino a 40 miliardi di dollari per gli interventi di ripristino. Secondo lei, in che modo è possibile ricostruire queste due città estremamente danneggiate dalla guerra? Si tratta di due situazioni diverse. A Kiev stiamo lavorando soprattutto alla Casa dell'insegnante, attraverso il nostro personale sul posto. Abbiamo lavorato in Ucraina per tutto il conflitto e, finché sarà possibile, continueremo a farlo. Per quanto riguarda il restauro dei centri urbani, tutto dipende dal tipo di intervento richiesto. A volte si tratta solo di stabilizzare un edficio, pre prevenire ulteriori danni. Altre volte, si tratta di interi progetti di restauro. Per Gaza, la situazione è diversa. Anche prima della guerra era molto difficile accedere alla Striscia, e ora lo è ancora di più. Se la regione sarà ricostruita o meno va ben oltre le nostre possibilità. Noi possiamo concentrarci sul patrimonio storico-culturale e, al momento, stiamo studiando con i nostri partner a Gaza il tessuto storico della città perché, essendo stato raso al suolo, dobbiamo documentare attraverso gli archivio lo stato precedente. La questione della ricostruzione di questi due siti va oltre le nostre possibilità, ma siamo pronti a fare la nostra parte nei luoghi o negli edifici che compongono il patrimoniio culturale. Quest'anno avete ricevuto oltre 200 candidature. Come funziona il processo di selezione? È necessario compilare un modulo indicando le motivazioni per cui un determinato luogo è a rischio e le soluzioni che si dovrebbero adottare. Noi esaminiamo le candidature e la scelta finale viene affidata a una giuria internazionale di esperti. In generale, cerchiamo sempre di selezionare luoghi che siano emblematici rispetto alle minacce che incombono sul patrimonio mondiale. Se potesse lanciare uno slogan per ribadire l'importanza della tutela del patrimonio mondiale, quale sarebbe? L'impegno inizia da noi. È tutto intorno a noi, nel nostro villaggio, nella nostra città. C'è sempre un monumento storico che è significativo per la comunità e che va preservato. Perché la vita è più bella se c'è un patrimonio storico-culturale intorno a noi. Quindi sì, tutto dipende davvero da noi.

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