Effetto Trump e non solo, verso le elezioni in Canada

Il 28 aprile sarà il giorno della verità per il Canada, che vedrà lo svolgimento del voto federale anticipato. Il Paese si avvia verso un decisivo appuntamento elettorale che è stato reso più incerto ed equilibrato da un solo uomo: Donald Trump. Fino al 20 gennaio 2025, giorno dell’insediamento del presidente Usa, il voto sembrava indirizzato verso un esito scontato, la vittoria dei conservatori di Pierre Poilievre, leader dell’opposizione dal 2022, contro il Partito Liberale che ha governato per 10 anni con Justin Trudeau ed è ora guidato dal premier Mark Carney. Un voto all’ombra di Trump Mentre un numero record di elettori, 7,3 milioni , ha già espresso il voto anticipato per posta, la corsa per i 343 scranni del parlamento di Ottawa, assegnati tramite collegi uninominali in cui basta vincere di un solo voto per ottenere il seggio, si somma a un clima politico nazionale completamente mutato nelle ultime settimane. La retorica incendiaria di Trump, segnata da provocazioni contro il vicino settentrionale, imposizione di dazi e addirittura riferimenti alla possibile annessione del Canada da parte degli Usa ha cambiato le carte in tavola: prima Trudeau, dimissionario all’insediamento di Trump, e poi il successore Mark Carney hanno fatto della critica agli Usa e alle loro politiche il proprio cavallo di battaglia. Ottawa ha imposto contro-dazi a Washington, ha difeso il multilateralismo contro l’autoreferenzialità di Washington e ha stretto i rapporti con l’Unione Europea, mentre al contempo la retorica “trumpista” di Poilievre, concentrata sulla critica al declino del Canada, sulle politiche green di Trudeau e sulla gestione dell’immigrazione, perdeva smalto. I sondaggi d’opinione hanno riflesso questa svolta: a gennaio i Conservatori erano dati tra il 42 e il 46% e i Liberali tra il 21 e il 25%, nettamente staccati. Gli ultimi dati, invece, parlano di un Partito Liberale al 42-44% contro il 36-38% dei Conservatori. A favore dei progressisti ha giocato l’ampio spostamento di consensi e l'effetto “voto utile” dalla sinistra del Nuovo Partito Democratico e la fuga di alcuni moderati dai conservatori. La svolta del Canada da Trudeau a Carney A inizio marzo le primarie liberali e l’elezione di Carney, ex governatore della Bank of England specializzato in questioni economiche e finanziarie e ritenuto l’uomo adatto per confrontarsi con Trump su dazi e commercio, hanno rafforzato il partito al potere che dopo dieci anni di governo si presenta, insperabilmente, al voto col favore dei pronostici. Non per questo, però, si deve pensare a un voto centrato unicamente sulla risposta a Trump. Ottawa viene da anni difficili. Francesco Amodio, Associate Professor della McGill University, ha scritto per Ispi che negli ultimi anni il Canada ha subito un crescente gap di competitività verso gli Usa e sottolineato che “nonostante il PIL del Canada sia cresciuto nel periodo post-COVID, le politiche di immigrazione promosse dal governo Trudeau hanno portato a un aumento della popolazione a un ritmo significativamente più rapido, causando una diminuzione del PIL reale pro capite rispetto ai livelli pre-pandemia”. Inoltre, nota Amodio, “negli ultimi anni l’inflazione ha colpito duramente beni essenziali come alimentari ed energia, aggravando il costo della vita e riducendo i redditi reali, in particolare per le famiglie della classe media. Questa pressione è amplificata dall’aumento dei costi abitativi, che ha reso difficile per le nuove generazioni raggiungere la stabilità economica, e dal debito delle famiglie, che ha superato il 180% del reddito disponibile, il livello più alto tra i Paesi del G7”. Sfide economiche e politiche I Conservatori intendono reagire a questi problemi usando la leva dei tagli fiscali alle imprese da un lato e del forte contenimento dello Stato, con la riduzione della spesa pubblica di 500 miliardi di dollari, dall’altro. I Liberali hanno previsto invece un maxi-piano di investimenti in opere pubbliche, dalle reti energetiche all’edilizia abitativa, e il taglio fiscale ai redditi inferiori per difenderne il potere d’acquisto. Amodio ha notato che Ottawa ha inoltre possibilità di sviluppo legate alla possibile diversificazione dell’economia, dato che “Un’opportunità cruciale per il Canada risiede nelle sue ricche riserve di minerali strategici, come litio, cobalto, nichel e terre rare, elementi fondamentali per le tecnologie rinnovabili e l’industria dell’elettronica", che possono rappresentare “una leva economica significativa per il Paese sia in termini di esportazioni che di attrazione di investimenti esteri”. Chi potrebbe venire a bussare alle porte del Canada in futuro saranno proprio gli Usa di Trump, che hanno subiti forti tagli dalle esportazioni cinesi di tali preziosi metalli critici. Chiunque conquisterà la premiership nel post-voto si troverà dunque a governare un sistema complesso, dominato dalla relazione con l’ingombrante vicino meridionale del Canada ma non esauribile al rapporto conflittuale con l’attuale amministrazione. Dopo il voto bisognerà amministrare e risolvere problemi interni strutturali per il Canada, presidente di turno del G7 del 2025: dal 29 aprile, giorno dopo le elezioni, parlare di Trump non basterà. Servirà, piuttosto, amministrare. E questo varrà soprattutto se a essere confermato sarà quel Partito Liberale che da dieci anni regge le sorti del Paese nordamericano.

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