I due Papi

Le immagini sono rimaste negli occhi di tutti. L’annuncio dato in latino, che esplode senza preavviso durante il Concistoro per la canonizzazione dei Martiri d’Otranto davanti ai Cardinali attoniti; la partenza dalla Santa Sede, a bordo di un elicottero che sorvola Roma, rappresentazione plastica del suo allontanamento; l’abbraccio, soprattutto l’abbraccio, tra due uomini vestiti di bianco, così distanti eppure così vicini, due Pontefici per una sola Chiesa. Non accadeva da quasi 600 anni. 598, per l’esattezza. Quando Benedetto XVI annuncia le sue dimissioni, l’11 febbraio 2013, la Chiesa cattolica torna indietro di secoli alla ricerca di riti, norme e consuetudini; ma nulla può regolare l’inimmaginabile, la sovrapposizione di due Pontefici nell’epoca dei social network, della presenza costante, della piazza globale. A maggior ragione se quella coesistenza è imposta da un passo indietro motivato dall’età, dalla salute e dall’insonnia, come raccontato dallo stesso Joseph Ratzinger, ma all’interno di una cornice di tensioni e alleanze all’ombra del Cupolone. Eppure, loro ci riescono. Con cautela e cura, Benedetto e Francesco traghettano la Santa Sede attraverso una strana coesistenza fatta di luoghi fisici diversi ma vicini – il Monastero Mater Ecclesiae l’uno, la residenza Santa Marta l’altro – e rispetto reciproco – costanti le visite e la stima, “era un grande, non attaccato al potere, gli portavo doni dai viaggi e la sua rinuncia è stato un segno di onestà” raccontava Bergoglio; costante il silenzio per non imporre un’insostenibile diarchia – “anche quando non era d’accordo con le mie decisioni le ha sempre rispettate con il suo silenzio”; nonostante voci, ricostruzioni, tifoserie che mettono a dura prova l’unità della Chiesa tanto da far dire a Bergoglio “mi ha addolorato vedere come la sua figura sia stata strumentalizzata con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli che ha pensato al proprio tornaconto sottovalutando la drammatica possibilità di una frattura dentro la Chiesa”. Il riferimento era, diretto ed evidente, al segretario di Benedetto XVI Padre Georg Gaenswein e al suo volume pubblicato poi il giorno del funerale di Ratzinger, un gesto vissuto – raccontava Bergoglio – “come una mancanza di nobilità e umanità”; come anche agli scontri con parte della Curia che cercava nel Papa Emerito una Corte d’Appello alle posizioni di Papa Francesco – “ma lui mi ha sempre difeso”. Due Pontificati e due Pontefici molto diversi per stile, contenuti, risultati e periodo storico; ma con due visioni della Chiesa forse non così distanti: più piccola, forse, ma con una chiara missione evangelizzatrice; “una Chiesa più spirituale e più povera, che rimetterà la fede al centro dell’esperienza” – così la immaginava Ratzinger nel 1969, e così la immaginava, e forgiava, Bergoglio nel 2024.

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