Usa-Iran, la trattativa sul nucleare accelera

Il negoziato tra Iran e Stati Uniti mediato dall’Oman sul nucleare accelera, e dopo la tappa romana di sabato tornerà nel Paese della Penisola Arabica per confronti di natura più prettamente tecnica. Mercoledì e sabato due nuovi incontri a Mascate, capitale dell’Oman, si concentreranno sulle soglie di arricchimento che saranno concesse alla Repubblica Islamica per mantenere un programma nucleare civile e sull’allentamento delle sanzioni a Teheran. La sensazione è che l’amministrazione Usa di Donald Trump e il governo iraniano di Masoud Pezeshkian siano riusciti a superare i primi scogli politici e possano permettersi ora di passare a negoziare nel concreto come si immaginano un accordo che dovrebbe prevenire il ritorno del braccio di ferro tra l’Occidente e Teheran qualora il Joint Comprehensive Plan of Action giungesse a scadenza a fine anno senza esser rinnovato o sostituito. Tra incertezze e diversi dubbi circa l’esito del negoziato, Washington e Teheran si avvicinano alla parte cruciale della trattativa. L’obiettivo-chiave ora sarà superare la tutt’altro che latente sfiducia reciproca che continua a dividere Usa e Iran. Iran-Usa, trattativa a oltranza Da un lato, Trump coniuga spinte al negoziato e pressioni militari, come dimostrato dallo schieramento di un'ampia flotta di bombardieri sull'isola di Diego Garcia, nell'Oceano Indiano, e dal varo dei raid contro gli Houthi alleati dell'Iran in Yemen. Dall'altro, a Teheran la cerchia della guida suprema Ali Khamenei, che a febbraio aveva definito "illogico, non saggio e disonorevole" un negoziato con gli Usa, ha aperto alla trattativa ma guardandosi bene dal dare credito a Washington. “Alcuni funzionari, tra cui il primo consigliere dell’Ayatollah, Ali Larijani, hanno addirittura affermato che l'Iran potrebbe essere "costretto" ad acquisire un'arma nucleare se attaccato”, nota la Bbc. La scelta dei colloqui indiretti, con il confronto tra il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e l'inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff mediato dal ministro degli Esteri dell'Oman Badr Albusaidi, ha proprio l’obiettivo di risolvere questa sfiducia e avvicinare le parti gradualmente dopo che i rapporti sono rimasti gelidi da quando Trump, ritirando gli Usa dal Jcpoa nel 2018, ha ristabilito la strategia della “massima pressione” contro Teheran. Le parti si sono mandate messaggi chiari, spesso in maniera indiretta. Witkoff a Fox News nei giorni scorsi ha aperto di fatto all’uso civile del nucleare da parte dell’Iran, dichiarando che “l’attenzione degli Stati Uniti è sul livello di arricchimento e non sull’obiettivo di una completa denuclearizzazione”. Araghchi, a Roma, ha mandato nel dialogo con l’Oman un messaggio chiaro circa i timori iraniani che Israele e Benjamin Netanyahu possano lavorare per sabotare i negoziati, facendo riferimento al rapporto diretto che c’è tra Tel Aviv e Washington. La posta in gioco I contatti tra Witkoff e Araghchi sono stati rapidi, con scambi di visioni ai termini dei negoziati sia a Mascate che a Roma. Adesso, però, la trattativa si sposterà su un piano molto concreto. Come nota Al Jazeera, il negoziato dovrà portare a discutere del funzionamento interno dell'allentamento delle sanzioni e del suo rapporto con il programma nucleare iraniano, dato che “i regimi sanzionatori imposti all'Iran sono complessi e stratificati, e la rimozione di ogni livello deve essere collegato a un'azione o garanzia specifica che l'Iran è tenuto a intraprendere in relazione al suo programma nucleare”. Questa complessità imporrà un rafforzamento del confronto diretto tra i team negoziali di Usa e Iran e un approfondimento del dialogo su cui sarà messa alla prova la capacità di Washington e Teheran di capirsi. La posta in gioco, del resto, è alta. L’amministrazione Trump ha l’obiettivo chiaro di prevenire l’accesso all’atomica della Repubblica Islamica. Teheran, invece, vuole mettersi al sicuro dalle sanzioni sospese nel 2015 e che potrebbero tornare in auge a fine anno allo scadere del Jcpoa. Il loro ritorno, nota l’Ispi, “infliggerebbe un colpo mortale alla già barcollante economia iraniana mentre tra aumento dei prezzi dei generi alimentari, continuo indebolimento del rial, la valuta iraniana, e costanti interruzioni di corrente elettrica, il governo riformista di Massoud Pezeshkian fatica a gestire il malcontento popolare”. I negoziati accelerano I dettagli dovranno concentrarsi sulla soglia di arricchimento massima concessa all’Iran, che si prevede possa essere simile al 3,67% del patto del 2015, e sull’articolazione di un chiaro meccanismo di supervisione e controllo sull’applicazione dell’accordo. Quest’ultimo fronte è il più critico, dato che non è ancora chiaro se l’obiettivo degli Usa sia quello di aggiornare e rinnovare il Jcpoa dell’era di Barack Obama, che richiamava direttamente al ruolo delle Nazioni Unite e dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, o di cercare un accordo bilaterale con Teheran con un limitato numero di garanti tra cui il Guardian suggeriva potesse emergere la Russia. Nel contesto di negoziati che accelerano e stanno prendendo un passo deciso, risolvere questi problemi sarà un dettaglio non di poco conto. L’obiettivo dell’Iran è portare all’incasso un accordo che dia respiro al Paese mediorientale, quello degli Usa e di Trump concludere la prima negoziazione di peso dopo l’insediamento della nuova amministrazione in un contesto che vede la Casa Bianca attiva su molti fronti ma ancora incapace di chiuderne uno dal ritorno al potere del tycoon a oggi. L’Iran è forse l’interlocutore che più ha disponibilità e apertura a mediare. E anche per questo Trump e Witkoff spingono sull’acceleratore. Ma sette anni di sfiducia non si cancellano in poche settimane: la prova del nove per la capacità di Usa e Iran di parlarsi saranno i complessi colloqui tecnici che dovranno definire se e come la distensione bilaterale avrà luogo.

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