In Uk donne si nasce. E ora?

La sentenza della Corte suprema britannica del 16 aprile, secondo la quale è donna solo chi è nata tale, è stata accolta anche dal governo con favore, poiché, ha spiegato un portavoce, “porta chiarezza e sicurezza per le donne e per servizi come quelli offerti da ospedali, centri per rifugiati e sportivi”. Col passare del tempo, però, si riflette sul fatto che più di un quesito resta aperto. Un esempio? Tra le prime persone a fornirlo, c’è il viceministro alla salute Karin Smyth. “Se una donna trans usava uno spogliatoio femminile fino a ieri, quale dovrebbe usare oggi?”, le ha chiesto un giornalista di Times Radio. “Gli spogliatoi femminili devono essere usati dalle donne”, la risposta. Quindi? La ministra non ha esplicitamente detto che le donne trans, da questo momento in avanti, dovranno spogliarsi davanti a uomini. L’interpretazione fatta dell’Equality Act implica che le donne transgender non possono più essere considerate legalmente “donne” in contesti protetti dove la distinzione di sesso ha rilevanza, come le quote nei board pubblici, l’accesso a spazi mono-sesso e la partecipazione a competizioni sportive femminili. Dopo il pronunciamento dell’alta corte, le femministe - etero e lesbiche - “gender critical” hanno festeggiato. Gruppi come For Women Scotland, Sex Matters e Woman’s Place UK hanno lodato la decisione come un riconoscimento necessario della realtà biologica, mossi dalla preoccupazione che l’autodeterminazione di genere possa erodere le conquiste ottenute dalle donne sul piano legale e culturale. La famosissima scrittrice J.K Rowling, madre letteraria di Harry Potter, ha postato suoi social network una foto di lei con il calice alzato. Per le sue posizioni a difesa della donna era stata accusata di transfobia e per questo pesantemente minacciata e criticata. Ci sono state però anche numerose organizzazioni LGBTQ+ – tra cui Stonewall, Mermaids e TransActual UK – che hanno bollato la sentenza come un pericoloso passo indietro che legittima l’esclusione e la marginalizzazione delle persone transgender. Per questi gruppi, l’imposizione di un limite legale alla definizione di “donna” rappresenta una negazione dell’identità di migliaia di individui, con ricadute psicologiche, economiche e sociali significative. Cosa dicono i dati Stando ai dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica britannico aggiornati al 2021, circa 262.000 persone nel Regno Unito si identificassero come transgender, pari allo 0,5% della popolazione adulta. Di queste, una parte molto più ristretta ha ottenuto un Gender Recognition Certificate: si tratta di un certificato legale che consente a una persona transgender di essere riconosciuta legalmente con il proprio genere acquisito. Secondo il Gender Recognition Panel, i GRC rilasciati fino al 2024 sono stati poco più di 8.000 dal 2005 ad oggi. Nonostante i numeri contenuti, la questione ha assunto un’enorme rilevanza pubblica, simbolica e giuridica. In un rapporto della LGBT Foundation del 2023, il 62% delle persone transgender ha dichiarato di aver subito almeno un episodio di discriminazione nell’accesso a servizi sanitari o pubblici. Trovare un equilibrio tra protezione degli spazi femminili e inclusione delle persone transgender resta una delle sfide più complesse per qualsiasi democrazia liberale. Le scelte che verranno prese nei prossimi mesi – da Westminster, dal parlamento scozzese di Holyrood e dalle altre autorità locali – saranno determinanti per capire se sarà possibile costruire un sistema legale che tuteli senza escludere. Kishwer Falkner, presidente della Commissione per l'uguaglianza e i diritti umani , ha descritto la situazione attuale come “una vittoria del buon senso, ma solo se si riconosce che le persone trans esistono. Hanno dei diritti e i loro diritti devono essere rispettati”. Altrimenti, se ci saranno “azioni spiacevoli” nei confronti delle persone trans, quanto stabilito dai giudici “non rappresenterà una vittoria” e tali azioni, ha avvertito Falkner, non verranno tollerate. Il Times ha rivelato che l’authority è stata “inondata” di telefonate da parte di organizzazioni che chiedevano chiarezza su come applicare la sentenza. La prima risposta di Falkner è quindi stata che le aziende e gli enti pubblici potrebbero dover fornire “spazi terzi” neutrali per accogliere le persone trans. Nel leggere il dispositivo, Lord Hodge, vicepresidente della Corte suprema, ha prima di tutto reso noto che il collegio ha ritenuto all’unanimità che “i termini donna e sesso nell'Equality Act 2010 si riferiscono a una donna biologica e a un sesso biologico” ma ha al tempo stesso sconsigliato di “leggere questa sentenza come un trionfo di uno o più gruppi nella nostra società a spese di un altro. Non è così”. Vittoria di una parte su un'altra no, bisognerà però tenere presenti quelle che sono le implicazioni legali legate al pronunciamento. In primo luogo, tutte le autorità pubbliche del Regno Unito dovranno rivedere le proprie politiche sull’inclusione di persone transgender in programmi o iniziative basate sul sesso, in settori come quello sanitario, dell’istruzione, e nell’ambito delle pari opportunità sul lavoro. La sentenza apre la strada a una revisione delle politiche antidiscriminatorie delle aziende e degli enti pubblici, poiché le attuali direttive basate sul principio dell’autodeterminazione del genere potrebbero ora trovarsi in conflitto con la nuova interpretazione giurisprudenziale. Inoltre, può incidere in maniera significativa sulle cause legali relative alla discriminazione di genere. Una persona transgender che si identifica legalmente come donna potrebbe non essere più tutelata dalle norme riservate alle “donne”, ma solo da quelle relative all'identità di genere, che offrono una protezione più limitata in molti contesti. Il rischio concreto è che, nel tentativo di proteggere uno spazio, se ne escludano altri: che la sicurezza delle donne venga usata come pretesto per negare la dignità e i diritti di chi si trova in una posizione già vulnerabile. Le decisioni future – sia giuridiche sia politiche – dovranno tenere conto delle molteplici identità che compongono la società contemporanea, evitando semplificazioni e polarizzazioni. I laburisti al governo si trovano in una posizione delicata. Da un lato, parte della base elettorale chiede maggiore inclusività per le persone transgender; dall’altro, diverse parlamentari hanno espresso preoccupazione per la salvaguardia di spazi e diritti femminili. Il leader Keir Starmer ha promesso un “dialogo inclusivo” ma non ha preso una posizione netta. La leader dell’opposizione conservatrice, Kemi Badenoch, già ministro delle Pari opportunità ha dichiarato che “questa sentenza rafforza la necessità di proteggere le donne sulla base del sesso, non dell’identità”. Nel frattempo, in Scozia, la sentenza ha alimentato tensioni tra Westminster e il governo locale, che negli anni recenti aveva sostenuto una visione più aperta sull’identità di genere. La decisione della Corte è vista da Edimburgo come un’ulteriore ingerenza nei poteri devoluti, e potrebbe rafforzare le spinte indipendentiste.

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